CAPITOLO VENTISEIESIMO - parte 1

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Jeff si sistemò a terra, comodamente poggiato contro la parete, con lo sguardo perso nel vuoto. Accanto a lui, con la stessa espressione di chi vaga con la mente in ogni preoccupazione, c'era Pupp.
Dovevano stare vicini; da un momento all'altro l'operatore avrebbe permesso loro, per l'ultima volta, di essere teletrasportati via; e questa volta la meta sarebbe stata il punto di partenza, il luogo dove tutto era iniziato.
La casa di Slenderman.
Jeff si sentiva nervoso; non sapeva con esattezza che cosa avrebbe dovuto aspettarsi, ma il solo pensiero di trovarsi ancora una volta al cospetto di quell'essere immondo lo faceva tremare come una foglia.
-Abbi coraggio, io sarò lì...- farfugliò il burattinaio, afferrando in modo improvviso la sua mano.
Dapprima il killer non capì, ma pochi secondi dopo si rese conto che il momento era arrivato. Il fastidioso rumore stonato che il potere dell'operatore generava fu da subito udibile alle sue orecchie, e pochi istanti dopo la sua intensità era già aumentata in modo esponenziale. Pupp emise un lamento e si voltò verso il compagno, senza mai mollare la presa sulla sua mano; se lo avesse fatto, sarebbe rimasto in quel luogo per sempre.
Il killer ricambiò lo sguardo, nel momento in cui ogni cosa attorno a loro iniziò a smaterializzarsi; le immagini si distorsero come riflessi sullo specchio di uno stagno quando si getta una pietra sulla superficie, ed il pavimento sotto ai loro piedi sparì improvvisamente.
Tutto si fece nero, ancora una volta; per l'ultima volta.
Jeff si lasciò volteggiare in quello spazio vuoto, impassibile; quasi come se davvero si fosse abituato a tutta quella follia. Attese quella manciata di secondi che fu come sempre necessaria a catapultare i loro corpi nel nuovo spazio, cosciente del fatto che tanto non avrebbe potuto fare nulla più di questo.
Poi, mentre volteggiava ancora stretto nella mano di Pupp, sentì improvvisamente il suo corpo posarsi a terra, nuovamente sottoposto alla forza di gravità.
La luce tornò ad illuminare tutto ciò che adesso aveva attorno a sé; un pavimento logoro, una grande stanza.... La sala principale della casa di Slenderman. Come avrebbe potuto non riconoscerla al primo colpo?
Odiava quella situazione. Odiava trovarsi in quel posto ancora una volta, dover far correre dei rischi ad un amico ancora una volta. Odiava tutto ciò che era quel maledetto gioco.
Si alzò in piedi a fatica, con la vista appannata e la testa che sembrava non voler più smettere di girare; ma notificò la presenza di Puppeteer al suo fianco, e questo per qualche ragione lo fece sentire meglio.
Si passò una mano sulla fronte, poi si strofinò le guance; quando si decise ad alzare ancora lo sguardo, poté finalmente accorgersi che davanti a lui, a diversi metri di distanza, erano presenti una serie di figure.
Infondo alla grande sala, infatti, l'operatore se ne stava in piedi, completamente immobile. Impossibile non notarlo, considerata la sua spropositata altezza; vestiva con il solito smoking nero, e nonostante il suo volto fosse privo di occhi era assolutamente evidente che stesse guardando proprio in sua direzione; questo, non poté che far nascere in Jeff una sensazione di disagio che a malapena riuscì a sopprimere.
Al fianco di Slenderman erano presenti all'appello tutti i suoi proxy, ubbidienti come sudditi che venerano il loro re. A sinistra, la coppia di impostori che avevano incastrato Jeff in tutta quella storia: Masky e Hoodie. Mentre a destra, seduta a terra con aria rilassata, c'era Rouge.
Pochi secondi di silenzio, poi la disturbante voce di Slenderman penetrò violentemente nella mente del killer.
-Mi entusiasma davvero poter notare che sei riuscito ad arrivare fin quì, Jeff-.
Il ragazzo deglutì e restò immobile, con i piedi piantati a terra. Lanciò uno sguardo a Pupp, e poté dedurre dalla sua espressione interrogativa che non aveva potuto sentire quella voce; l'operatore aveva deciso di parlare soltanto con lui.
Dopo una breve pausa, quella voce agghiacciante riprese a rimbombare nella sua testa, con la forza di un martello pneumatico; il killer alzò le braccia e premette i palmi contro alle sue orecchie, seppur sapesse bene che in quel modo non avrebbe certo impedito al suono di entrare.
-Perché non hai rispettato le regole, Jeff? Ancora una volta hai cercato di prenderti gioco di me...-. Le pareti della casa iniziarono improvvisamente a vibrare, prima lentamente poi sempre più forte.
-È un vero peccato che tu non possa essere ritenuto vincitore, dopo tutti gli sforzi che hai fatto, non credi!?-.
Jeff emise un lamento soffocato, e senza mai staccare le mani dalle proprie orecchie alzò ancora lo sguardo; i proxy erano tutti immobili, adesso rivolti verso di lui.
Nella parete alla sua sinistra si allungò all'improvviso una grossa crepa, accompagnata dal rumore generato dalle fibre del legno che si strappavano in modo assolutamente innaturale. Altri suoni acuti che Jeff non riuscì ad identificare si propagarono nell'aria, rendendo tutto molto più confuso.
-Mi spiace, ma questa volta dovrai morire-.

Che guerra sia 2 Where stories live. Discover now