Capitolo Trentaquattro - Un boato

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14_Gennaio_2013
Edoardo Pov

Le tende erano socchiuse e una lama di luce colpì il mio viso e mi costrinse ad aprire gli occhi. Davanti a me la visione di lei: i capelli corvini sparsi sul cuscino, le palpebre chiuse su quegli occhi scuri in cui mi abbandonavo e cadevo ogni volta; le labbra rosee rilassate sulle quali mi sarei perso fino all'eternità.
Restai a contemplarla per minuti, in cui persi il contatto della realtà, finché la sua sveglia non suonò e lei iniziò a muoversi e si girò per spegnerla; poi dischiuse gli occhi piano e mi fissò:

"Buongiorno amore..."biascicò.

"Buongiorno a te..." dissi incollando la bocca alla sua "Dormivi così bene!"

"Continuerei volentieri ma devo finire la causa per domani..."

"Ti do una mano io ma prima devo fare una commissione. Ti raggiungo in studio!"

Lo avevo capito da tanto; ma fermare il tempo per osservarla, mi aveva reso consapevole di quanto desiderassi passare il resto della mia vita con Sofia. In quei minuti fermo a contemplarla l'avevo immaginata, prima, raggiungermi in bianco lungo la navata; poi, seduta sulla poltrona a coccolare nostro figlio; infine intrecciare la mano alla mia durante una passeggiata in spiaggia, ormai anziani.

Ed era ciò che volevo, quindi prima del lavoro sarei andato a comprarle un anello e fra tre giorni, il giorno del suo compleanno, quel giorno che ormai aveva un significato importante anche per me, le avrei chiesto di diventare mia moglie. Avrei fatto tutto per bene, tutto alla sua altezza, tutto alla perfezione.

Comprai un solitario bellissimo, sorretto da un intreccio che sembrava un piccolo bocciolo di un fiore raro, raro come lei. Tornai a casa e cercai un posto dove nasconderlo. Decisi di metterlo nel mio cassetto delle cravatte, sotto la cravatta blu, quella che mi allentò la prima volta. Ma prima di riporlo, aprii la scatolina marrone e lo guardai; avvertii l'emozione esplodermi dentro, pensando al momento in cui glielo avrei infilato all'anulare e lei mi avrebbe inchiodato con gli occhi lucidi ed io non sarei riuscito a spiccicare parola. Allora presi un foglio e scrissi; e le parole vennero giù da sole, veloci, perché era il mio cuore a suggerirle. Ripiegai il foglio e lo inserii sotto la scatolina, poi corsi allo studio, sorridendo, pregustando un altro dei momenti più belli della mia vita con lei.

15_Gennaio_2013
Sofia Pov

Quella mattina mi svegliai presto, prima di Edoardo. Ero agitata per una causa molto complicata, che avrei dovuto avere con Elena, poche ore dopo, in tribunale. La sera prima, per provare a calmarmi, Edoardo mi aveva fatto un massaggio, poi mi aveva riempito di coccole ed infine avevamo finito per fare l'amore fino alle due del mattino. Eravamo stati incapaci di fermarci, ci eravamo amati, avevamo riso, ci eravamo abbandonati alle nostre emozioni, come sempre, in quel modo unico e solo nostro. E mentre mi stavo vestendo e lo guardavo iniziare a muoversi e svegliarsi, mi resi conto che avrei mandato al diavolo tutta la giornata per poterlo sequestrare e averlo solo per me, in quel letto, ancora e ancora.

"Perché mi guardi con quella faccia?" bofonchiò lui riportandomi indietro dai miei pensieri.

"Perché ti amo e non vedo l'ora che arrivi stasera per dimostrartelo ancora..." dissi avvicinandomi e dandogli il bacio del buongiorno.

"A chi lo dici...avvisami non appena finisci!"

Sorrisi e mentre ero sulla porta la sua voce mi richiamò e mi girai:

"Sofia?...Ti amo."

