CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO - parte 1

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Il risveglio fu per Jeff tanto improvviso quanto orribile. Recuperò coscienza nel giro di un istante, quanto una secchiata di acqua gelida si riversò sulla sua testa inzuppandolo quasi interamente; annaspando, il killer si voltò più volte a destra e sinistra mentre a stento metteva a fuoco l'ambiente attorno a sé.
-..Cosa ...-.
Si trovava seduto a terra, in una stanza relativamente piccola illuminata dalla luce fioca di una vecchia lampada ad olio. Le sue mani erano legate dietro alla schiena, forse da una corda; e le sue gambe, poteva vederlo, erano anch'esse bloccate da un laccio che era stato legato stretto stretto all'altezza delle caviglie. I suoi vestiti erano zuppi, incollati alla pelle, e non ci volle molto prima che il freddo iniziasse a far tremare percettibilmente il suo corpo.
Davanti a lui, una figura umana se ne stava in piedi con la schiena lievemente ricurva ed il secchio vuoto ancora stretto nella mano sinistra. Era un uomo, ed il trucco che portava sul volto non nascondeva il suo aspetto giovanile; aveva dei lunghi capelli rossi, che cadevano mossi sulle spalle coperte da una giacca sgargiante, ed un capello a cilindro sulla testa. Il suo sguardo era profondo, pungente, strano; del trucco nero dalla forma improbabile ne decorava il contorno, andando a contrastare il colore pallido della sua pelle. Aveva una corporatura slanciata, un corpo magro ma compatto celato dietro ad un completo da scena. Il dettaglio che da subito catturò l'attenzione di Jeff, tuttavia, furono le sue braccia: dal gomito in giù, la sua pelle andava scurendosi in modo graduale fino ad arrivare alle sue mani, dalla pelle nera e ruvida, dotate di artigli.
-Se te lo stai chiedendo, sì: io sono Jason- esordì quel curioso individuo, mettendo in mostra un sorriso sgargiante. -Jason The Toy Maker- si corresse poi.
Jeff tentò di alzare le braccia, trovandosi ancora una volta impossibilitato a farlo; si dimenò per qualche secondo, poi cessò improvvisamente di muoversi ed appoggiò la testa contro al muro.
-Perché mi ha legato.. ?- domandò, sospirando.
Jason fece una smorfia. -Per impedirti di scappare, mi pare ovvio-. Chinò poi le ginocchia in modo da posizionare il proprio volto davanti a quello del killer. -Voglio mostrarti la mia.... Personale collezione. Che ne dici?-.
Fu da subito chiaro che quella non era una domanda che necessitava di risposta, siccome l'uomo tornò subito in posizione eretta e si allontanò, voltandosi di schiena. Raggiunse il fondo della stanza, ove vi era un portone di legno chiuso. Premette una mano sulla maniglia e lo spalancò; oltre, vi era una seconda stanza avvolta nell'oscurità.
Un'oscurità che gli occhi di Jeff, tuttavia, poterono da subito penetrare. Ciò che vide fu una specie di bastone appeso in alto, che si allungava in orizzontale lungo tutta la stanza; ed appesi ad esso, vi erano una serie di grandi oggetti che da quella distanza non riuscì ad identificare.
Prego, seguimi- disse Jason, tornando indietro con uno strano sorriso dipinto sulle labbra. Lo raggiunse dopo pochi passi e lo afferrò per i capelli, tirandolo poi a sé con forza. Il ragazzo, inevitabilmente, cadde a terra emettendo un flebile lamento e venne trascinato con violenza sul pavimento, fino a che non varcò la soglia dell'altra stanza. Fu allora che Jason lo lasciò di colpo, e la ciocca di capelli neri che stava tenendo tra le mani si distese a terra, e coprì parte del viso del killer.
-Spero che ti piacerà- affermò ancora Jason, che nel frattempo aveva acceso la luce; sorrise ancora una volta, afferrando le spalle di Jeff in modo da aiutarlo a mettersi seduto. Non appena la visuale del ragazzo tornò libera, sentì il suo cuore mancare un colpo.
Ciò che si trovò davanti, erano una lunga fila di cadaveri appesi a mezz'aria.

Che guerra sia 2 Where stories live. Discover now