Capitolo Ventisette - Io di più

2.1K 168 115
                                    

17_Gennaio_2012
Sofia Pov

Ginevra se ne era andata due giorni dopo, che Edoardo era andato da lei, al Gemelli. Dopo aver parlato con lui, non aveva più voluto vederlo, e lui aveva rispettato il suo volere, ma, nonostante questo, per quei due giorni seguenti, era andato lì, comunque, restando fuori dalla porta della sua camera.

Se ne era andata di notte, con solo sua madre al suo capezzale ed Edoardo aveva ricevuto quella notizia da Pietro, il padre di lei. La mattina ci eravamo svegliati da poco, il telefono aveva squillato e dopo aver risposto, era crollato a terra, piangendo. Mi ero accucciata vicino a lui e l'avevo preso tra le braccia, gli avevo accarezzato i capelli e avevo cercato di calmarlo, cullandolo come un bambino.

Le voleva bene, erano cresciuti insieme e nonostante la loro storia travagliata; era addolorato per quella perdita e non fu facile superarla; ma io feci di tutto per sostenerlo con il mio amore.

Io, intanto, erano già quattro mesi che andavo dalla psicologa. Le avevo spiegato quanto Edoardo fosse importante per me, quanto meritasse il mio amore incondizionato e quanto io avevo voglia di darglielo, nonostante il mio blocco dovuto alla violenza. E lei mi aveva aiutato di nuovo a scavarmi dentro, cercando di capirmi e farmi superare quella situazione che a lungo andare, avevo paura, potesse allontanarlo da me.

Le avevo raccontato di ogni volta che Edoardo mi guardava con i suoi occhi di mare e così facendo scalfiva poco a poco, lesionando piano, la corazza dura che aveva ricoperto il mio cuore e che io aspettavo crollasse miseramente per merito del calore di quello sguardo e che mi liberasse il cuore.

Il giorno del mio compleanno, Edoardo mi portò a sorpresa in Toscana e chiuse lo studio legale per due giorni. Il giorno prima venne da me e disse:

"Staremo via due giorni, prendi solo il necessario"

Io restai spiazzata, adoravo le sorprese.

Il posto era fantastico, immerso tra le colline verdeggianti. Una torre che sembrava medievale e una suite il cui soffitto era una volta affrescata. Sembrava di essere tornati indietro, ai tempi dei Medici.

Andammo in giro per i paesini nei dintorni e la sera del mio compleanno cenammo in un ristorante intimo e delizioso. A fine cena mi fece portare una piccola torta sacher, la mia preferita, con sopra una candelina che spensi immediatamente ma senza esprimere un desiderio.

Quello che desideravo ce l'avevo davanti: Edoardo era tutto ciò che desideravo, l'amore, la felicità, la tranquillità, la dolcezza nella mia vita, che fino ad allora era stata fin troppo amara. Svegliarmi con il suo sorriso mi riempiva la giornata dal primo istante e mi alleggeriva l'anima dei ricordi che mi assillavano prima di dormire.

Era stato tutto meraviglioso, lui era meraviglioso. Era attento, premuroso, dolce, sempre delicato nei modi, ma pur sempre trattenuto nei miei confronti, senza mai farmelo pesare. Mi baciava dolce e focoso ma restava fermo, mentre nei suoi occhi leggevo l'ardore e la passione che gli salivano dal cuore. Allora decisi che meritava qualcosa in più, dopo tutti questi mesi, volevo dargli il piacere che solo nella sua mente immaginava di potere avere e di potermi dare.

Quindi mentre eravamo distesi sotto quella splendida volta e ci baciavamo piano, mi misi a cavalcioni su di lui ed iniziai a sbottonare la sua camicia infilando le mani su per il torace. Edoardo sospirò sulle mie labbra. Io mi staccai e sorrisi, lui mi guardò confuso e compiaciuto. La sua eccitazione era evidente nonostante fosse avvolta nella stoffa del pantalone. Quando iniziai a sbottonarglielo,  le sue mani si posarono sulle mie fermandole.

"Cosa...cosa vuoi fare?... Mi hai detto l'altro giorno che hai ancora bisogno di tempo con la psicologa..." disse imbarazzato.

"Ed è così. Ma questo non mi vieta di dare piacere all'uomo che amo..." risposi con fare malizioso.

Si sollevò e si appoggiò alla spalliera del letto, tenendomi le mani tra le sue. Sospirò pesantemente poi mi rispose:

"Sai che muoio dalla voglia di essere toccato da te e muoio dalla voglia di toccare, te. Ma voglio condividere questo piacere, non voglio che sia a senso unico, voglio goderne insieme".

Dovevo essere piuttosto sbalordita perché lui continuò:

"Metti sempre gli altri prima di te stessa, in tutto. Lo stai facendo anche adesso perché hai capito che vicino a te perdo la testa. E ti giuro non vedo l'ora di fare l'amore con te perché voglio esplodere, insieme, di quel piacere che stai faticando tanto a cercare di rivivere".

Quanto poteva essere bello ciò che mi aveva detto? Quanto poteva essere perfetto? Così tanto da non avere una risposta adeguata, tanto che dissi soltanto:

"Promettimi che ritorneremo qui, allora, e che faremo l'amore in questo letto e in ogni angolo di questa stanza".

"Non solo di questa stanza, anche del bagno, te lo prometto!" ridacchiò.

"Sei tu che metti sempre me davanti a tutto. Non credo di essere mai stata tanto amata in vita mia..." e mi sporsi verso di lui attaccando le labbra alle sue "Ti amo..." sussurrai poco dopo.

"Io di più" fece ammiccando ed io scoppiai a ridere:

"Beh, in effetti...hai appena rifiutato un lavoretto..." mormorai strizzando l'occhio.

Alzò gli occhi al cielo e poi scoppiò a ridere anche lui.

"E comunque credo che oggi, oltre ad essere il tuo compleanno, sia anche una specie di anniversario del nostro primo bacio...quello che ti diedi senza nemmeno sapere il tuo nome..."

"Certo che non te lo facesti ripetere due volte! Mentre la tua fidanzata si era allontanata un attimo, tu ti sei avvinghiato alla prima sconosciuta che ti si è avvicinata!"

Lui rise.

"Guarda che non c'è niente da ridere, anzi! Prova solo a pensare di fare una cosa simile mentre la tua fidanzata sono io e ti cambio i connotati, Bonelli!" incalzai decisa.

Lui rise di più e mi diede un bacio a stampo:

"Non ne ho alcuna intenzione, credimi e comunque pensa se avessi rifiutato di seguirti e se non ti avessi baciato...avremmo perso quel bacio fenomenale!"

"Non sai cucinare ma sei un maestro nel girare le frittate!"

"Come sempre la colpa è mia, eh! Tu eri quella ubriaca, tu sei stata a chiedermi quel bacio nonostante avessi visto che fossi accompagnato!...come la mettiamo adesso?"

"Beh...diciamo che avevo capito già al primo sguardo che ne valesse la pena, che tu valessi la pena..." risposi accarezzandogli il profilo con le dita. E lui sorrise ancora e si gettò famelico sulla mia bocca ed io mi avvinghiai al suo collo desiderosa di scatenare il nostro piacere nei nostri baci.

Amami come Mai © #Wattys 2020जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें