CAPITOLO SEDICESIMO - parte 2

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Jeff e Dina iniziarono a girare nervosamente su sé stessi, cercando di capire da dove fosse arrivata la voce che avevano appena udito. Sembrava che il suono fosse rimbalzato su tutti i muri, abilmente maneggiato in modo tale che fosse impossibile comprenderne la provenienza.
E mentre Jeff non smetteva di scrutare l'ambiente con il manico del coltello stretto nella mano destra, il canto riprese.

-Mi chiamano il Burattinaio,
non ho amici, come te.
Quelli che della mia amicizia
il valore non sanno riconoscere
Alla fine, anche loro miei amici
chiederanno di diventare
Con le mie corde e i sogni-.

Accadde in un attimo; una delle marionette di legno, come fosse legata da una corda invisibile, balzò via di lato andando a sbattere violentemente contro al muro, per poi accasciarsi a terra. Subito dopo, il killer tornò a concentrarsi sul resto, e lo vide.
In piedi, infondo alla stanza, proprio nel mezzo di un paio di altri burattini.
C'era il burattinaio.

-Mi chiamano il Burattinaio,
il mio corpo è scuro e miei occhi bramosi d'oro-.

Era un uomo, in cui corpo alto e snello si celava sotto ad un giaccone di pelle nera. Portava dei lunghi capelli scuri che cadevano sulle sue spalle, ed un cappellino di lana sulla testa; un paio di scarponi neri ai piedi, e dei guanti fini a coprire le sue mani.
Ma ciò che fece sussultare Jeff, fu il suo volto: aveva la pelle grigiastra, simile a quella del defunto Eyeless Jack; ed i suoi occhi, privi di iride, emanavano una forte luce dorata. Quella stessa luce, inoltre, usciva anche dalla sua bocca ogni volta che l'apriva per dar voce al suo canto.

-Ai miei occhi nessuno è solo.
E alla fine anche tu, sarai mio amico-.

Il burattinaio allargò un ampio e sadico sorriso, piegando leggermente la testa di lato. Poi tacque.
Jeff avanzò di un passo ed afferrò Dina, per assicurarsi che restasse al sicuro dietro alla sua schiena. Forse sarà stata la pressione psicologica generata da quella strana situazione, ma aveva l'impressione di percepire sulla sua pelle la forza che quell'individuo sembrava emanare.
Era completamente su un altro livello. Nulla a che vedere con gli incontri fatti sino ad allora.
Il burattinaio smise di sorridere, e puntò il suo strano sguardo proprio sul killer. -È un piacere fare la tua conoscenza- disse.
Dina afferrò un lembo della felpa di Jeff e lo tirò a sé. -Dobbiamo andare via da quì. Questo è uno dei creepypasta più pericolosi che Slenderman abbia mai..-.
-Judge Angel- la interruppe il burattinaio -Tu che ci fai qui? Attendevo solo l'arrivo di bocca larga-.
Il killer strinse i pugni, innervosito dal modo in cui era stato appena chiamato; ma non era così stupido da non capire che, se avesse reagito in qualche modo, le cose si sarebbero messe parecchio male.
-Lei viene con me- disse soltanto, con un tono di voce piuttosto freddo.
-Ah ah ah. Tsk- fece l'altro, agitando l'indice della mano sinistra in segno di disapprovazione -State infrangendo le regole del gioco-.
Tornò a sorridere malignamente, ed iniziò ad avanzare in modo minaccioso verso di loro. -Siete stati incuranti delle imposizioni date dall'operatore-. Jeff avvolse con cura le dita sul manico della sua arma; il sudore le faceva scivolare, e tutto il braccio non la smetteva più di tremare a causa dell'agitazione. Quell'individuo avrebbe attaccato a momenti; in che modo avrebbe potuto difendersi?
Il burattinaio continuò ad avanzare ancora di qualche passo; poi si fermò, a soli due metri di distanza da Jeff e Dina. Alzò molto lentamente le braccia, posizionando le mani in verticale, con le dita allungate.
Poi sorrise.

........

Clap. Clap.
Jeff trattenne il fiato, spaventato e confuso allo stesso tempo.
Il burattinaio, anziché attaccare, aveva appena applaudito sbattendo tra loro i palmi delle mani.
-Sono felice che abbiate scelto di incasinare il gioco. E sarei disposto a collaborare con voi, se vi aggrada-.

Che guerra sia 2 Where stories live. Discover now