Capitolo 41

1.2K 69 0
                                    

Cammino spedita verso Kensington Gardens, dovendo socchiudere gli occhi a causa del gelido vento dell'inverno. I capelli mi vanno sul viso, portandomi a levare le mani dalle tasche per sistemarli. Le dita sono così fredde che non riesco più ad averne la percezione, così come la punta del naso e le guance, che devono essere sicuramente arrossati dal freddo.
Prima avrei dato qualunque cose pur di provare di nuovo queste sensazioni apparentemente spiacevoli, ma che mi facevano sentire bene. Ora invece non riesco a pensare ad altro se non al sole soffocante, al vento afoso dell'isola e alla sensazione del piacevole calore sulla mia pelle.
Mi passo una mano gelida sul viso, cercando di non pensare più a quel maledetto posto.
Eppure la mia mente continua ad immaginare la fastidiosa sensazione della salsedine sulla pelle e l'acqua cristallina del mare, facendomi bramare anche il minimo contatto con il sole.
Mi stringo nelle spalle, ignorando i capelli che si sono posati nuovamente sul mio viso non avendo voglia di tirare di nuovo le mani ghiacciate fuori dalle tasche.

Compio gli ultimi passi prima di entrare nel parco, stranamente poco affollato. Sarà per il brutto tempo di oggi, sfido chiunque ad uscire per passare una giornata al parco quando c'è questo vento gelido e fastidioso.

Mi guardo intorno cercando di scorgere Pan, ma per ora non rientra nel mio campo visivo.
Mi sistemo su una delle panchine vuote, portando le gambe al petto e stringendole con le braccia. Appoggio il mento sulle ginocchia e chiudo gli occhi cercando di pensare che dopotutto il freddo non è così male, che si sta bene qui fuori. Ma, ancora una volta, i brividi che percorrono il mio corpo mi ricordano che non è così.

Sento un lieve movimento scuotermi dai miei pensieri. La panchina si abbassa sotto di me, avvertendomi della presenza di qualcun altro al mio fianco.

«Stai congelando» la voce rauca del signore mi porta ad alzare lo sguardo verso di lui.
Gli occhiali leggermente appannati a causa del freddo, il solito giornale accartocciato e gli stessi vestiti consumati del giorno prima.

«Sto bene» rispondo secca, portando nuovamente lo sguardo davanti a me.
Il suo respiro pesante interrotto ogni tanto da qualche colpo di tosse è l'unico suono che riempie i minuti che seguono.
Sento il suo sguardo insistente su di me, ma non ne comprendo a pieno il motivo.

«Non sembri stare bene, ragazzina» aggiunge con un sopracciglio alzato notando gli scossoni del mio corpo provocati dai brividi di freddo.
Mi limito ad ignorarlo.
Dopo un po' di silenzio deve aver capito che non riceverà una risposta, e lo sento sbuffare.

Muovo un po' le gambe che si sono addormentate a causa della posizione poco comoda. Strofino le mani sui pantaloni con il tentativo di scaldarle sulla leggera stoffa, ma con scarsi risultati. La carnagione tremendamente pallida delle mie dita sta iniziando a prendere un colore violaceo dato dalla pessima circolazione. Anche le mie labbra screpolate devono aver preso un colorito più scuro. Mi poso i palmi delle mani sulle guance, provando a scaldarle con il poco calore che ancora passa per il mio viso.

Sobbalzo leggermente quando qualcosa mi tocca improvvisamente la gamba. Sembra un batuffolo nero di un materiale economico, semplice e leggero. Solo quando mi decido a prenderlo tra le dita mi rendo conto che in realtà sono un paio di guanti.

Mi giro verso l'uomo tenendo ancora stretta quella soffice stoffa. Mi osserva senza battere ciglio, non sembra aspettarsi un ringraziamento o niente di simile.

«Avevo una figlia più o meno della tua età, non posso vederti morire di freddo. Non sono molto, ma...»

Tengo per un po' il mio sguardo neutro sul suo viso colpito ormai dalla vecchiaia e dalla stanchezza. Mi soffermo più del dovuto sulla parola 'avevo', ma decido di non fare domande che potrebbero non essere gradite.
Però un po' mi sorprendo di quanto questo piccolo gesto mi abbia colpita. Agli occhi degli altri potrebbe sembrare un inutile e superficiale, ma per me questo paio di guanti malandati sono un estremo atto di vero altruismo. Non un altruismo montato, uno che ricevi da chi ha tutto, da chi non pensa veramente alla persona che sta aiutando ma solo a risaltare la propria immagine. È un atto compiuto da qualcuno che non ha nulla, eppure trova ancora qualcosa da offrirti.

Run, Wendy || COMPLETAWhere stories live. Discover now