✖ CAPITOLO 2: "Macerie e Resti"

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Sono senza parole. Ammutolita.
E per zittirmi ce ne vuole.

«Mi scusi...» lo fulmina pure il mio eyeliner. «Le dispiace contenersi nel mio ufficio?!»

Il bifolco si volta. Sta masticando le chips a bocca aperta. «Ah, ciao!» biascica.

Toglie gli scarponi dalla mia meravigliosa cartelletta Montblanc.
Si alza in piedi, mi sembra un orso del Polo Nord pronto a grattarsi la schiena contro un iceberg.
Anzi, probabilmente è proprio questo l'iceberg.

«Salve...» sussurro a denti stretti, con uno strano tic nervoso che mi fa vibrare il sopracciglio sinistro.

Ho urgente bisogno del gel amuchina: forse dovrò inalarlo come la colla.

"Non ci credo... ditemi che è uno scherzo..." mi dico, totalmente pietrificata.

Un bifolco. Questo è un bifolco.
È una montagna umana, con i bicipiti stretti nel suo giubbotto di pelle da vandalo motociclista.
Noto immediatamente i jeans strappati che ricoprono le sue gambe, lunghe quanto la mia altezza senza tacco 12; e quegli stivali... quegli anfibi neri, sporchissimi, che sono rimasti per nonVoglioSapereQuanto sulla mia antica e costosissima scrivania.

"Forse cercava il sert e ha sbagliato palazzo!" covo uno spiraglio di speranza.

«Ehm.. lei chi è?...» sibilo.

Il tizio mi fissa con un inquietante alone di smarrimento.
Sono pronta a chiamare a sicurezza che manco il salvavita Beghelli.

«Mi chiamo Baroni. Stefano Baroni.» dice in tono solenne; mi rifila un sorrisone, come quello della Prugna.

"Baroni, Stefano Baroni... Ma chi ti credi di essere? Il James Bond di Rebibbia?!"

Il gorilla ha alcune briciole appiccicate alla barba corta e trasandata. Ho già la nausea.
E temo seriamente di recarmi da un infettivologo quando il buzzurro mi tende la mano, per presentarsi.

Strabuzzo le palpebre, tipo lo sguardo della mucca che vede per la prima volta il treno passare.

"Oh.Mio.Dio."

Rimango basita dinnanzi alle sue manone, ancora unte dall'olio demoniaco delle patatine, con tatuaggi incisi pure sulle dita.
Quelle zampe che hanno zozzato la mia poltrona di pelle: una dozzina di migliaia di euro usati come un rotolone Regina.

Non gli stringo la mano, evito il contatto con nonchalance, posizionandomi sul mio trono, dietro la scrivania.

«Sono la Direttrice Martinelli!» esordisco a bocca stretta.

«Lo so!» mi interrompe, e si riaccomoda senza permesso, buttando il deretano sulla poltrona rumorosamente.
Pare uno schianto di qualche shuttle della NASA.

Spalanca le gambe e mi fissa, in attesa. Si morde il labbrone, senza smettere di scrutarmi al limite dello stalking.

Ha due occhioni azzurri. Due puffi.
Vorrei essere Gargamella in questo momento.

«Lei chi è?» la mia pazienza mi sta dicendo 'o lo cacci tu o ci penso io!'.

«Come? Non sai chi sono?» e tira su col naso, grugnendo come un maiale. «Sono uno scrittore!-

«Mi duole dirle di no: io non la conosco...» e come potrebbe essere altrimenti?!

«Ho scritto una roba. Sono uno scrittore!» mi parla sopra.

Piego la testa di lato, i miei orecchini di diamante pulsano come la vena della mia tempia.

«Cosa intende con 'ho scritto una roba, sono uno scrittore'? Che espressione bislacca...» sono già al limite della sopportazione.

MA C'ERI E RESTIOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz