6. SEGNI - Parte 1

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Lucas aveva osservato Keira per tutto il tempo che erano stati fuori dall'istituto.

Si chiedeva come mai Darren, che non prestava mai attenzione a nessuno, si fosse comportato da principe azzurro, rivolgendole sorrisi melensi e facendo la parte del bravo ragazzo. Lui non era un bravo ragazzo. Il colmo era che fosse stato proprio quello scemo di Josh, che sembrava così protettivo verso la sorella, a farle conoscere un tipo così poco raccomandabile.

«Lucas?», lo chiamò il dottor Velmont, scrutandolo da sopra gli occhiali da vista.

«Sì?» Il ragazzo riemerse dalla nebbia dei suoi pensieri, ricordandosi solo in quel momento di essere ancora nell'ufficio dello psicologo.

«Cosa ti passa per la testa? Sei distratto. Ti ho fatto una domanda», disse il dottore, paziente, accavallando le gambe sotto la scrivania.

«Scusi, non ho sentito. Potrebbe ripetere per favore?»

«Ti ho chiesto se ti è capitato ancora di leggere il pensiero delle persone», ripeté lui con sguardo intenso.

Dove vuole andare a parare? si chiese Lucas, incerto su cosa rispondere allo psicologo.

Di solito era la dottoressa Fitzpatrick a seguirlo, ma, quel pomeriggio, la seduta di Lucas era stata spostata con il dottor Velmont perché lei voleva lavorare con Darren. Sempre lui tra i piedi. Evidentemente la dottoressa riteneva che non avrebbe fatto molta differenza se fosse stato qualcun altro a sentir grugnire Lucas per una volta.

«Non è possibile leggere il pensiero delle persone», replicò Lucas con tono piatto.

Velmont lo fissò con l'espressione di uno che sa perfettamente che lo si sta prendendo in giro.

«Questo è ciò che tu pensi io voglia sentire. Qual è la verità, invece?», domandò, attendendo la risposta del ragazzo.

Lucas si spazientì. «Cosa vuole che le dica? Vuole forse farmi mettere in isolamento di nuovo?», replicò sulla difensiva.

Velmont lo studiò, penetrandolo con lo sguardo tipico di chi crede di poter leggere la verità negli occhi della gente. Nessuno, però, poteva veramente farlo, tranne Lucas.

«Assolutamente no. Ritengo sia possibile credere di possedere delle capacità sovrannaturali, magari mal interpretando una certa predisposizione a capire le persone...»

«Crede che io sia semplicemente intuitivo e mi sia autoconvinto di poter leggere la mente per un delirio di onnipotenza?», domandò Lucas con ironia. Gli sarebbe piaciuto che le cose fossero davvero state così semplici. Primo, perché avrebbe volentieri evitato di affondare nella testa altrui a un semplice sguardo; secondo, perché se avesse davvero avuto qualcosa che non andava, avrebbe avuto la speranza di poter guarire e, un giorno, avere una vita fuori dal Sunrise.

«Ammetto che è ciò che ho pensato, sì», confermò Velmont senza scomporsi.

«Non leggo nella mente di nessuno, dottore. Come ho detto più volte al professor Kettner e alla dottoressa Fitzpatrick.»

Velmont prese degli appunti sul suo blocco. «Però tu non sei convinto di quello che stai dicendo», gli fece notare.

Lucas aveva seri problemi a essere credibile quando mentiva.

«Certo che lo sono», disse semplicemente.

Velmont puntò su di lui i suoi occhi grigi e, per un istante, Lucas provò l'impulso di guardare dentro la sua mente per farsi un'idea di ciò che avrebbe dovuto dire per toglierselo di torno, ma si trattenne.

NightFall - Il PortaleWhere stories live. Discover now