Capitolo Diciannove - Amami

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09_Agosto_2011
Edoardo Pov

Devastato.
Devastato era la parola giusta che mi descriveva dal momento in cui l'avevo vista. Era una dea: stupenda, elegante, sorridente, a suo agio come sempre, in un posto che non le apparteneva.
Devastato dalla sua vista, dal suo sorriso che era per un altro.
Devastato dalla gelosia che mi infervorava il petto, mentre non riuscivo a distogliere gli occhi dalle loro mani intrecciate.
Devastato dalla rabbia che mi infuocava dall'interno, perché lei ed il mio amico, non avevano colpa; ero io il solo responsabile della mia sofferenza.

Ma il destino è bastardo e ci mette lo zampino, ed eccoli lì seduti allo stesso tavolo, di fronte a me e Ginevra. Io che cercavo di perdermi nei suoi occhi, mentre lei a stento mi guardava. E rideva, e lui le parlava vicino, la sua bocca era troppo vicino, le sue dita che le accarezzavano il braccio, poi la spalla. E lei era serena ed io stavo esplodendo dentro.

Poi un momento, un attimo prezioso da cogliere al balzo. Lei si alzò, probabilmente per andare alla toilette. Ed io poco dopo blaterai una scusa e mi alzai. Lontano dagli sguardi, già nel corridoio, la raggiunsi e la bloccai per un braccio.

L'aria era talmente densa che ci pesava addosso, i nostri occhi fissi e incatenati.

"Non posso! Non posso starti lontano! Non posso vederti vicino a lui!" riuscii solo a dire mentre lei mi guardava con gli occhi sbarrati.

"Lasciami Edoardo! La colpa è tua! Sei tu quello che sta per sposarsi!"

"Ti devi fidare di me! Il matrimonio non conta nulla, Ginevra non conta! Conti tu, solo tu!"

"Addio, Edoardo" si strattonò liberandosi dalla mia presa e si chiuse in bagno.

Come un pugno alla bocca dello stomaco, quell'addio mi fece piegare su me stesso, continuando a maledirmi.

Aspettai un poco ma non uscì, mi sollevai e me ne tornai al tavolo.

Sofia Pov

Respiravo a fatica, quel contatto, quello sguardo, si erano fatti strada dentro di me e mi sembrava di boccheggiare. Mi misi una mano sul petto e provai a controllare il respiro. La mia pelle bruciava, ero annebbiata, non ero lucida, quando anche solo mi sfiorava, io perdevo il controllo. E il mio inconscio lo avrebbe supplicato di amarmi. La mia bocca aveva detto Addio ma il mio cuore avrebbe voluto dire Amami.

Amami come Mai.
Amami, Edoardo, come mai hai fatto nella vita; come mai hai sentito
di poter fare.
Amami come mai nessuno ha fatto prima. Amami come se fosse la prima e l'ultima volta.
Amami come se il mondo finisse domani. Amami come farebbe ogni singola parte di te.
Amami come mai amerai nessun'altra allo stesso modo.
Amami, Edoardo, come Mai.

Tornai in sala e ripresi il mio posto accanto ad Alberto evitando di guardare Edoardo di fronte a me.

"Stai bene? Sei pallida!" mi sussurrò Alberto all'orecchio

"Sì, sì" dissi poco convinta.

"Basta, andiamocene" bisbigliò ancora, poi si alzò di colpo e annunciò al tavolo che stavamo andando via perché avevamo un altro impegno. Sentii Lucrezia dispiacersi ma Edoardo non disse nulla, in quel secondo in cui lo guardai mi stava incenerendo con il suo sguardo infuocato.

Passammo la notte a passeggiare per il centro di Roma. Lui mi prestò la sua giacca perché nonostante fosse agosto, io ero troppo scoperta e l'aria notturna era fresca. Poi seduti su una panchina mi fece:

"Ti posso domandare una cosa?"

"Certo"

"Hai più pensato al nostro bacio di ieri?" chiese velocemente.

"Vuoi la verità?" mormorai.

"Ovvio" disse fissandomi negli occhi e subito disse ancora "no, non parlare, i tuoi occhi parlano da soli". Poi sospirò alzando gli occhi al cielo e mi chiese: "mi dici per quale motivo non stai con la persona che vorresti qui ora?"

"Perché lui non vuole me" risposi di getto.

"Impossibile..."

"Sei una persona splendida Alberto. In queste settimane che ho imparato a conoscerti, ho capito che non sei uno stronzo dongiovanni come credevo il primo giorno...sei solo un dongiovanni..."

"Grazie eh!" rispose sorridendo "e comunque è inutile che provi a cambiare discorso..."

"È complicato, tanto complicato..."

"No, non credo, l'amore è una cosa semplice. Quando vuoi una persona si vede chiaramente, lo dimostra il tuo corpo, i tuoi occhi, non riesci a nasconderlo. Ed in questo non c'è nulla di complicato..."

Non volevo continuare a fare quel discorso. Perché era la verità: negli occhi di Edoardo leggevo il suo amore disperato verso di me e non capivo cosa lo spingesse a sposare un'altra. Quindi chiesi di andare a casa e lui accettò.

Quando fummo davanti casa mia e stavo aprendo il portone, lui alle mie spalle scostò una ciocca di capelli e avvicinò la bocca al mio orecchio "Voglio passare quest'ultima notte abbracciato a te"

Non so se fu l'aria fresca ma ebbi un brivido. Mi girai e lui afferrò il bavero della giacca e mi attirò a sé, poggiando le labbra sulle mie. Ma io non ricambiai, gli misi le mani sul petto e lo costrinsi a staccarsi.

"Non mi sembrava un'abbraccio questo!" lo canzonai.

"Infatti, ma volevo baciarti dal primo secondo che ti ho vista stasera"

"Sei incorreggibile...e pericoloso!" dissi scuotendo la testa.

Rise "Faccio il bravo, giuro! Allora posso salire?"

In quell'istante qualcosa vibrò nella tasca interna della sua giacca. Presi il suo cellulare e glielo passai notando che sul display lampeggiava il nome di Edoardo.

"Cosa diavolo vuole a quest'ora?!" si domandò Alberto.

Ripensai a lui, a Ginevra al suo fianco e il nervoso mi salì dentro e dissi:

"Allora sali o no?"

"Certo" poi spense il telefono e aggiunse "Sto bene con te, Sofia e voglio portarmi dietro tutto questo".

Quando presi in mano il mio telefono notai una decina di chiamate da parte di Edoardo e un messaggio.

'Non usare il mio amico per vendicarti. Ho visto come ti guarda, gli faresti del male a causa mia e non voglio ferire altre persone'

Lui, proprio lui mi considerava una in grado di giocare con i sentimenti. La cosa mi esasperò e spensi il telefono, quindi mi struccai, mi misi il pigiama e tornai in camera dove Alberto mi aspettava seduto a lato del letto.

"Devo dormire vestito?"

"Non ho un pigiama abbastanza grande per te"

"Allora dormo svestito?"

"Alberto!" lo ripresi.

"Non credo di essere il primo che vedi in boxer!?" fece ridendo.

"Fa come vuoi, io mi metto a letto" e feci il giro del letto e mi stesi sotto le lenzuola.

"Lenzuola e pigiama ad agosto, non sarà troppo?!"

"Sshhh! Sono freddolosa! Buonanotte!"

Chiusi gli occhi, mentre sentii il rumore della stoffa scivolare sulla sua pelle.

Amami come Mai © #Wattys 2020Where stories live. Discover now