Capitolo 11

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Non riuscii a dormire, quella notte.

Mi addormentavo e dopo poco mi svegliavo bruscamente a causa di qualche brutto incubo.

Tutti i ricordi di molti anni fa sono tornati nella mia mente, a tormentarmi. Posso sentire la stessa sensazione, la paura, il rimorso. Tutto scaturito da una sguardo, che mi ricordava tremendamente il suo. Gli occhi crudeli, che diventano vulnerabili mentre la loro vita si spegne.

È davvero questo che sono?

Mi ero ripromessa che avrei dimenticato.
Che mi sarei finalmente convinta che magari non era colpa mia.
Che se lo meritavano.
Che non avevo altra scelta.

Ma come posso dimenticare.
Io ho preso le loro vite, e le ho fatte mie.

Mi rannicchio ancora più su me stessa, all'angolino della mia tenda, aspettando che sorga il sole.
L'unica cosa che desidero in questo momento è rimanere per sempre qui dentro, non dovendo incontrare e parlare con nessuno.
Ma so che non uscendo, desterei sospetti, e verrebbero subito a chiamarmi.

Mi faccio forza e mi alzo, dovendomi appoggiare al tavolino a causa delle gambe che tremano. Arrivo a fatica sull'uscio, godendomi la brezza mattutina non appena metto la testa fuori dalla tenda.

Oggi il cielo è stranamente annuvolato, impedendomi di vedere il sole.

Trascino i piedi fino al punto d'incontro mattutino, completamente priva di energie.
Sento le braccia pesanti mentre cammino, lo sguardo basso e le ginocchia che tremano.
Cerco di ricompormi, per non far notare niente agli altri.

Quando arrivo faccio un cenno di saluto a Devin, che sembra l'unico ad avermi notata. Risponde con un sorriso tirato, per poi tornare a guardare altrove.

Mi siedo il più lontana possibile, afferrando distrattamente una tazza d'acqua.

Sono talmente immersa nei miei pensieri che non mi rendo nemmeno conto dell'arrivo di Pan.

«Qualcuno non ha dormito bene» mi schernisce posizionandosi accanto a me, mentre al mio cuore manca un battito alla sua vista.

Alzo le sopracciglia in risposta, tornando a guardare davanti a me.

«Sei stato via molto...»

«Si, questioni...di lavoro» dice facendomi un occhiolino.
Alzo gli occhi al cielo in risposta.

Ripenso alle parole di Tom. Il suo "posto bello" c'entra con il suo "lavoro"?

Non sono affari che mi riguardano, quindi decido di non pormi più domande.

«Capisco» liquido il discorso, sperando che la conversazione cessi.
Non ho proprio voglia di parlare, stamattina.

Come al solito.

Segue un lungo silenzio, nel quale posso percepire lo sguardo di Pan bruciarmi sulla pelle, mentre io continuo a guardare il cielo, sperando che si stufi e mi lasci in pace.

«Non credi sia ora di iniziare con il tuo compito?» esordisce ad un tratto.

«Il mio...» il mio sguardo vaga confuso verso di lui per un attimo, prima di rendermene conto.

Avevo completamente eclissato il pensiero del compito che avrei dovuto svolgere qui.

«Già...a proposito di quello» dico, fallendo miseramente nel tentativo di nascondere il mio nervosismo.

«Non credi che potresti trovare qualcos'altro?»osservo il suo volto che si acciglia all'udire delle mie parole.

«Perché dovrei? Sei brava con l'arco» risponde come se fosse la domanda più insensata del mondo, prendendo un sorso dal suo bicchiere.

Run, Wendy || COMPLETAWhere stories live. Discover now