Capitolo Trentadue - Voglio vivere con te

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01_Giugno_2012
Sofia Pov

Era poco dopo mezzanotte quando arrivammo a casa. Al tavolo, avevo evitato di parlare con Lucrezia e lei mi aveva ignorato. Durante il tragitto in auto non avevo tirato fuori il discorso; ma non appena fummo a casa sua ed Edoardo prese a lasciarmi baci umidi sulle spalle scoperte, l'immagine di sua madre, che mi guardava schifata, con il suo sguardo di superiorità, mi balenò nel cervello e feci tutto d'un fiato:

"Edoardo, ho avuto una piccola discussione con tua madre...non volevo dirtelo ma...ma non  ci riesco!"

"Mi eri sembrata piuttosto silenziosa infatti...cosa diavolo ti ha detto?"

"Che non sono alla tua altezza e che per te sono un passatempo...era questo il concetto di base..."

"Come ha potuto?! Ma ora mi sente! E non si permetterà mai più di trattarti così!" disse cercando il telefono in tasca. Ma io gli bloccai le mani:

"No, Edoardo, le ho già risposto e poi penso che, per tua madre, la tua indifferenza nei suoi confronti, sarebbe l'unica cosa che potrebbe aprirle gli occhi..."

"Mi dispiace, amore, davvero...mia madre sa essere molto perfida..."

"Non mi importa di lei, non mi importa di ciò che dice, mi importa solo di te e del tuo amore..."

In quell'istante Edoardo mi prese il viso e mi regalò un bacio carico di amore, passione e dolcezza, poi di colpo si staccò e mormorò:

"Vieni a vivere con me!! È vero passiamo tutto il giorno insieme, lavoriamo insieme, dormiamo insieme quasi sempre; ma io voglio sentire il tuo odore per casa, voglio avvertire il tuo respiro non appena arrivo...voglio che la mia casa sia piena di te!"

Sospirai senza dire nulla e lui continuò:

"Dimmi di sì... ti amo Sofia e voglio vivere con te!"

Gli presi il volto tra le mani e risposi:

"Dio quanto ti amo, Edoardo! E anch'io voglio vivere con te ma..."

"Ma...?!" Fece con lo sguardo corrucciato.

"Non voglio lasciare nei casini Tata e Nali per l'affitto e..."

"Pagherò io l'affitto finché non troveranno un'altra coinquilina!"

"No, no, lo pagherò io!" incalzai.

"Come vuoi...tanto sei una mia dipendente ed essendo il tuo capo..." rispose sorridendo.

Lo interruppi "A volte vorrei essere io il tuo capo!" incrociando le braccia, fingendomi offesa.

"Mica male! Mi piacerebbe sai...vuoi fare una prova...tipo adesso?" rispose con uno strano guizzo negli occhi. Ed io non mi tirai indietro:

"Ci sto! Allora, da adesso farai tutto ciò che ti dico...sono una despota...sappilo!"

"Sono pronto..." sussurrò.

E nella penombra del nostro ingresso, caldi pensieri mi attraversarono la mente.  Pensare di essere il suo capo mi eccitò e gli feci scivolare la giacca dalle spalle, lui mise le mani sui miei fianchi ed io allora le staccai e mi allontanai indietro di un passo.

"Togliti la camicia!" indicai perentoria.

Lui sorrise malizioso, tolse il papillon e poi iniziò ad aprire lento i bottoni, quindi i gemelli, dopodiché la tirò dai pantaloni e la lasciò scivolare a terra.

"Le scarpe" continuai io e subito le tolse.

Quindi lo fissai dalla punta dei capelli a quella dei piedi: la perfezione davanti ai miei occhi, mentre lui era visibilmente impaziente.

"Il pantalone..." pronunciai a voce bassa.

Lui con estrema lentezza e con gli occhi fissi nei miei, sganciò la cintura, poi i bottoni e la zip e piano li calò giù per le gambe, liberandole insieme ai calzini. Quindi fece un passo avanti ed io indietreggiai.

"Aspetta..." mormorai e lo osservai ancora, così bello ed eccitato, in mutande, che continuava a mordersi il labbro.

Ma ero io il capo e volevo farlo capitolare.

Gi occhi sempre nei suoi, mi chinai e infilai le mani sotto la gonna del vestito quindi calai il mio slip e me lo tolsi, alzando prima un piede e poi l'altro. Lo vidi deglutire e sospirare e allora glielo lanciai. Lo prese al volo e lo strinse nella mano avvicinandolo al volto.

"Vieni qui..." bofonchiò rocamente.

Sorrisi e con il dito gli feci cenno di avvicinarsi. Non appena fu davanti a me, presi la gonna già più corta sul davanti e la sollevai ancora, fino a sopra le ginocchia.

Intese.

Sentì la mia voglia che si espandeva dal mio sguardo al suo, avvertì i miei tremori identici ai suoi, pregustò il calore che ormai ci aveva invaso anche senza toccarci.

Si abbassò senza smettere di guardarmi e infilò la testa sotto la gonna. Le sue mani percorrevano le mie cosce e salivano sul sedere e la sua bocca insisteva in me e azzerava la salivazione nella mia bocca, riempiendola di sospiri tremendamente sconci.

Stringevo quella stoffa tanto delicata, talmente forte da rischiare di lacerarla ma in un istante non ressi, mollai la presa e poggiai le mani sulle sue spalle. Lui si bloccò, si sollevò, mi prese in braccio e mi condusse in camera.

Ci amammo delicatamente e rudemente per ore, finché ci accoccolammo stremati ed appagati.

I nostri corpi accaldati e umidi ancora avvolti. La mia schiena contro il suo torace, le sue gambe avvinghiate alle mie, le sue mani strette sulla mia pelle, la sua bocca immobile sul mio collo.

"Sai cosa ho capito da quando mi ami?"
bisbigliò nel mio orecchio.

"Cosa?"

"Che prima di te non avevo mai fatto l'amore veramente...era sempre stato solo sesso...e...e tu?"

Mi girai, lui mi strinse le dita intorno alla vita ed io con le mie percorsi i lineamenti del suo viso e le intrecciai fra i suoi capelli scuri:

"Sai che durante il mio periodo buio, prima della violenza, è sempre stato solo sesso senza importanza. Tutto è iniziato subito dopo la morte di Gioia, avevo bisogno di qualcuno vicino ed ero sicura che l'unico pronto a consolarmi sarebbe stato Elia, il mio primo ragazzo. Ci eravamo lasciati alla fine del liceo perché non ero pronta ad andare a letto con lui e quando ci rivedemmo io ero talmente spenta, apatica e disperata, che sperai che stare con lui mi avrebbe fatto stare meglio. Fu la mia prima volta, ce ne furono altre, in quei momenti posso dirti di aver smesso di sentire sanguinare il mio dolore e di aver pensato che davvero fosse amore; ma quando lui una sera, mi disse che mi amava con una scusa lo cacciai e non volli più vederlo. Quindi no, non era amore con Elia, non era amore con nessuno, non era amore finché non sei arrivato tu, perché tu sei l'amore Edoardo. Tu sei il mio amore".

E allora lo baciai per suggellare quella dichiarazione e lo sentii abbandonarsi sulle mie labbra.

Sprazzi d'autrice
Innamorati persi nonostante la madre di Edoardo...nel prossimo capitolo faremo un balzo in avanti nel tempo ed arriveremo a Dicembre...
Chissà cosa succederà...

Amami come Mai © #Wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora