Capitolo Diciotto - Io, ero io

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09_Agosto_2011
Sofia Pov

Mi giravo nel letto, non riuscivo a dormire e continuavo a ripensare a quanto Edoardo fosse stato distante. Sembrava essere tornato il Bonelli dei primi tempi, freddo, chiuso, lontano anni luce dal 'mio' Edoardo, quello dolce e premuroso. Forse aveva finto anche su quello, forse non lo conoscevo affatto.

E poi ripensavo a quanto ero stata stupida io, ad essermi affidata a lui, appoggiata a lui, senza nemmeno pensarci. Il mio cuore aveva messo in stand by il mio cervello e aveva preso le redini dei miei pensieri e delle mie emozioni con l'impeto che lo aveva sempre contraddistinto, come tanti anni prima.

Ma ora, che dovevo dimenticarlo, scordare per sempre i suoi occhi dentro i miei, la sua bocca vogliosa nella mia, le sue mani calde sulla mia pelle, il suo corpo perfetto al mio sguardo; mi sentivo fragile, incapace di sostenere quel peso.

Come avevo potuto permettere a me stessa di perdermi, così, senza pensare alle conseguenze.

Adesso, però, non sarei stata debole, almeno non davanti a lui, avrei affrontato tutto a testa alta e non sarei scappata ma avrei continuato a lavorare al suo fianco per dimostrare, ancora una volta a me, quanto fossi forte; e per ricordare a lui, cosa avrebbe potuto avere e cosa aveva lasciato andare.

Quindi come tutti i giorni ero andata a lavoro e lo avevo ignorato. Alberto appena mi aveva visto mi era venuto incontro chiedendomi perchè non l'avessi chiamato ed io avevo accampato scuse.

"Domani parto, per cui stasera stai con me! Non accetto un rifiuto! Ci andiamo ad ubriacare e stiamo insieme l'ultima sera che passo a Roma!"

Avevo davvero bisogno di bere e di distrarmi e sapevo quanto Alberto fosse bravo in questo.

"Ok, dove si va?"

Sorrise compiaciuto "Metti un vestito elegante, il più elegante che hai" disse facendomi l'occhiolino, probabilmente era il turno del ristorante chic, pensai.

Avevo un abito bellissimo, che mi arrivava sopra la caviglia, di tulle blu notte, con piccolissime perline dorate, senza spalline. Abbinai un paio di tacchi e una clucth nude e truccai di più gli occhi rispetto al solito. Legai i capelli in uno chignon basso e lasciai libere poche ciocche. Volevo sentirmi bella, ne avevo bisogno, volevo stare bene; almeno quella sera volevo non pensare ad Edoardo e al male che mi aveva fatto.

Quando scesi, Alberto era di spalle, in smocking scuro e cercava qualcosa nell'auto. Non appena fui a pochi passi da lui mi schiarii la voce e lui si girò velocemente.

Alberto Pov

Io, io non riuscivo a parlare, ero diventato, in quel secondo in cui avevo posato gli occhi su di lei, completamente afono. Lei mi guardava divertita e aspettava che dicessi qualcosa ma io non ci riuscivo, lei era bellissima, non avevo mai visto una principessa ma lei doveva assomigliarle davvero.

"Ciao Sofia, stai bene! Grazie, anche tu! Lo smocking ti dona!" disse lei e poi scoppiò a ridere.

Mio Dio, adesso rideva pure, non sarei arrivato alla fine di quella serata senza baciarla.

Colpito. Affondato. Trafitto. Forse era quella la parola giusta, un colpo dritto al cuore, al centro, senza possibilità di ripresa.

"Alberto! Di' qualcosa! Mi metti paura!" continuò sorridendo ancora.

"Ciao!" risposi solo come un ebete.

"Andiamo va!" disse lei e fece il giro dell'auto per prendere posto.

Dopo poco, forse aiutato dal fatto che dovevo guardare la strada e non lei, riacquistai la parola.

