Capitolo 12

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«Sei stata davvero una stupida» sussurra Felix dall'altra parte delle sbarre, cercando di non farsi notare da nessuno.

Già. Pan mi ha chiuso in una gabbia.

«Non ho resistito! Era troppo...troppo...» mi concentro per trovare una parola che lo possa descrivere, ma non mi viene niente.

Felix chiude gli occhi e prende un respiro profondo.

«Cosa devo fare con te» dice più a se stesso che a me, scuotendo la testa.

«Mi farà uscire?»

«Non lo so»

«Ha intenzione di tenermi qui per sempre?»

«Non lo so»

«Quante persone ha chiuso qui dentro?»

«Non lo so , Wendy, diamine!» sbotta con un tono di voce un po' troppo alto, tanto che alcuni sperduti si girano a guardarci. Lui gli fa un cenno col capo, guardandoli male, e loro tornano subito a fare quello che stavano facendo.

«Cosa vuole farmi?» chiedo dopo un lungo sospiro.

«Nessuno sa cosa passa per la testa di Pan, nemmeno io»

Veniamo distratti da delle grida.

Pan tiene per un braccio un ragazzo a me sconosciuto, che sembra terrorizzato.
Lo spinge più avanti con forza, facendolo cadere a terra.

Tutti gli sperduti, compreso Felix, tirano fuori le loro armi e si avvicinano a lui, puntandogliele contro.

«Cosa volete da me?» il ragazzo grida guardandosi in torno, spaventato.

«Tranquillo, Mice. Non ti faremo del male» interviene Pan, avvicinandosi a lui.

«Non ti faremo del male se...non mi disubbidirai» si gira verso di me dopo aver pronunciato questa frase, per poi ghignare, divertito dalla mia posizione impotente.

Colpita e affondata.

«Io non voglio stare qui. Voglio tornare a casa!»

«Sono desolato, moccioso. Nessuno se ne va dall'isola che non c'è»

Un colpo al cuore. Non so se l'ha detto solo per mortificare il ragazzo, ma questa sua affermazione mi disturba lo stesso. Perché nel profondo, sto prendendo la consapevolezza che potrei rimare qui per sempre.
E fa male.
Sapere di non poter più rivedere mio fratello, o Lay, o...si, anche mia madre.

«Mettetelo nella gabbia» ordina a due sperduti, che nonostante le preghiere e gli insulti del ragazzo, lo buttano letteralmente all'interno della 'prigione'.

«Tiratelo su»

La sua gabbia viene tirata su da delle corde, lasciandolo sospeso a diversi metri dal suolo.

Chiudo gli occhi, infastidita dal pianto e dalle grida del ragazzino.

«Pan, tiriamo su anche lei?»

Sposta lo sguardo severo su di me, avvicinandosi con decisione, per poi inginocchiarsi davanti la mia gabbia.

«Non ancora. Devo fare una piccola chiacchierata con questa prigioniera» marca l'ultima parola, sottolineando il fatto che io non sia più considerata una sperduta.

Pan fa un cenno ai ragazzi, che ci lasciano da soli.

«Si sta bene lì dentro?» domanda alzandosi in piedi e afferrando una mela da un albero.

Lo ignoro, appoggiando la schiena sulle sbarre di legno e osservando ogni suo movimento.
Continua a giocare con il frutto, lanciandolo in aria e riprendendolo al volo, mentre cammina avanti e indietro.

Run, Wendy || COMPLETAWhere stories live. Discover now