CAPITOLO DECIMO - parte 1

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Jeff balzò dietro ad una roccia e si accucciò a terra, lasciando fuori la testa quanto bastava a guardare in direzione del rumore che credeva di aver appena udito. Tuttavia, nonostante la sua ottima vista, non riuscì a scorgere nessun movimento tra le fronde degli alberi. Forse si era sbagliato. Forse quel rumore l'aveva immaginato, o forse si trattava di qualche piccolo animale selvatico.
Trattenne il respiro e continuò a scrutare l'ambiente circostante con la massima attenzione; non poteva rischiare di sottovalutare la situazione. Ispezionò con cura ogni spazio che intervallava un tronco dall'altro, ogni centimetro di quel paesaggio inghiottito dall'oscurità della notte; ed ecco che finalmente intravide un movimento.
Una sagoma scura si mosse velocemente, tornando a sparire subito dopo dietro ad un folto cespuglio. Il killer aguzzò lo sguardo, e finalmente riuscì a vedere la forma dell'essere che tornò nel suo campo visivo.
Aveva una forma umanoide, ma umano non lo era per niente. Camminava facendo uso dei quattro arti, e creava un rumore singolare, al suo passaggio. Jeff lasciò cadere la mandibola inferiore, colto dallo stupore: le mani di quell'essere erano dotare di cinque lunghi artigli, uno per ogni dito. Era privo di capelli o peli, e mentre avanzava conficcava i suoi raccapriccianti artigli nella terra umida, creando dei profondi solchi e trascinando via anche le foglie secche. L'essere emetteva dei lievi suoni rochi, simili a quelli di un cane sofferente, e sembrava tenere la testa bassa.
D'un tratto, come fosse stato attirato da qualcosa, l'essere alzò lo sguardo in direzione di Jeff; i suoi occhi brillarono di una luce giallastra, dalla tonalità incredibilmente accesa.
Il killer si irrigidì, pronto a scappare; e l'essere, subito dopo, si lanciò in una corsa scoordinata verso di lui. Era molto più veloce del previsto, tanto che con poche falcate aveva già dimezzato la loro distanza.
Il ragazzo non si fermò a pensare, ma fuggì subito dalla parte opposta correndo più velocemente che poteva. Distingueva lo scalpitio confuso e quasi zoppicante di quell'orrendo mostro dietro di sé, ed il cuore nel suo petto batteva forte; non doveva lasciarlo avvicinare, doveva essere assolutamente più veloce.
Dopo i primi venti metri, decise di girare a sinistra e proseguire la corsa lungo la morbida discesa che percorreva il crinale del monte; correre in discesa sarebbe stato molto meno faticoso, se avesse avuto equilibrio sufficiente a non inciampare.
Senza fermarsi si voltò e guardò dietro di sé; non c'era nulla. Il mostro sembrava essere sparito.
Ancor prima che potesse riuscire a voltarsi ancora avanti, il piede destro del killer si impigliò in una radice sporgente; cercò di recuperare l'equilibrio ma fu inutile. Cadde rovinosamente a terra, parandosi la testa con le mani, e rotolando poi per qualche metro lungo il pendio umido e scivoloso. Non appena riuscì ad arrestare la sua caduta, tornò ad alzarsi scuotendo il capo, e con aria nervosa si guardò intorno; il bosco era tornato pacifico e silenzioso proprio come prima.
Restò fermo a guardarsi intorno per diverse manciate di secondi, finché non fu del tutto sicuro di essere solo. Qualunque cosa fosse quell'essere, aveva smesso di seguirlo. Forse non aveva il fisico adatto per correre a lungo, forse non era realmente interessato ad attaccare o forse semplicemente aveva perso le sue tracce; in ogni caso, lui non c'era più.
Il ragazzo tirò un profondo e lungo sospiro di sollievo, e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Le maniche ed i gomiti della felpa erano pieni di scure macchie di terra e fanghiglia, di cui si era intrisa durante la rotolata.
Compì un giro su sé stesso, ed alzò lo sguardo: non molto lontano, tra i tronchi possenti e fibrosi degli aceri, vi era una piccola casa di legno dall'aria abbandonata. Il tetto spiovente sembrava piuttosto malandato, e le pareti lievemente storte.
Il killer aggrottò la fronte ed aguzzò la vista, incredulo. Si chiedeva che cosa ci facesse una casa in quel posto, nel nel mezzo del nulla, in un luogo abitato da una sottospecie di mostro umanoide. Era di certo abbandonata.
Si diede un'ultima occhiata intorno, prima di riprendere a camminare per avvicinarsi all'edificio. Nascondersi lì dentro ed aspettare era sicuramente la scelta migliore, considerata la situazione.

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