✖ CAPITOLO 8: La Botte di Chianti

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-Mmmm...- sento ancora quel grugnito.
È decisamente snervante.
Alzo gli occhi al cielo. L'umidità dei campi sterminati attorno a noi mi sta facendo increspare i miei meravigliosi capelli scuri color caffè colombiano.

"E sono andata pure dall'hair stylist questa mattina, mi sono fatta gli impacchi rafforzanti all'aloe siriana mischiata all'olio di Argan biologico... che brutta fine, la mia!" penso.

Sono con le dita incrociate, il freddo mi ha letteralmente appiccicato pure le budella, mi sento pietrificata come una statua.
Ovviamente, se fossi una scultura sarei la Venere di Milo, non qualche busto malandato che si becca nei cimiteri.
Ma non ho le facoltà mentali adatte a certi tipi di pensieri: siamo in emergenza, vorrei inviare un SOS pure alla stazione spaziale internazionale. Chissà se gli astronauti ci stanno guardando, da lassù: e sì, staranno ridendo di noi, manco fossimo una commedia tragicomica.

"Dio, ti prego... se fai ripartire questo SUV, io mi dedicherò solo a Te: a glorificarti, amarti e rispettarti tutti i giorni della mia vita..." voglio prendere i voti.

-Mmmmm....- di nuovo quel verso fastidioso.
Basta, è odioso.
-Sai dire solo 'mmmmm' o riesci a capire qualcosa, dentro quel cofano?!- sbotto di colpo.

Stefano riappare di scatto.
Ha le mani sporche di olio nero, mi guarda con la tipica espressione di qualcuno al limite della strage di massa. E di Carrara.
-Ehm...- mi faccio piccola piccola.

"Quest'uomo è più minaccioso di una crema antirughe del discount!"

Indietreggio.
Il Principe fa paura, illuminato dalle torce che Cesare Sfregiato e Chicco Bulldozer puntano verso il motore del Q7.
E mi fissa, spazientito.
-Direttrice Martinelli, fammi un favore... stai zitta per un minuto. Solo un minuto. Ce la fai?!- mi fulmina con gli occhioni azzurri.
Non ho il tempo di insultarlo come meriterebbe. Perché vengo presa di mira come un pidocchio.
-Appunto, e piantala di scassare o'cazz!- quella malefica della Cipriani, ubriaca come Paris Hilton ad un party di Los Angeles, gli dà pure ragione.

"È un complotto contro di me!!!"

-Mmmmm...- ora lo faccio io quel sibilo odioso.
Comincio a picchiettare il piede sull'asfalto, provocando ticchettii che risuonano in tutta la stradina deserta.

-Piantala, Martinelli! Mi dai ai nervi! Lascialo lavorare!- ruggisce la Lanzillotta. Sì, sono circondata da esseri che mi detestano.

Eleonora e Rebecca sono al mio fianco, assonnate e distrutte.
Quando ci hanno viste arrivare, in compagnia dei tre bifolchi, si sono nascoste sotto i sedili della macchina.
E come dare loro torto... sarebbe venuto un colpo anche a me, se avessi assistito all'arrivo di energumeni grossi come un catamarano della America's Cup.

-Comunque non posso fare un granché... non ho nemmeno gli utensili adatti. L'unica cosa da fare è portarla in una officina!- sentenzia il Principe di Poraccilandia.

Sento la Raspelli emettere un gemito di dolore, tipo quello che faccio solitamente quando mi depilo con la ceretta alla brasiliana.
D'altronde, è sua l'auto distrutta contro il pilone di cemento.
Probabilmente starà immaginando la faccia di suo padre, il commendatore patron della più importante luxury jewerly d'Italia, dinnanzi alla macchina totalmente da rottamare.

"Bene! Lo sapevo! Questo bifolco è inutile come gli SMS nell'era della messaggistica istantanea!"

-Ah! Tutto qui? È tutto quello che sai fare?! Beh, ti do una notizia, Baroni: fino a questo punto ci arrivavo anch'io! Che grande aiuto... bleah!- non riesco a trattenermi.

"Signor Abdul, Allah ti punirà per non avermi ascoltata!"

Incrocio le braccia, sono sfinita. Acida come il sapone intimo sotto candida.
E mi guardano tutti. Sia le mie amiche, sia i miei nemici.

MA C'ERI E RESTIWhere stories live. Discover now