✖CAPITOLO 23: Alice e il Cappellaio Matto

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I fuochi d'artificio sfrecciano sopra il cielo delle colline fiorentine, come stelle comete danzanti.

Li guardo, mentre vengono sparati in aria, lasciandosi alle spalle un fischio sottile, come quello di un treno, appena prima di un lungo viaggio.

Poi esplodono, allargandosi come fiori appena sbocciati, per poi scivolare giù, fino all'immenso giardino curato della mia villa, abbellito come Versailles, meravigliando gli ospiti... così incantati, così meravigliati dalla loro luccicante bellezza.

E anch'io, anch'io... li osservo, col batticuore.

La musica, suonata dall'orchestra, regala un tocco di fiabesca atmosfera, che mi trascina in un'epoca dove tutto è leggero come una farfalla.

Le note dei violini de 'Il Cielo In Una Stanza' di Mina arrivano fino a me, lassù, sul balcone della mia camera.
Fino mio vestito bianco di Dior, alle mie ali d'angelo che sbucano dalle mie spalle.

Appoggio i gomiti sul marmo della ringhiera, in silenzio.

Osservo tutto il party, dall'alto, ma non sto vedendo niente.
Non voglio scendere.

Sto pensando troppo. Così tanto che mi dimentico tutto.

Non bado al galà, alla mia casa trasformata in una reggia del 700, alla magia che si respira nella tenuta Martinelli; alla divina Bès che, probabilmente, si sta aggirando nel salone principale, nascosta sotto una maschera veneziana di incommensurabile valore...

Perché io sto pensando a lui.
Solo a lui.

Come ho fatto incessantemente fin dal primo momento in cui i miei occhi nocciola si sono incastrati con l'oceano cristallino delle sue pupille.

"Ma quando arriva?..." mi chiedo, con miliardi di brividi che mi solleticano la pelle "ormai... ormai non viene più..."

La festa scorre senza intoppi.
É già cominciata da un pezzo.
Di lui, nemmeno l'ombra. Ha pure il telefono staccato.

Comincio a ticchettare le dita sul cornicione di marmo, tentando di porre un freno al mio nervosismo.

Lo sento... non verrà.

I miei tre rottweiler mi coccolano, come la tigre della principessa Jasmine in Aladdin.

"Stefano... dove sei?..." mi mordo il labbro "Vieni, ti prego..."

Sto per emettere un lunghissimo respiro, quando sento una presenza, dietro di me, aprire le grandi vetrate del balcone.

-Isabella, dove ti eri cacciata?-

Mi volto di scatto.

Papà indossa il suo smoking impeccabile, tiene due calici di Dom Perignon in mano. I suoi capelli grigi brillano sotto le stelle, tanto quanto il suo sorriso calmo rivolto verso di me.

-Ti stanno aspettando tutti, di sotto, ti decidi a venire giù...- si avvicina -oddio... come sei bella, figlia mia, sembri veramente un angelo...-

Gli sorrido, tornando a guardare verso il party in giardino.
Sento lo sguardo di papà che si posa sulle ali che ho attaccato al mio abito.

-Sei di parte, babbo...- sussurro, fissando oltre l'orizzonte.
-Sono solo un povero vecchio che ama la sua bimba...-

Chiudo gli occhi. Tremo, non so perché.
O forse sì.

-Cosa c'è che non va, fatina mia?- e mi passa lo champagne -ti conosco troppo bene...-

Ha ragione. Nessuno può fregare mio padre.
Tantomeno io, sua figlia.

MA C'ERI E RESTIWhere stories live. Discover now