Rain

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Taehyung Pov

Siamo nell'ennesima spedizione, in un ennesimo paese. Il clima arido che è sempre stato presente in questi giorni, che ci ha fatto sudare e sfinire, se ne è andato, lasciando posto alla pioggia. Siamo in sette su una macchina, tutti stretti, ma felici. Sembra davvero che in questo posto sia finito e che sia tornata la pace, cosa che non avrei mai creduto.

Sembra davvero un altro posto, un altro paese. La gene è in strada, balla e canta, ringraziando il cielo per quella poca d'acqua che sta cadendo a terra, facendo sì che le colture di verdure possano tornare a rinvigorirsi e che, così, la gente possa avere qualche pasto in più.

Ma sapete cosa? Nonostante siano tutti felici, tutti sorridenti, io non riesco nemmeno a pensare di far spuntare un sorriso sul mio viso. Continuo a rivivere quella scena, giorno per giorno, senza mai riuscire a fuggirne nemmeno per qualche istante. Continuo a sentirmi vuoto dentro e, davvero, l'unica cosa che vorrei fosse che quel piccoletto fosse al mio fianco.

Quanto mi manchi Jungkook.

Ho scoperto che, ciò che ho visto in questi anni, nei film, è vero. Ho sempre visto nei film che, durante gli anni di guerra, i militari distribuivano la cioccolata ai bambini, ma ho sempre creduto che fosse qualcosa che servisse per addolcire l'argomento guerra, armi e morte. E invece, oggi, stiamo per andare a fare proprio quello.

Arriviamo per la stradina principale del piccolo paesino, vedendo tutte le persone ancora sotto la pioggia che corrono e si divertono. I bambini che giocano tra di loro, nelle strade sterrate. Che ridono a squarciagola e spruzzano felicità da tutte le parti.

Ad un certo punto il capo spedizione ferma l'auto e si gira verso di noi. "Ragazzi, per la prima volta scendiamo tutti, così potrete vedere quanto sia appagante questa cosa" e ci sorride.

Scendere? No, grazie ma passo stavolta. Non sono dell'umore e rischierei solo di dar fastidio.

"Taehyung muoviti, dai" mi sprona uno dei miei compagni, facendomi sospirare. "No ragazzi, rimango qui, andate tranquilli" sorrido in modo rassicurante, mentre mi osservano con sguardo confuso e triste. Loro sanno, l'hanno capito e credo che la voce dei miei genitori si sia sparsa dappertutto, d'altronde in questo campo non esistono segreti. Ognuno sa tutto di tutti. Questo è vivere nell'ambito militare. Essere a nudo di qualsiasi cosa, anche della minima sciocchezza.

Gli altri escono, dopo avermi detto di aspettarli lì, senza muovermi.

Chiudo gli occhi, mentre la mia mente vaga senza sosta e senza meta. Il suono gentile del picchiettare della pioggia, sul vetro della macchina, mi rilassa, come sempre ha fatto. Non so perché io abbia sempre amato questo tipo di clima, esattamente come io ami l'inverno. Probabilmente perché da anni a questa parte ho sempre associato questi fattori alla tristezza?  

La pioggia è cupa, il cielo è grigio, i tuoni spezzano quel fruscio rassicurante, mentre i lampi illuminano il cielo. È sempre stato rassicurante il modo in cui mi ritrovavo in questo clima.

Mentre sono ancora ad occhi chiusi, sento una mano posarsi sulla mia coscia. Apro gli occhi di scatto portandoli in basso e all'improvviso mi si mozza il fiato. La bambina è qui e mi sta guardando con i suoi occhioni neri.

"Vieni con me" mormora, prendendomi la mano dolcemente. Non riesco a parlare, sono sconvolto.  Boccheggio in cerca di qualche parola da dire, ma alla fine mi arrendo e le stringo la mano.

Scendo dall'auto, sentendo l'acqua cominciare a bagnarmi la pelle e i capelli. La bambina mi stinge ancora di più la mano, mi guarda e comincia a camminare verso in centro del piccolo paesino.

Non so nemmeno io come ci sia finito in questa situazione, mi avevano detto di non lasciare l'auto o, per lo meno, di non allontanarmi, ma non posso dire di no a lei. Non ce la faccio.