"Anch'io" mormorai carica del suo amore e pronta ad affrontare la giornata.

Quando verso l'ora di pranzo, la seduta terminò, presi il telefono per chiamare Edoardo e trovai cinque chiamate perse da parte di Beatrice, che risalivano ad un quarto d'ora prima. Era strano che chiamasse, sapeva che eravamo in tribunale, quindi la richiamai immediatamente.

"Beatrice?"

Rantoli e singhiozzi accompagnarono il silenzio mentre sentii il mio cuore prendere fuoco e ridursi in cenere durante quei secondi interminabili.

"Beatrice..." riprovai.

"L'avvocato...ha...ha avuto...lo...lo hanno...portato al San Giovanni..." balbettò ed io non mi diedi il tempo di capire. Chiusi la conversazione e dissi ad Elena:

"Chiama lo studio, fatti passare il nostro stagista Marco e cerca di capire cosa sia successo ad Edoardo mentre andiamo all'ospedale!"

Lei senza chiedere e senza rispondere fece come le dissi.

Il tragitto fu interminabile. Elena era riuscita a sapere che Edoardo era stato investito da un pirata della strada, poco lontano dallo studio. Il guidatore era scappato ma alcuni passanti avevano chiamato l'ambulanza.

Mollai la macchina ad Elena, all'ingresso dell'ospedale e corsi dentro. Fermai il primo infermiere che incontrai e chiesi notizie. Lui fece cenno ad un medico che ci si avvicinò e al quale spiegò chi fossi.

"Salve, sono il dottor Martino. Ero con il suo fidanzato sull'ambulanza" fece un sospiro e aggiunse "la situazione è apparsa subito complicata...il signor Bonelli ha un grave trauma cranico e lo stanno operando d'urgenza..." quindi si bloccò e sospirò ancora.

"E?" dissi piano

"E potrebbe non farcela..."

Un boato, uno scoppio fu ciò che avvenne in me. Tutto il bello che mi si era ricreato dentro, merito di Edoardo, fu ridotto in cocci minuscoli. Tutto in frantumi ed io non riuscivo a non calpestarli senza sentirne lo scricchiolio.

Non so quanto tempo restai immobile e muta mentre il medico continuò a parlare. Ma io non sentivo più nulla, sentivo solo di voler cadere, sprofondare fino al centro della terra, per scomparire; perché quel vuoto, che l'amore di Edoardo aveva riempito, si stava di nuovo impossessando di me e mi invadeva e mi fagocitava ed io mi sentii chiudere la gola senza riuscire a respirare.

"Signorina, sta avendo un'attacco di panico...respiri, profondamente..." disse il dottore prendendomi per le spalle.

Feci un respiro, poi un altro e il dottore disse ancora:

"Venga con me, la porto nella sala d'attesa così può aspettare la fine dell'intervento"

Ed in quell'istante mi ricordai di Elena e la andai a chiamare, così che il dottore potesse spiegarle tutto al posto mio, perché le parole mi morivano in gola.

Elena riferì la situazione allo studio e chiamò Alberto. Beatrice, la segretaria, avvisò la madre di Edoardo che era a Napoli. Io, quando il mio telefono continuò a squillare imperterrito, mi ricordai che avevo promesso di andare a pranzo con Tata e Nali e loro ora si stavano chiedendo dove fossi. Quando risposi, riuscii solo a dire:

"Sono al San Giovanni, Edoardo è stato investito, è grave e lo stanno operando..." poi mi chiusi di nuovo nel silenzio mentre la voce concitata di Tata prese ad arrivarmi alle orecchie come un sibilo lontano.

Sprazzi d'autrice
Lo so che mi odiate...in verità mi odio da sola...ma la storia è nata così e nonostante il mio amore spudorato e incondizionato per Edoardo, siamo arrivati qui.

E adesso?

Amami come Mai © #Wattys 2020Where stories live. Discover now