Capitolo Undici - Sono qui, con te

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09_Luglio_2011
Sofia Pov

Sempre quel sogno, lo stesso. Io che cambio direzione, che non faccio la testarda e che ascolto quello che dice. E tutto va diversamente. La nostra vita va diversamente. La mia e la sua. La sua vita.
Mi sveglio sempre peggio dopo quel sogno.

E sembra come se, la rosa che ha lasciato nel mio cuore, abbia perso, debole, un altro petalo.
Ed io ritorno a chiudere a chiave, quella rosa, in quello scrigno, in fondo al mio cuore o a ciò che ne resta.

E anche quella sera, al suo fianco, rifeci quel sogno e sobbalzai urlando. Edoardo mi strinse tra le braccia e mi disse piano:

"Sofia stai bene? Era solo un incubo...sono qui"

Ma non era un incubo. Era la nostra possibilità di vivere ancora. E scoppiai in lacrime. Edoardo mi strinse più forte e mormorò

"Parlamene Sofia, voglio starti vicino"

"Volevo guidare...
avevo preso la patente da pochi mesi e volevo guidare...
ho insistito e lei non sapeva dirmi di no...
piovigginava...
ho perso il controllo dell'auto...
ho sterzato ma abbiamo sbattuto contro un albero...
lei...
in pieno...
io...
non ricordo nulla...
non avevo bevuto...
non avevo preso nulla...
è stato un attimo...
un solo maledetto attimo...
ed io...
io l'ho uccisa...
e mia madre non mi ha mai perdonato per questo...
per aver ucciso Gioia...
la sua primogenita...
la sua figlia modello...
ha chiesto a mio padre di scegliere tra lei e me ed io sono rimasta da sola...
sono sola...
nemmeno io mi sono mai perdonata per quello che è successo..." biascicai singhiozzando.

Edoardo mi prese dalle braccia e si mise di fronte a me:

"Guardami Sofia. Tu non hai ucciso nessuno, è stato un terribile incidente, alla guida poteva esserci chiunque. Non è colpa tua!"

"Gioia...Gioia era l'amore della mia vita, non le ho mai detto abbastanza quanto le fossi grata, quanto la amassi, quanto..."

"Lo sa Sofia, e continua ad amarti come solo una sorella sa fare; ma tu, sei tu quella che deve amarsi e smettere di incolparsi..."
Mormorò facendomi una carezza leggera sulla guancia."Devi pensare alle cose belle, ai ricordi più felici che hai con lei..."

"D'estate andavamo da mia nonna che viveva in campagna. Dietro casa sua c'era un bosco di querce. Dopo cena, quando era buio, andavamo lì ed era pieno di lucciole. Erano tantissime, ovunque intorno a noi e ci immergevamo fra loro e le prendevamo sul palmo delle mani e Gioia diceva 'Sofia le stelle sono scese per noi, tra noi! Possiamo anche prenderne una, vedi?!' Ed era vero, ci sembrava di essere fra le stelle, era bellissimo!!! Senza di lei non sono più tornata lì e non ho più visto le lucciole".

Raccontai e poi scoppiai nuovamente in lacrime e singhiozzi ed Edoardo mi prese e mi strinse con forza e si appoggiò allo schienale del letto "Sono qui, con te, non sei sola, chiudi gli occhi, stringiti a me, ci sono io, con te..."

Quando la sveglia suonò mi ritrovai letteralmente addosso ad Edoardo, avvinghiata a lui. Anche io mi ero lasciata andare e mi ero aperta, ancora una volta, senza pensarci. E dopo tanto tempo le sue braccia mi avevano dato il sostegno che mi era mancato.

Mi sollevai per spegnere la sveglia e mi fermai a guardarlo. L'immagine di Edoardo che avevo conosciuto il primo giorno non c'era più: lo spocchioso e presuntuoso avvocato impettito era disteso sotto di me con i capelli scompigliati, lo sguardo rilassato e dolce. L'armatura era caduta e la sua anima risplendeva bella come non mai alle prime luci del giorno.

