Capitolo Sei - Edoardo

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05_Luglio_2011
Sofia Pov

Avevamo finito. Finalmente. Avevamo anche avuto il tempo di prendere una pizza e mangiarla bevendo una birra. Poco più tardi prima di andare via, avevamo fatto un'ultima ricognizione seduti sul divano e non appena finito, lui disse semplicemente:

"La vuoi un'altra birra?"

"Sì, grazie" risposi un po' stupita.

Edoardo andò in cucina e dal frigo prese altre due birre poi si sedette vicino a me sul divano. Mi guardò, mi sentii osservata da capo a piedi, probabilmente non era il miglior modo di stare seduti, ero accucciata con le gambe piegate e tirate su, ma stavo comoda così e non mi facevo intimidire da nessuno, tanto meno dallo sguardo di Bonelli.

"Non ho mai conosciuto nessuna come te, nessuna così sicura, spudorata e incurante dell'opinione altrui..."

"Dovrebbe essere un complimento, Edoardo?" risposi sorseggiando la mia birra.

Sorrise "Ho quasi dimenticato il suono del mio nome, ormai il mio nome è avvocato Bonelli. Solo mia madre mi chiama Edoardo, ma il suo, suona da sempre autoritario e spesso disgustato; il tuo invece è dolce e melodioso, potresti continuare a ripeterlo all'infinito..."

Lo fissai basita era la seconda volta che lo chiamavo Edoardo e non mi aspettavo questa reazione. Lui continuò a guardarmi e avvicinò la mano sulla cravatta per allentarla ma si bloccò.

"Fallo tu per me, come hai fatto ieri..." disse piano con uno sguardo rilassato che mai avevo visto fino ad ora. Posai la birra sul tavolino ed allungai le mani, sciolgliendo il nodo e aprendo la cravatta.

Sorrise, poi chinò poco la testa e con le mani fece cenno ai suoi capelli e capii che voleva che glieli scompigliassi. Quindi infilai una mano tra i suoi capelli morbidi e li mossi.

"Grazie" bisbigliò prima di sollevare il capo e ancora guardarmi fisso.

Ma quello sguardo non era come gli altri, mi diede uno scossone forte e mi lasciò stordita tanto che dovetti spostare lo sguardo dal suo.

"Mio padre era un principe del foro, stimato e riverito da tutti ma in casa è sempre stato debole e sottomesso. Mia madre ha sempre deciso per lui, per me, per tutti. Ha sposato mio padre, non per amore ma per la sua posizione sociale. Tutto ciò che conta per lei è il nome , l'apparenza. Ha scelto tutto per me, le scuole, le amicizie. Mi ha sempre ripetuto 'Sei un Bonelli! Non sei per tutti!' e mi ha sempre costretto a frequentare gente del mio rango. Fu capace di licenziare il nostro maggiordomo perchè spesso portava suo figlio Daniele e, come semplici bambini di dieci anni, avevamo fatto subito amicizia. Daniele ed io passavamo molto tempo insieme e ci divertivamo, non mi sentivo più solo; ma quando io, inconsapevole, raccontai a mia madre, di quanto fossi felice di aver trovato un amico sincero, lei lo allontanò da me."

Era un fiume in piena ed io lo lasciai parlare e ascoltai con attenzione, notando come piano, si spogliasse con me della sua armatura da avvocato perfetto, da ricco e facoltoso Bonelli e restasse semplicemente lui. Edoardo.

In quell'istante sospirò e abbassò lo sguardo, quindi si stese e poggiò la testa sulle mie gambe e con gli occhi chiusi a voce bassa disse:

"Se Daniele fosse rimasto nella mia vita, sarei sicuramente stato una persona diversa, migliore...non avrei avuto paura di..." sospirò e poi riprese fiato e continuò:

"Solo quando sono andato all'università ho iniziato a respirare lontano da lei e ho veramente provato ad affrontare le cose e le persone da solo, ma il fardello del mio nome è sempre stato troppo. Nessuno ha mai visto Edoardo, specialmente le donne; tutti hanno sempre visto soltanto Bonelli.

Ma tu no. A te non importa fare colpo su di me, sei sempre stata te stessa, anche qui ora, anche mentre mangiavi la tua pizza con le mani usando venti tovaglioli, anche mentre imprecavi al telefono sapendo che io ti stavo ascoltando. Tu non fingi con me. Ed è raro. Tu sei rara, sei trasparente..."

Nessuno mi aveva detto di essere rara e trasparente. Nessuno dopo lei.

Mi fissava dal basso con i suoi occhi cobalto ed io restai di sasso. Iniziarono a formicolarmi gli occhi e dovetti rispostare il discorso su di lui:

"Ho avuto molti appellativi prima di essere soltanto 'Avvocato' e ognuno di loro non aveva a che fare con me. Non mi interessa l'avvocato, mi interessa Edoardo, la persona. Quello è solo un appellativo e non ti descrive; possiamo avere tanti nomi, ma ognuno è semplicemente se stesso" dissi.

Assassina... troia...puttanella...fattona...alcolizzata...gli appellativi che gli altri ti inchiodano addosso e che non fanno di te nessuna di queste cose.

"E tuo padre? Com'era, a parte il rapporto con tua madre?"

"Mio padre era la persona più buona del mondo. Aveva una corazza da duro, da avvocato serio e impenitente ma quando lo conoscevi scoprivi l'uomo più dolce e premuroso del mondo. Quando ero piccolo, ogni volta che tornava dal lavoro, nonostante dovesse ricominciare, dedicava un po' di tempo a me, mi chiedeva della mia giornata ed io della sua e lui mi parlava dei suoi casi in modo così appassionato che alla fine mi ci appassionai anch'io. Poi da adolescente il nostro rapporto è mutato per causa mia: dopo ciò che era successo al liceo, il fatto che fosse tanto sottomesso a mia madre mi mandava in bestia e non riuscivo a capire perchè non si ribellasse; questo ha portato inevitabilemente ad allontanarci e quando ho iniziato l'università le cose non sono cambiate. Non appena laureato mi ha proposto di affiancarlo allo studio ma io volevo dimostrargli che ero capace, che non ero succube e volli aprire una succursale a Milano tutta mia e lui non obiettò; anzi mi diede una mano e poco alla volta iniziammo a riprendere il nostro rapporto finchè lui non se ne è andato troppo in fretta, togliendomi tutto il tempo che avrei voluto recuperare con lui. Avrei voluto dirgli che gli volevo bene, che è sempre stato l'uomo migliore che abbia conosciuto, che avrei voluto assomigliargli ..."

"Credo che questo lui lo sappia e credo tu gli assomigli molto..."

"Sono sempre stato abituato ad essere perfetto e a non far trasparire nulla, a non lasciarmi mai andare; che adesso mi sembra assurdo essere qui ad aprirmi con te, qui e ora riesco davvero ad essere me stesso"

Sorrisi imbarazzata da quanto si fosse esposto con me, da quanto la sua durezza e la sua strafottenza fossero soltanto una maschera per tenerlo a debita distanza dagli altri, come del resto succedeva per me. Non mi resi conto che da quella sera tutto cambiò.

Lui si sollevò, si passò una mano tra i capelli e disse:

"Ti chiamo un taxi così puoi andare a casa e riposare in vista dell' udienza di dopodomani"

Quindi mi guardò pochi secondi ed io gli mormorai un grazie.

Amami come Mai © #Wattys 2020Where stories live. Discover now