Capitolo Sessanta - Sopito e nascosto

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26_Novembre_2018
Sofia Pov

Lacrime copiose iniziarono a scivolare sulle mie mani, ancora inchiodate a quel foglio di carta che lui aveva stretto tra le mani e ripiegato. Il suo testamento, il suo addio per me, racchiuso in quelle righe.

Iniziai a piangere rumorosamente: singhiozzi, grida, sospiri. Urlai il nome di Edoardo seguito da perché decine di volte. Non mi resi conto, che Alberto era entrato in camera e si era accucciato di fronte a me, finché non riaprii gli occhi un secondo. Mi osservava comprensivo e addolorato come quando si guarda una catastrofe abbattersi sulla tua casa e tu non puoi fare nulla per evitarla.

"Perché non me lo ha detto...perché...lo sapeva...da anni...perché..." urlai.

"Perché voleva proteggerti..." bisbigliò.

D'un tratto mi porse le mani e mi fece sollevare dal pavimento. Mi tenne le mani mentre, muovendo concentricamente i pollici sui miei dorsi, cercava una strada per calmare i miei nervi. Ma io, di colpo, iniziai a vedere tutto nero e crollai.

Mi svegliai con una flebo nel braccio, in un letto d'ospedale. Alberto al mio fianco, seduto su una sedia, con la testa riversa sul lenzuolo sotto il mio braccio. Come mi mossi si sollevò.

"Come ti senti?"

"Stanca..."

"Sei svenuta, non sapevo che fare e ho chiamato l'ambulanza. Probabilmente la tensione di questi giorni, il fatto di non aver mangiato ti avevano messo a dura prova ed infine la lettera, credo, ti abbia dato il colpo di grazia..."

Sospirai, non mi ero resa conto che il mio corpo avrebbe collassato.

A quel punto entrò una dottoressa che mi sorrise e disse:

"Mi fa piacere vederla sveglia, signora Bonelli. Suo marito non si è staccato un secondo da lei!"

"Lui non è mio marito..." risposi piano.

"Suo marito è venuto a mancare pochi giorni fa..." aggiunse Alberto imbarazzato.

"Mi scusi...è che...comunque devo parlare in privato con lei signora..." fece la dottoressa a disagio.

Alberto fece per alzarsi ed io dissi:

"Resta!" Poi mi rivolsi alla dottoressa e continuai "Può parlare, non ho nulla da nascondergli".

Edoardo era l'amore della mia vita.
Alberto era la mia anima affine, il mio amico fedele, la mia luce nelle notti più cupe, il mio sostegno quando ero sola.

"Come vuole..." si soffermò poi riprese "lei è incinta, signora Bonelli, di quattro settimane. Ha bisogno di assoluto riposo, almeno per un paio di mesi".

Rimasi intontita da quelle parole, imbambolata a guardare la dottoressa.

"So che questa notizia non arriva al momento giusto poiché lei è ancora sconvolta per il suo lutto; ma questa gravidanza è un dono...un bambino è vita!"

Edoardo mi aveva lasciato un dono, una parte di sé, una nuova vita. Ed io l'avrei custodito come il bene più prezioso.
Non ero più sola.

"Adesso la lascio, appena finisce la flebo può tornare a casa. Deve rimettersi in sesto però. Deve mantenersi in forza per il bambino che è dentro di lei"

Feci cenno con il capo e la dottoressa ci sorrise ed uscì. Allora mi girai verso Alberto, che mi fissava con gli occhi lucidi.

Amami come Mai © #Wattys 2020Donde viven las historias. Descúbrelo ahora