Capitolo Diciassette - Non era destino...

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08_Agosto_2011
Edoardo Pov

Beatrice mi aveva appena detto:

"L'avvocato Ambrosini è dovuta andare a casa perché si sentiva poco bene e mi ha chiesto di avvisarla"

Ed io non avevo risposto, mi ero chiuso nel mio ufficio e mi ero sentito sprofondare.

Perché lei ora soffriva a causa mia, perché ero sempre il solito stronzo egoista e avevo pensato solo a quanto mi facesse stare bene, lei, il suo tocco, il suo sorriso, il suo profumo e non avevo considerato che, la verità che avevo omesso prima a me stesso e poi a lei, che aveva promesso di sposare un'altra, l' avrebbe fatta soffrire.

E lei, dopo tutto quello che aveva passato, non lo meritava. Non meritava uno stronzo come me. Dovevo preservarla da altro dolore.

Probabilmente avrei dovuto dire ad Alberto di noi. Non so perchè non l'avevo fatto, forse il mio inconscio sapeva che ciò l'avrebbe messa sullo stesso piano di tutte le altre, che per lui, sarebbe stata un'altra con cui tradivo Ginevra e non avrebbe creduto al fatto che avessi messo a posto la testa e deciso di sposarla. O forse, non glielo avevo detto, perchè speravo che lei non attirasse la sua attenzione; perchè conoscevo bene il mio amico e sapevo che avevamo gli stessi gusti; ma non avevo tenuto in considerazione che, Sofia per quanto fosse bella fuori e dentro, lo avrebbe attirato comunque.

Fu in quel momento che mia madre entrò nel mio ufficio.

"Ciao Edoardo"

"Ciao mamma"

"Passavo di qui e volevo ricordarti della cena di beneficenza di domani sera, ho già chiamato Ginevra, ci saranno anche i suoi. Ho anche visto Alberto in corridoio e gli ho detto di venire"

"Perfetto"

"Bene, ho delle altre commissioni da sbrigare, buon lavoro"

E come era arrivata se ne andò.

Alberto Pov

Ero in corridoio quando entrò Lucrezia, la madre di Edoardo. Non so per quale motivo, probabilmente perchè provenivo da una famiglia agiata o perchè ero orfano; Lucrezia aveva un debole per me. Non appena mi vide mi venne incontro e mi abbracciò:

"Sono felice di vederti Alberto, non sapevo fossi qui!"

"Resterò pochi altri giorni, come stai?"

"Bene, bene, ho organizzato una cena di beneficenza per domani sera ed ero passata per ricordarlo a mio figlio. Sarei felice se venissi anche tu, ti faccio recapitare l'invito; e se vuoi, puoi portare un'accompagnatrice, ti accompagni sempre a bellissime donne".

"Grazie, Lucrezia. Verrò sicuramente, con qualcuno"

"Bene, vado da Edoardo, a domani"

Quindi ero andato diretto verso l'ufficio di Sofia, ma la segretaria mi aveva bloccato dicendomi che era andata via perchè non si sentiva bene. Le avevo inviato un messaggio per sapere come stava ma non avevo avuto risposta, poi un altro e ancora uno. Quindi, di sera, appena uscito dall' ufficio, andai da lei.

Sofia Pov

Frammenti di una me sgretolata erano sparsi ovunque. Non riuscivo a ricompormi o forse ero stanca di ricompormi ancora una volta. Ma dovevo passare oltre, come sempre; capire, trovare la forza e ricominciare.

Non avevo potuto nascondere la verità a Tata e Nali, avevo raccontato loro, tutto. Le mie amiche come sempre si erano strette a me e mi avevano consolato ognuno a suo modo:

"Evidentemente non è lui quello giusto, se ti ha mentito e sta per sposare un'altra... non è per te" disse Nali.

"Secondo me, Sofì, dovresti davvero pensare ad Alberto...lui sembra davvero interessato a te" rispose Tata.