"Ma che fai?" La sua voce impastata mi fece sobbalzare mentre lo contemplavo.

"Niente..."risposi fingendo indifferenza.

"Mi stavi guardando, ti ho vista!"fece lui con un sorrisino.

"Non credere di attirare tutta la mia attenzione, Bonelli!" lo stuzzicai.

"No,eh?! Ma se mi stavi mangiando con gli occhi!"

"Impossibile! Perché sono affogata nei tuoi occhi e non riesco più a risalire!"

"Sei brava con le parole, avvocato Ambrosini!"

"Non a caso lavoro con il miglior avvocato in circolazione!"

Poi si sollevò senza dire nulla e mi baciò piano, finché con le mani non mi prese il volto e iniziò a baciarmi con passione.

Mi staccai per riprendere fiato e dissi:

"Devo andare a lavoro o il mio capo mi ucciderà!"

"Anch'io, simpaticona, e ho una riunione importante, oltretutto!" Sorrise e mi lasciò andare.

Allo studio, Edoardo indisse una riunione. Eravamo saturi di lavoro e per il periodo in cui sarebbe mancato aveva chiesto al capo della succursale di Milano di sostituirlo qui a Roma.

Alberto Lucchetti, migliore amico di Edoardo dai tempi dell'università, era stato nominato a capo dello sede milanese dello studio Bonelli, quando Edoardo aveva preso le redini dello storico studio romano dopo la morte di suo padre.

Quando varcai la soglia della sala riunioni, vidi Elena ridacchiare compiaciuta mentre un tipo, capelli castano chiari, barba appena accennata e sorriso suadente, le accarezzava un braccio.

Che schifo, non è nemmeno arrivato e già fa il viscido con la figa dello studio! Pensai tra me e me, e lasciai cadere pesantemente la mia agenda sul tavolo di vetro.

Catturai così la loro attenzione, interrompendoli e il tipo si diresse verso di me. Due occhi caramello mi inchiodarono e lui disse porgendomi la mano:
"Avvocato Lucchetti, può chiamarmi Alberto, lei è?"

Fu allora che notai i tatuaggi che sbucavano dal collo della camicia e il sorriso compiaciuto.

"Avvocato Sofia Ambrosini"

"È un piacere, avvocato" rispose lui sfoggiando al meglio il suo sorriso e in quell'istante entrò Edoardo e ci accomodammo.

Alla fine della giornata Edoardo mi convocò nel suo ufficio. L'indomani aveva l'aereo molto presto e voleva darmi le ultime dritte. Ma non appena entrai mi prese tra le braccia e mi disse solo:

"Non sono ancora partito e già mi manchi"

Quindi mi soffocò in un lungo bacio appassionato che non avremmo interrotto se non fosse che qualcuno bussò alla porta.

18_Luglio_2011
Alberto Pov

Intuii non appena entrai che c'era qualcosa fra quei due. Era nell'aria: conoscevo Edoardo troppo bene ed era incapace di mentire con me; e lei era una ragazza a modo, tutta sulle sue, tutta casa e chiesa e il suo imbarazzo trapelava dai suoi respiri.

"Ho forse interrotto qualcosa?" chiesi sfacciatamente.

"Certo che no!" rispose lui con prontezza "Hai bisogno di me?"

"Sì, ma finisci con lei, torno dopo" dissi vagamente allusivo.

"Abbiamo finito" disse lei stizzita e mi passò di fianco uscendo alle mie spalle.

"Te la fai?" chiesi subito dopo al mio amico.

"Non mi chiamo Lucchetti e mi faccio tutte le avvocatesse dello studio!"

"Tutte?! Esagerato! Di questo studio mi sono fatto solo la Cassini...e diciamo che non ho fatto nemmeno molta fatica...e poi tu non sei certo uno stinco di santo!" ridacchiai.

Edoardo sbuffò e scosse la testa "Mettiamoci al lavoro,dai!"

Amami come Mai © #Wattys 2020Where stories live. Discover now