Capitolo 3

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«È tutta colpa mia»
Felix continua a camminare avanti e indietro, nervosamente.

«Felix, calmati!»

«Non sto calmo Wen!» mi urla contro.

«Si può sapere che ti prende?» grido a mia volta.
Il suo sguardo scatta velocemente verso di me, e mi guarda rabbioso.

Si avvicina velocemente e mi prende per le spalle.

«Cosa mi prende Wendy? Vuoi davvero sapere cosa mi prende?» dice scuotendomi. Rimango immobile guardandolo negli occhi, non sapendo cosa dire.

Poi mi lascia e si allontana, continuando a farfugliare parole incomprensibili.

«Felix...» provo a chiamarlo.
Ma non mi ascolta.
Si siede su una roccia, mettendosi le mani tra i  capelli.

«Mi dispiace tanto Wen»
La sua voce sembra così...triste. Non capisco quest'improvviso cambio d'umore, mi sta confondendo in una maniera che non so spiegare, e non sapere cosa succede mi manda in bestia!

Mi avvicino lentamente e mi siedo accanto a lui.
Butto la testa all'indietro e osservo il cielo.

«Qual è il problema Felix?»
Si gira verso di me.
«Non lo capisco, davvero.»

Una piccola bugia non guasta mai.
Capisco bene il problema. Sono su un'isola deserta, piena di bambini governati da un sociopatico che vuole farmi chissà cosa.

«Oh, Wen...»
Torna a guardare il pavimento, scuotendo la testa.

Nessuno dei due parla più.
Rimaniamo in silenzio ad ascoltare il rumore del vento.

È tutto così familiare, proprio come la prima volta che ci siamo incontrati.
Avevo 12 anni, e mia madre aveva avuto il primo attacco. Mi aveva picchiata per la prima volta.
Io corsi via, il più lontano possibile.
Andai nel bosco, mi misi sotto un albero a piangere, e lui venne da me. A quel tempo credevo di aver finalmente trovato un amico.

Continuammo a vederci, sempre nello stesso punto, e ci sdraiavamo sulle foglie e guardare il cielo, chiusi nel silenzio, come piaceva a me.

Ogni volta che mia madre beveva, andavo lì, e lui c'era sempre.

Dopodiché, smisi di andarci. Semplicemente mi abituai alle sfuriate di mia madre, non potevo lasciare Bill da solo con lei. Chissà cosa avrebbe fatto ad un bambino di appena 2 anni in quelle condizioni.

Sono passati 5 anni, eppure ancora riesce a calmarmi come prima.

«Non posso più aiutarti» sussurra rompendo il silenzio.

Mi giro a guardarlo.

Aiutarmi?

«Non posso fare più niente, ora che sei qui non...non posso»

«Che intendi?»mi alzo in piedi e mi metto davanti a lui.

Cerca in tutti i modi di evitare il mio sguardo.

«Scusami Wen. Ma non posso fare niente»sospira rumorosamente.

«Non so perché abbia voluto portarti qui. Non so cos'abbia visto in te»
Il suo tono triste mi preoccupa.

«Ma dovrai restare qui» afferma con tono deciso.

«Cosa?» mormoro.
«Oh no! Io non ci resto qui. Devo tornare a casa, devo tornare da Bill!»

Ed è proprio qui che mi rendo conto che anche se non fossi finita in questo stranissimo posto e fossi andata lontano a vivere la mia nuova vita, avrei commesso un enorme sbaglio. Perché adesso, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare, era l'incolumità di mio fratello.

Run, Wendy || COMPLETAWhere stories live. Discover now