Capitolo Cinquantotto - Vuoto

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07_Gennaio_2015
Edoardo Pov

Non appena finiti gli accertamenti, il medico mi disse chiaramente:

"Edoardo è un miracolo che tu ti sia risvegliato. Nessun organo ha subito traumi. Sei perfettamente cosciente e anche tutta la parte del cervello che controlla la tua memoria è rimasta miracolosamente illesa".

Io feci un sospiro di sollievo ma lui continuò:

"C'è solo una cosa che devi assolutamente sapere. Una parte dell'emorragia cerebrale che non abbiamo potuto operare e che ti ha condotto al coma, non si è ancora riassorbita del tutto. Dovrai tenerla sotto controllo, fare delle risonanze ogni tre mesi ma il problema è che potresti doverci convivere: il che implica che potrebbe non darti nessun tipo di fastidio per il resto della vita o nel caso peggiore causarti la morte. Devi saperlo, perché non possiamo prevederlo, e tu devi essere consapevole che ogni giorno che vivi potrebbe essere l'ultimo".

A quelle parole mi si annebbiarono i pensieri e l'unica cosa che mi venne in mente fu il viso di Sofia.

"Ho capito, dottore. C'è solo una cosa che devo chiederle".

"Certamente!"

"Nessuno deve sapere di questa conversazione, soprattutto della gravità di questa cosa. Nessuno, in primis la mia fidanzata, dovrà sapere che c'è questo rischio..."

"Edoardo, io per il segreto professionale, non sono tenuto a riferirlo se tu non vuoi. Ma penso che la persona che ti ama abbia il diritto di sapere..."

"Ha il diritto di saperlo ma non voglio che lo sappia. Ha passato due anni d'inferno mentre io ero immobile in quel letto, non voglio che passi il resto della nostra vita insieme, con il terrore di dovermi perdere da un momento all'altro. Per quanto potrò, voglio solo regalarle serenità, felicità, amore. Nient'altro."

Il medico sospirò e subito dopo annuì con un cenno del capo.

"Come vuoi" aggiunse.

Quindi mi fece portare fuori, sulla sedia a rotelle, aiutato all'infermiera.

Ad accogliermi trovai gli occhi di Sofia, le braccia di Alberto ed il volto di mia madre. Nessuno avrebbe dovuto sapere la verità. Per quanto avrei potuto, avrei risparmiato loro altro dolore.

21_Settembre_2018
Edoardo Pov

Erano giorni che avevo un terribile mal di testa. Con la scusa di un cliente, mi recai in clinica e parlai con il dottore. Mi fece subito fare altri accertamenti e mi diede alcuni farmaci. Ma la situazione non sembrò cambiata.

"Edoardo, dai nostri esami non risultano cambiamenti, ma devo pensare che, comunque, quel rischio di cui ben sai, potrebbe aumentare...mi dispiace..." rispose avvilito "Ti darò nuovi farmaci e spero davvero possano aiutarti..."

"Ok..." mormorai solamente.

Non ero pronto. In questi anni, in cui la vita mi aveva solo dato il meglio di sé, al fianco di Sofia, avevo persino dimenticato quella sorte avversa. Non ero pronto a lasciare la mia vita, a lasciare Sofia, probabilmente non lo sarei mai stato. Avrei dovuto pregare che quel giorno non arrivasse mai.

Però quello stesso pomeriggio andai dal notaio. Volevo che qualunque cosa fosse successa o meno, fosse tutto al posto giusto.

24_Novembre_2018
Sofia Pov

Di nuovo.
Il destino si accaniva di nuovo.
Mi mostrava, ancora, la sua faccia più spietata. Ancora una volta mi portava via l'amore della mia vita. Prima lo aveva fatto con Gioia, poi, con Edoardo ci aveva provato con quell'incidente e quel coma, non riuscendoci. Ma questa volta era diverso. Lo avevo portato via davvero.

Assenza.
Privazione.
Mancanza.
Vuoto.

Nessuna di queste parole avrebbe potuto rendere l'idea.
L'idea di colui che avevo perso per sempre.

Erano tutti qui a casa nostra dopo il funerale. Io mi ero chiusa in camera. Avevo passato tutta la funzione in uno stato di trance: non avevo sentito nemmeno una parola di ciò che il prete, le persone intorno, i nostri amici, avevano detto; avevo avuto lo sguardo fisso su quella bara di legno chiaro,  per volere mio, completamente coperta da tulipani bianchi; mentre le lacrime ormai scendevano sole, da ore, senza che me ne accorgessi, come se qualcuno avesse lasciato aperto un rubinetto. Poi, durante la tumulazione, non appena stavano per iniziare, ero scappata fuori dal cimitero e avevo dato di stomaco. Nali e Tata mi erano venute dietro ed erano state con me per tutto il tempo finché non si era fatto buio ed eravamo andati a casa. E da quel momento avevo chiesto di essere lasciata sola, in quella grande stanza, seduta sul nostro letto che tantissime volte aveva visto il nostro amore.

Ad un certo punto, Nali aveva bussato ed era entrata.

"Molti stanno andando via, vorrebbero vederti..."

"Chiedi scusa a tutti...non ce la faccio..."

Quindi era uscita e poco dopo era tornata e si era inginocchiata davanti a me.

"Stasera io e Tata restiamo qui con te..."

Ma io non risposi,dissi soltanto:

"Si può vivere senza un braccio, una gamba, un rene...ma senza il cuore non puoi vivere...a mancare è la tua stessa vita..."

"Tesoro..." mormorò con gli occhi lucidi.

"Non c'è bisogno che restiate qui..."

"Invece sì...hai continuato a piangere muta, ma hai bisogno di sfogarti, di urlare...e noi saremo qui...non puoi restare da sola..."

"Avete paura che mi butti dal terrazzo?!"
risposi con un ghigno e vidi Nali abbassare lo sguardo.

"Non lo farei mai, non sarebbe quello che vorrebbe lui. Ha sempre detto di amarmi per la mia forza, la mia tenacia; voglio essere così, ancora, solo per lui..." aggiunsi.

"Aveva ragione..."

"Sempre..."

"Sofia, c'è un'altra cosa...Alberto mi ha chiesto se può entrare, vorrebbe vederti..."

"Va bene..."

Lei fece un piccolo sorriso ed uscì. Alberto bussò e quando risposi entrò.

Lo sguardo stravolto, probabilmente lo stesso che avevo io. Avanzò e si sedette al mio fianco. Le mani sulle ginocchia, gli occhi in avanti, persi nel nulla.

"Se ne è andato davvero...ancora non ci credo..." biascicò "...non ci sono parole...resterò qualche giorno per aiutarti con lo studio...con la burocrazia..."

"Grazie..." sussurrai e mi girai a guardarlo. Lui fece lo stesso e i nostri occhi gonfi di lacrime si incrociarono, le nostre anime lacerate si riconobbero. In quell'istante qualcuno bussò. Alla mia risposta, una ragazza mora, dai lunghi capelli mossi, si affacciò alla porta dicendo:

"Scusate...Alberto, possiamo andare?..."

"Dammi due minuti e arrivo..."

Lei annuì e richiuse la porta.

"È lei Viviana? La ragazza con cui convivi?" domandai.

"Sì...te lo aveva detto Edoardo?"

"Sì...è molto bella...sono felice per te..." dissi sinceramente.

"Grazie. Adesso vado, ti chiamo domani, cerca di riposare almeno un po'..." concluse lui.

"Ciao..." risposi e lui si alzò, mi accarezzò la testa ed uscì.

Amami come Mai © #Wattys 2020Where stories live. Discover now