"Non era destino..." continuò Nali.

"Eh, no, dopo due anni se non è destino quello!" sputò Tata mentre Nali la riprese.

"Dopo due anni cosa? A che ti riferisci, Tata?" la interrogai subito.

" Merda! Forse non dovevo dirtelo...non ora comunque..." si morse il labbro e Nali imprecò a voce bassa.

"Dirmi cosa! Parlate!" tuonai.

"Edoardo è il tipo che hai baciato per scommessa, due anni fa, il giorno del tuo compleanno" rispose Nali mentre Tata era sparita.

"No, non può essere...non è lui..." mormorai scuotendo la testa finché Tata mi mise davanti una foto nella quale ci riconobbi.

"Non voglio nessun'altro, voglio Edoardo e voglio delle spiegazioni, vere. Adesso vado da lui e gliele chiedo" sbottai e le mie amiche mi guardarono sconsolate e confuse ma non appena mi alzai sentimmo il citofono e Nali andò a rispondere:

"Alberto! ciao!" la sentii dire mentre iniziai a scuotere la testa e Nali capì e rispose "Sofia non c'è, è uscita...no, non so quando torna...ok, ti faccio chiamare...ciao"

Mi ero fatta negare ma ora, l'unica persona che volevo vedere era Edoardo.

Arrivai sotto casa sua e non appena sentii la sua voce, il cuore mi balzò in gola e riuscii solo a dire: "Edoardo, sono io"

Senza rispondere, mi aprì e mi aspettò sul portone di casa. Dio, come era bello, ancora impettito, come sempre. La mia mente continuava a ripetere quelle parole"...sposare...Ginevra..." mentre le mie labbra ed il mio corpo volevano stare addosso a lui, per dimenticarle.

"Ti prego se davvero ci tieni a me, spiegami tutto, voglio la verità..."

"Ti ho già detto la verità, il matrimonio è una formalità, non amo Ginevra..."

"Nient' altro?Dici che vuoi stare con me e non mi spieghi perchè dovrei accettare che tu sposi un'altra?!"

Era un muro. Un muro insormontabile. I suoi occhi erano più scuri e glaciali e non mi trasmettevano altro che freddezza.

"Edoardo, davvero?! Davvero!!!" dissi piano.

Lui socchiuse gli occhi e li abbassò "Le cose stanno così, tu devi fidarti di me, io tornerò sempre da te se tu mi vorrai ancora..."

"Non voglio le briciole, Edoardo! Non voglio dividerti con nessuna! Non voglio per nessun motivo che il mio uomo sia sposato ad un'altra!!" urlai con la disperazione nella voce.

Edoardo Pov

'Il mio uomo'

Quelle parole, quella voce che ripeteva quelle parole, mi trafissero come migliaia di lame contemporaneamente. Perchè non desideravo altro che essere il suo uomo.

Ma non potevo mandare all'aria il matrimonio, non potevo dirle la verità e sopra ogni cosa, non volevo continuare a farle male per colpa mia, perchè, l'unica cosa certa, era che dovevo sposare Ginevra.

"Niente?!Continui a non dire nulla?!" incalzò lei mentre io non riuscivo a guardarla negli occhi per paura di caderci dentro e non riuscire più ad uscirne.

"Maledizione, Edoardo! Io non devo pregare nessuno!"continuò e dopo pochi secondi udii sbattere la porta di casa e mi misi le mani nei capelli, scompigliandoli.

Mi mancava l'aria, forse perché lei era stata, dapprima, la mia boccata d'aria fresca e poi era diventata tutta l'aria che necessitavo per vivere.

Mi aveva travolto come una tempesta, una tempesta devastante che mi destabilizzava al solo pensiero; ed ora che se ne era andata, sentivo un vuoto enorme in fondo al cuore, un vuoto che non avevo mai sentito prima.

Amami come Mai © #Wattys 2020Donde viven las historias. Descúbrelo ahora