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Neymar

Ieri sera avevo esagerato con Jenna, non avrei dovuto trattarla in quel modo, non se lo meritava nemmeno. Aveva rispettato i miei silenzi, aspettando che mi facessi avanti per spiegarle cosa mi prendeva, ma quando l'avevo fatto mi erano uscite solo parole poco gradevoli dalla bocca.

Si era addormentata sul divano, ma io ovviamente l'avevo portata a letto stando attento a non svegliarla.

Ero sdraiato su un fianco, il mio viso vicino al suo, desideravo baciarla, ma se lo avessi fatto si sarebbe svegliata e non l'avrebbe presa affatto bene, sapevo fosse ancora arrabbiata con me.

Le sistemai i capelli che le ricadevano sul viso dietro l'orecchio e poi rimasi ancora per un po' a guardarla. La luce che spuntava dal piccolo spiraglio arrivava dritto sulla sua faccia, evidenziando ogni suo piccolo particolare.

Potevo vedere il neo tra le labbra e il naso, quel neo ruba baci che ogni volta mi faceva impazzire. Le labbra leggermente screpolate non fecero che aumentare la voglia di assaporarle e ammorbidirle con la mia stessa saliva. Mi avvicinai ancora un po' a lei, inspirai il suo profumo che mi mandò in estasi.

Quando la sveglia suonò per l'ennesima volta fui costretto ad alzarmi. Indossavo solo il boxer che a stento riusciva a contenere la mia erezione mattutina alimentata dalla voglia di lei, di Jenna. Quella voglia inconfondibile di averla mia, farle urlare il mio nome e ammirarla sudata sotto di me, sensibile al mio tocco.

Mi diressi verso il bagno per sistemarmi. Quando mi osservai allo specchio notai che avevo un po' di barba di troppo rispetto al solito, quindi non attesi a tagliarla. Recuperai la schiuma da barba e procedetti.

Una volta finito osservai il mio riflesso soddisfatto, di solito a queste cose ci pensava il mio barbiere ma ogni tanto potevo anche cavarmela da solo. Per verificare di aver fatto tutto correttamente passai una mano sulla mia mascella adesso leggermente ruvida del lieve strato di barba corta.

Me ne approfittai per farmi una doccia, nonostante avessi fatto suonare la sveglia molte volte era ancora presto, mancava ancora un'ora alle 8:30.

Terminata la doccia presi un asciugamano che avvolsi in vita ed uscii dal bagno della camera, ma non ci trovai più Jenna sul letto, era già sparita?

La cercai per casa, in salotto, in cucina, ovunque... ma di lei non c'era traccia.

Jenna

Non volevo incrociarlo il suo sguardo oggi, se avesse voluto rivedermi sarebbe dovuto venire a chiedermi scusa in faccia, non potevo andare avanti come se non fosse successo nulla.

Quelle sue parole erano state come una lametta che aveva aperto qualche ferita sul mio cuore. Non potevo credere le pensasse veramente, mi aveva davvero ferita.

Magicamente stamattina mi ero ritrovata nel letto, sicuramente opera di Neymar. Appena avevo aperto occhio avevo sfruttato la sua assenza per vestirmi velocemente, lavarmi nel secondo bagno e sgattaiolare via.

Mancava poco e sarei arrivata a lavoro. Ora mi chiedevo solo una cosa. Cosa aveva di tanto importante da dirmi il capo?

Forse mi avrebbe licenziata all'istante, dato che ieri gli avevo dato la mia parola che mi sarei presentata, anche se poi non è stato così. Ma dopotutto era domenica, giornata festiva, quindi non avrebbe motivazioni legali per licenziarmi.

Mi passarono per la testa mille pensieri ma quando dovetti parcheggiare tutto sparì come una nuvoletta nel cielo. Uscii dalla macchina e raggiunsi a passi svelti l'entrata della struttura.

Quello che vidi mi lasciò perplessa, la porta di vetro era spaccata, frantumata in mille pezzi. Quando mi feci avanti ed entrai trovai Margaret diversa. Il solito sorriso che portava sul volto ora era scomparso, come se si fosse spento da un giorno all'altro.