La pioggia aumenta, le gocce sono pesanti e cadano sul terreno, facendo diventare ciò che era terra secca, del fango fastidioso. Questo clima sta dando vita di nuovo alla radura qui intorno e la gente non puo' che festeggiarne.

Ad un certo punto mi fermo e la bambina mi guarda confusa. Mi levo velocemente la giacca e gliel'appoggio sulle spalle. Si prenderà un malanno se continua a prendere tutta quest'acqua. Apre la bocca per parlare, ma poi scuote la testa e mi riprende la mano, stringendola più forte di prima.

Dopo poco arriviamo davanti ad una piccola casetta, presumo che sia dove abiti. Apre la porta ed entriamo ma, appena varco la soglia un uomo mi si scaglia contro.

"Chi cazzo sei?" mi prende per il collo della maglia, guardandomi ferocemente negli occhi. Alzo le mani in segno di innocenza e prendo fiato per parlare ma la bambina mi precede. "Zio, lascialo stare!" si lamenta, strattonandogli la maglia. E così fa.

"Quindi è lui?" le chiede con tono duro. Lei annuisce e l'uomo torna a squadrarmi da cima a fondo, con uno sguardo indecifrabile. "Niente armi in casa mia" sbuffa, per poi tornane nella stanza da dove era uscito.

Sospiro e mi levo da tracollo l'arma, mettendo la sicura e togliendo il caricatore. Siamo in pace ora, non puo' succede nulla di grave. La appoggio in terra, al fianco della porta d'ingresso.

La bambina mi riprende la mano e mi porta dentro una piccola stanza, al di sopra delle scale. È la sua cameretta. Sorrido d'istinto. Perchè si sta fidando così di me, dopo ciò che le ho fatto?

"Taehyung?" La guardo sconvolto, si ricorda il mio nome? "Ti chiami così, vero?" Mi avvicino e mi in ginocchio davanti a lei, per essere alla sua stessa altezza. "S-sì" mormoro, guardandola negli occhi. 

"Mi chiamo Miri" intreccia le sue mani, l'una con l'altra.

"Ti perdono" dice con voce calma, sorridendomi. La guardo confuso.

Mi perdona?

"Per quello che hai fatto" annuisce leggermente "so perché lo hai fatto" abbassa il tono. "Papà era cattivo" si morde il labbro, sembra che stia per piangere da un momento all'altro. Le prendo la mano e gliela stringo. "Voleva farti del male, quando voi ci stavate solo proteggendo" e scoppia in lacrime. L'abbraccio d'istinto. Sembra così vulnerabile al momento.

"Ti ha fatto del male, quando tu-" un singhiozzo acuto le blocca la parola e io le  accarezzò dolcemente la schiena, facendola calmare.

"Ehy, tranquilla" e finalmente riesco a parlare senza timore. Senza la paura di sbagliare qualcos'altro. "Va tutto bene, calma" la stringo a me, mentre lei stringe un lembo della mia maglia.

"Tu volevi proteggere me" si allontana, per guardarmi nuovamente negli occhi. "Grazie" singhiozza. La riabbraccio, perché è l'unica cosa che riesco a fare. Sento gli occhi farsi lucidi, è una sensazione così strana.

Non sento più quel vuoto che mi perseguitava, quella paura che mi stremava. Una lacrima mi riga il volto. Una lacrima di felicità.

Ad un certo punto la radio che ho nella tasca dei pantaloni della divisa si attiva e sento che mi stanno richiamando. La prendo, facendo staccare la bambina che mi guarda, mentre si asciuga le lacrime.

"Adesso arrivo, aspettatemi lì" e la ripongo al suo posto.

"Devi andare?" mi chiede, facendomi annuire. "Devo tornare dai miei compagni." Le riprendo la mano "Allora vai, non farli aspettare."

Scendiamo al piano di sotto e lo zio torna da me. "Non so perché lei si sia fissata con te, dopo che sia successa quella cosa, ma-" sospira "-ti ringrazio anche io per ciò che hai fatto. Hai salvato lei, l'unica luce dei nostri occhi" mi sorride, facendomi abbassare lo sguardo.

"Si prenda cura di lei" mi inchino, poi scompiglio i capelli della piccola. "Arrivederci."

Non posso crederci.

Military||Taekook Where stories live. Discover now