✖ CAPITOLO 11: Charles Baudelaire

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"Ti odio... IO TI ODIO!"

Usciamo dal cantiere infernale senza guardarci, ho intenzione di non rivolgergli la parola per tutto il tempo.
L'aria fredda proveniente del mattino mi stordisce, ma la mia collera non riesce a congelare il mio nervosismo.
La folle idea di buttarlo in mare con un macigno legato alle gambe si fa sempre più attraente.
Superiamo il ponticello che unisce le due sponde del canale, quello che che conduce il fiume nel Mar Ligure, e ritorno all'inizio della Passeggiata di Viareggio.

Tiro un'occhiata al viale principale: il taxista lumacone è ancora lì, ad attendermi.

"Manca poco, Isabella, resisti..."

Il molo è un lungo pontile diretto verso l'orizzonte, nel quale si affiancano le barchette dei pescatori e le imbarcazioni più grandi.
Alcuni ristorantini, con i tavolini all'aperto e i menù scritti in dieci lingue diverse, si rincorrono sulla destra. Sono ancora chiusi, come la vena della incazzatura formato famiglia della mia tempia.
È deserto, non c'è nessuno: solo le onde che sbattono sui piloni del pontile, la brezza marina, gli starnazzi dei gabbiani, la puzza di pesce.

Ed io. Ci sono anche io.
E, purtroppo, pure lo strangolatore.

Stefano, con un sacco in mano, mi fa strada.
-Si può sapere dove cappero stai andando?!- non riesco a stare zitta. Rimango dietro di lui, non voglio nemmeno stargli vicino.
-Al mio tavolo con finestra sul mare! Solo tu da Cracco puoi pretendere il posto migliore per mangiare?!- ride.

Lo osservo con un'ira funesta che mi fa tremare le ciglia, le quali sono ancora sottoposte ad un tic nervoso da ormai lunghissime e traumatizzati ore.
Il Principe cammina a passo sicuro, a testa alta, col petto all'infuori: appare leggero, nonostante ad occhio e croce pesi più di 100 kg.
Sembra quasi elegante nella sua falcata da bad boy troglodita, avvolto dal tutone da scaricatore di porto.

"Però... ha un bel chapet" mi dico, vergognandomi di tale losco pensiero, notando i suoi glutei scolpiti sotto la stoffa blu.

-Martinelli, alza lo sguardo... guarda il cielo, cretina!- bisbiglio tra me e me.
-Che dici, Bella?- il bifolco si volta.

"Reagisci, Martinelli!"

-Niente!!!- mi affretto a zittirlo -ti sto solo maledicendo!- mento spudoratamente.

Arriviamo alla fine del molo.
C'è una terrazza panoramica, in mezzo al mare aperto; riesco a scorgere il faro, adesso è più vicino.
Baroni si siede sopra una panchina di marmo e comincia a trafugare dentro la sacca. Io rimango in piedi, con la mia perenne faccia avvilita in stile Chiara Ferragni.
Il vento mi spettina tutti i capelli, non lo sopporto.

-Accomodati...- mi sorride.

Il sole del mattino gli illumina i grandi occhi azzurri. Ha ancora un po' di rossore sugli zigomi alti.
La barba trascurata non riesce a nascondergli quelle fossette sulle guance che appaiono quando ride.
E solo in questo momento noto il suo naso più largo del normale; probabilmente non aveva quel setto nasale quando è nato... è frutto delle botte.
Se lo sarà rotto una decina di volte.
Pare Voldemort.
Rabbrividisco.

-Per carità, io non mi siedo. Sto qui, a distanza...- incrocio le braccia, il mio soprabito Moschino non riesce a proteggermi a dovere dal vento del mare -anzi, muoviti! Prima finisci di mangiare quella schifezza e prima riavrò il mio bracciale!-
-Non te l'hanno mai detto che bisogna assaporare il cibo lentamente?- si fa ancora beffe di me.

Tira fuori il pollo.
È enorme... mi pare un tacchino durante la festa del ringraziamento nelle comunità amish del Montana; anzi, sembrano i quarti di bue che davano in pasto ai velociraptor in Jurassic Park.
No, specifico... è direttamente un dinosauro.

MA C'ERI E RESTIWhere stories live. Discover now