"Sei mai stata ad una serata di beneficenza? La madre di Edo ne ha organizzata una, mi ha inviatato ed io, stasera, ci voglio andare con te!"

"Lavoro allora?" rispose con la voce piuttosto spazientita.

"Macchè lavoro! Si mangia e si beve da paura...facciamo un po' di presenza e poi scappiamo!"

La guardai con la coda dell'occhio. Era rigida e fissava la strada, forse non era una buona idea andarci ma dovevo passarci, per Lucrezia ed Edo. Poi mi sarei inventato qualcos'altro pur di stare con lei. Mentre stavo per parlare la sentii dire "Va bene"

"Giuro che se non ti va, ci restiamo poco, giusto il tempo di salutare..."

"Va bene" disse di nuovo.

Sofia Pov

Questa non ci voleva, era il mai una gioia più mai una gioia di sempre. Avrei visto Edoardo, sua madre e per certo la sua futura sposa e non sarebbe stato un bene per il mio povero cuore. Poi mi ritrovai a pensare che ero con Alberto, che ero davvero bella stasera, perchè la sua reazione me lo aveva confermato e avrei potuto far impazzire Edoardo.

Peccato che, non appena arrivammo, le mie emozioni presero il sopravvento e divenni insofferente.

"Tutto bene?"

"Sì, ho solo un attacco di panico e sono un po' stanca..." non sapevo cosa dire.

"Tranquilla, ci sono io, non ti lascio nemmeno un secondo" e mi prese la mano nella sua e mi condusse dentro.

La sala era grande. Tavoli tondi apparecchiati con cura. C'era molta gente elegantissima e musica soft. Alberto mi stringeva la mano nella sua ed io gli stavo accanto.

"Alberto!" una voce fece il suo nome e le andammo incontro. Era una signora con un'abito dorato di seta, con uno scollo ampio che le fasciava le spalle; aveva i capelli corti biondo platino e gli occhi blu, i suoi stessi occhi blu. Era la madre di Edoardo.

"Ciao Lucrezia!Ti presento Sofia Ambrosini, è una dei nostri, lavora nella sede di Roma con Edoardo"

"E' un piacere Sofia, e complimenti per il tuo outfit, impeccabile! Per caso sei parente dei Conti Ambrosini che vivono ai Castelli?"

"Il piacere è mio, signora; e no, la mia è una famiglia di panettieri!" a quella risposta Alberto trattenne una risata e Lucrezia si irrigidì.

"Se vuoi scusarci, ho visto Edo, vado a salutarlo" disse Alberto e mi trascinò via, tirandomi per la mano, che non mi aveva lasciato nemmeno un attimo.

"Per poco non le facevi prendere un infarto! Una figlia di panettieri alla sua cena di gala!" mi bisbigliò all'orecchio e scoppiammo a ridere.

E fu così che Edoardo ci vide:
felici e sorridenti, mano nella mano.

"Hey bro'!"

"Ciao, Alberto. Sofia." fece lui guardandomi un solo istante.

E fu allora che la vidi, una figura alta e snella a fianco a lui. In un vestito a sirena rosso, aderente; lunghi capelli biondi, gli occhioni verdi e le labbra rosse.

"Ciao Alberto! Come stai? Non mi presenti la tua ragazza?"disse con voce soave.

A quell'appellativo Edoardo mi guardò fisso e Alberto con un ghigno divertito rispose:

"Bene, Ginevra! E' un piacere vederti! Lei è Sofia" senza aggiungere altro.

Eravamo due poli opposti, completamente. Lei era longilinea, fine, delicata. Io, ero io. Mi era chiaro, ora, il motivo per cui sposava lei. Io ero stata solo un diversivo nella sua vita perfetta a fianco della donna perfetta.

Amami come Mai © #Wattys 2020Donde viven las historias. Descúbrelo ahora