-Buongiorno Margaret- la salutai sorridendo, ma lei si limitò a fare un lieve cenno con il capo. Non mi sembrava opportuno chiedere a lei cosa fosse successo alla porta, quindi non lo feci.

Percorsi il corridoio degli uffici con abbastanza fretta, dovevo vedere Carl per farmi raccontare ciò che era successo, il motivo per il quale la vetrata era rotta in quel modo.

Tutti quelli che solitamente vedevo alla mattina erano allegri e spensierati, ma oggi sembrava di vivere un incubo. Nessuno osava spicciare parola, nessuno riusciva a tirare su gli angoli della bocca per mostrare un sorriso, sembravo l'unica a non sapere cosa fosse successo.

Andai alla macchinetta per prendere un caffè, ma proprio lì, vidi Albert parlare con qualche tecnico, segno che la macchinetta fosse rotta. Il suo viso era cupo come quello degli altri, rivedere la sua figura mi fece esitare un momento, ripensando a ciò che avevo passato, ma una volta per tutta dovetti chiedere spiegazioni.

Appena mi avvicinai a lui sentii il solito odore di tabacco. Stavolta però era molto più forte, mi dava la nausea e sembrava entrarmi nelle narici sempre più velocemente. Cercai di trattenere il respiro per terminare quella tortura, ma d'improvviso mi girai in una sola direzione: il bagno.

Corsi spedita verso di esso ed entrai immediatamente nel bagno delle donne. Appena varcai la porta mi buttai sul wc per rimettere. Sentii tutto l'acido risalirmi per l'esofago. Non avevo messo nulla nello stomaco, quindi vomitai solamente i succhi gastrici che sembrarono bruciarmi ogni centimetro dell'esofago.

Ero accasciata a fianco al water, con i capelli fortunatamente legati, senza riuscire a compiere nessun movimento. Mi sentii debole tutto d'un tratto, poi quei crampi ritornarono, stavolta ancora più forti di quelli che avevo avuto ieri sera.

Strinsi l'addome con il braccio e mi rannicchiai nell'angoletto, sembravo una povera ragazzina indifesa. Mi alzai, sempre mantenendo il braccio stretto attorno l'addome. Quando raggiunsi il
lavandino aprii il rubinetto facendo scorrere acqua fresca.

Mi bagnai i polsi e poi mi sciacquai la faccia e la bocca, ancora sporca di residui acidi. Cercai nella borsa qualche antidolorifico che avrebbe potuto alleviare tutti i dolori, e quando lo trovai non aspettai un secondo di più per inghiottirlo. Bevvi un po' di acqua dalla mia bottiglietta e aspettai che il medicinale facesse effetto.

Me ne stavo appoggiata al lavandino con la testa che girava e ancora un pesante senso di vomito, cosa poteva aver causato tutto questo?

Quando ripresi un po' più di lucidità riuscii finalmente a tornare fuori, ma davanti alla macchinetta del caffè non c'era più Albert. Sbuffai, l'unico che in questo momento poteva darmi una spiegazione concreta era sparito.

Mancava solo da cercare Carl, lui si che avrebbe potuto dirmi tutto, se solo non fosse stato che l'ufficio del capo è a giusto due passi dal suo, e che quindi mi avrebbe visto quasi sicuramente.

Però meritavo di saperlo anche io, dovevo saperlo, per lavorare qui dovevo garantirmi di sentirmi a mio agio e dovevo avere in coscienza tutto ciò che accadeva.

Con passi decisi raggiunsi il mio ufficio per posare le cose, poi con incertezza cercai di sgattaiolare nell'ufficio di Carl.

Stavo per riuscire nella mia impresa quando una voce autoritaria rimbombò nelle mie orecchie facendomi pietrificare.

-Jenna, nel mio ufficio-

Sei tutto ciò che voglio. || Neymar jrDove le storie prendono vita. Scoprilo ora