✖ CAPITOLO 21: Me Ne Frego!

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Una gogna. Una gogna pubblica.
Mi sento crocifissa come quella adultera della Lettera Scarlatta: e dire che amo il rosso.
Rosso corallo, per esattezza, quello che ha dominato sulle passerelle della Fashion Week 2014 di Milano.
Avevo un posto in prima fila durante la sfilata Versace.

Ma questa... questa è un'altra storia.
Perché sono lontani i ricordi della giovane ed impeccabile rampolla che fui. Della perfetta, favolosa, Isabella Martinelli.

Perché oggi... oggi sono la teppista di Lisbona.
La vergogna ultras.
La Regina dei Criminali.

Così titolano i giornali.

Appena messo piede (sudiciamente scalzo) nell'aeroporto di Firenze, ad attendermi... c'era mio padre.
Sì, lui: Rinaldo Martinelli. Amministratore Delegato della più importante compagnia telefonica italiana.
E dire che pensavo mi andasse pure bene, durante il pessimo volo Racchianair di ritorno: sapevo che babbo si trovava in Canada per lavoro, non c'era pericolo di una sua imboscata contro di me.
Ma, forse, le immagini della partita sospesa, a causa mia, gli hanno fatto girare talmente tanto le pelotas in andropausa che ha deciso di rientrare in largo anticipo.

Più che un prestigioso A.D. di successo, babbo mi sembrava un isterico amministratore condominiale delle Vele di Scampia.

-ISABELLA, DOBBIAMO PARLARE.- fu lapidario.
-Ehm... babbino, ti posso spiegare... non è come sembra...- balbettai, con le valigie tremanti.

Ma non ha voluto ascoltarmi.

Mi ha fatto un cazziatone così agghiacciante che la ramanzina che mi fece da bambina, quando la mia vena artistica decise di incidere tutti i personaggi de La Sirenetta con le chiavi sulla fiancata della sua Ferrari, pare una dolce carezza ad un cucciolo puccioso di labrador. Quello della pubblicità della carta igienica.

-Sei una vergogna!- urlava dentro la sua Rolls-Royce -ho dovuto smuovere mari e monti, parlare con l'ambasciatore, chiamare direttamente la Farnesina, pregare il Premier in ginocchio di scagionarti dalle accuse... io ti, io ti...-
-...'Io ti... voglio tanto bene, unica mia splendida figlia'?...-
-No! Io ti tolgo dal mio testamento, darò tutti i miei averi alla Feltrinelli Editore! Anzi... alla Caritas!!!-
-Nooooooo! la Caritas, noooooooo!- gridai, in stile Jean Claude quando parla a sua maaaadre.
-Per te sognavo un futuro diverso! Di classe, eleganza... sposata con qualche pezzo grosso! Invece, guardati! Come quella dello Zoo di Berlino! Come una Lapo Elkann qualsiasi! In mezzo a facinorosi, ad avanzi di galera! Mai più! Mai più ti voglio vedere accanto a quelle bestie! MAI!- Sgarbi nel salotto della D'Urso sarebbe stato più pacifico -vicino a quel... Bifolco!-

Mi sono congelata all'istante.

"Il bifolco"... Ho un groppo in gola.

-Babbo, ma lui non è...-
-Zitta, Isabella! Stai zitta! Pure tua madre si vergognerebbe di te...-
Ecco, così mi ha ammazzato.
Un pugno in una gabbia di MMA mi avrebbe fatto meno male.

E tornare a lavoro, nella mia casa editrice, non è stato affatto semplice.
Perché mi prendono tutti per le chapet. Tutti, nessuno escluso.
Anche la signora Prugna.
Più in basso di così neanche quando, in vacanza al Twiga Resort in Kenia alla veneranda età di 11 anni, dissi ad un bimbo africano che, se non avesse smesso di chiedere cibo, quella pancetta gonfia non se la sarebbe più tolta in futuro. Che sarebbe diventato grasso come Giuliano Ferrara.
E che sarebbe arrivato l'uomo nero per portarlo via.
Da morire. Una figura di popò da morire.

MA C'ERI E RESTIWhere stories live. Discover now