2. L'ISTITUTO - Parte 2

195 20 6
                                    

Keira era ansiosa di buttarsi a letto per poter pensare e soffrire in pace.

La tragica perdita dei genitori e l'immediato trasferimento al Sunrise l'avevano terribilmente spossata e le cose erano state fatte talmente in fretta che non aveva nemmeno avuto il tempo di piangere la morte dei suoi come si deve. Il funerale era stato l'unica occasione in cui Keira si era concessa di crollare, ma era stato solo un momento, un solo istante in una lunga serie di eventi caotici.

Josh aveva pianto, aveva sfogato il suo dolore e la sua rabbia, aveva urlato, imprecato, persino rotto una finestra e Keira aveva dovuto cercare di calmarlo e confortarlo.

Il dottore li condusse lungo un corridoio privo di finestre e si bloccò davanti ad una porta. «Questa è la tua stanza Keira», la informò. Dietro una graziosa porta bianca, Keira ebbe una panoramica della sua camera da letto: pareti azzurrine, letti soffici, quadri dai colori tenui e una spaziosa finestra che dava sul giardino.

«Perché ci sono le inferriate?», domandò avvicinandosi alla finestra.

Kettner sembrò a disagio. «Non vogliamo che i nostri pazieni si facciano del male», borbottò.

Keira afferrò con troppa lentezza le implicazioni di quella frase e, resasi conto della gaffe, si ammutolì arrossendo.

«Bene, ora sistemati pure e riposa. Vieni Josh, ti mostro il tuo alloggio», disse infine Kettner, prendendo il ragazzo per una braccio.

Josh strinse la mano alla sorella e le lanciò un'ultima occhiata sporgendo il collo come una giraffa mentre il dottore lo portava via e chiudeva la porta alle proprie spalle.

Keira fu finalmente sola e, per la prima volta da giorni, tirò un sospiro di sollievo.

Si portò distrattamente la mano al polso sinistro, come ormai faceva da un po' di tempo a quella parte e si guardò intorno. Le camere erano doppie e osservò come la sua compagna di stanza, ancora sconosciuta, avesse espresso se stessa attraverso l'arredo della sua metà della stanza. Doveva essere una ragazza disordinata ed estremamente vivace, il suo letto disfatto aveva lenzuola viola e copriletto fucsia e c'erano svariati poster appesi, più o meno dritti, alle pareti e sul comodino e gran parte del comò c'erano ninnoli di ogni tipo. Chissà se ci sarebbe stato spazio per qualcuna delle sue cosa là dentro....

La sua valigia era già stata portata in camera e posizionata ai piedi del letto, Keira la aprì e ne estrasse una leggera coperta arancione che stese sopra il lenzuolo bianco per dare un tocco di colore alla sua parte della stanza. Decise di rilassarsi un poco e lasciar scivolare via la tensione che l'accompagnava da quando si era svegliata quella mattina. Si sdraiò sul letto e affondò la testa nel cuscino e, senza nemmeno rendersene conto, cominciò a singhiozzare, affogando i gemiti contro il morbido cuscino del suo nuovo letto. Non si rese nemmeno conto di quanto tempo fosse passato quando sentì un rumore fuori dalla sua stanza. Si alzò guardinga e restò in silenzio. La porta si aprì e Keira si trovò faccia a faccia con una bella ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi marrone scuro. Era alta almeno quindici centimetri più di lei e aveva un fisico snello e femminile. Un modo elegante per dire che aveva delle grosse tette.

La ragazza si era bloccata sulla porta e fissava Keira in modo truce.

«Chi diavolo sei tu?», sbottò la spilungona avvicinandosi e torreggiando su di lei.

«Sono nuova», si limitò a dire Keira. Per quanto potesse sentirsi a disagio in quel momento, non aveva intenzione di fare la sottomessa, dopotutto aveva gli stessi diritti di quella tizia.

«Ah, così sei il nuovo impiastro!», disse mettendo le mani sui fianchi. «Credevo foste in due.»

«Siamo io e mio fratello, Josh», rispose Keira allontanandosi un po' dalla ragazza.

«Beh... mi dispiace per te ma io non condivido la mia stanza con nessuno, perciò smamma piccoletta!», ordinò rivolgendole un sorriso malevolo.

Keira fu in dubbio: doveva scappare a gambe levate o restare e affrontarla? Certo, scappare era allettante, considerando l'espressione da psicopatica che albergava sul volto della sua compagna di stanza, ma era certa che non sarebbe stato così semplice ottenere un'altra stanza. Inoltre, Keira non aveva nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa. Prese il coraggio a due mani e replicò a tono.

«Penso che dovrai fartene una ragione», disse pacatamente, «mi hanno assegnato questa stanza e, a meno che tu non voglia fare una protesta formale, ti consiglio di abituarti all'idea di avere una compagna». concluse con più fermezza di quanto si ritenesse capace.

La ragazza con i capelli castani incrociò le braccia al petto e la squadrò con gli occhi stretti; il suo sguardo era un misto tra l'infuriato e l'ammirato. Keira decise di approfittare dell'improvviso coraggio che l'animava e di continuare a parlare per mettere subito in chiaro alcune cose, prima che fosse troppo tardi.

«Sono una tipa silenziosa, discreta, non ho tante cose e non mi interessa mettermi nei guai perciò lasciami il mio spazio e andremo d'accordo» concluse sperando di sembrare una che sapeva il fatto suo.

«Ma che bel caratterino nanetta! Vedi di non starmi tra i piedi!», sbuffò la ragazza sedendosi sul suo letto e afferrando un blocchetto per gli appunti. «Allora, com'è che ti chiami?»

«Sono Keira e preferirei che non mi chiamassi nanetta» replicò lei a denti stretti.

La ragazza sorrise compiaciuta, a Keira sembrava tanto che la stesse prendendo in giro.

«Io sono Amy, Amy Foster.» 

NightFall - Il PortaleWhere stories live. Discover now