Capitolo 18

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Le sue ultime parole mi rimbombano nella testa da almeno due ore.

«Diamine» sussurro, rannicchiandomi ancora di più su me stessa.

Gli altri sperduti mangiano e si divertono come ogni sera, e Henry sembra trovarsi molto bene. Non ha fatto altro che sorridere, e Pan gli sta appiccicato come una cozza, come se potesse scappargli da un momento all'altro.

Io come sempre sono nel mio angolino, a guardare tutto in silenzio. Pan non ha più tirato fuori il discorso caccia e non potrei esserne più felice, anche se nel profondo so che non si arrenderà così facilmente.

Il pensiero che possa avermi scoperto mi sta torturando, ma più ci penso più mi sembra impossibile dato che quello che sto "tramando" non è chiaro neanche a me.
Forse sa della libreria, ma non capisco come sia possibile. Sono più che certa che Tom non abbia aperto bocca, ma anche se fosse non sarebbe un'informazione così importante. Potrei anche essere andata li per curiosità, non avrebbe motivo di sospettare nulla.

Eppure vederlo lì a ridere e scherzare con quel ragazzino mi procura un senso di rabbia esagerato.
Forse perché vederlo felice, anche se so che sta palesemente fingendo, mi sembra ingiusto. Lui non può essere felice dopo le cose che ha fatto, non ne ha il diritto. Non ha il diritto di sorridere come un qualsiasi altro ragazzo, di stare in pace con se stesso, di vivere la sua vita senza alcun rimorso.

Quasi sussulto quando mi rendo conto di aver spezzato in due il ramoscello che tengo in mano.
Basta così. Non devo perdere il controllo, e so benissimo che questo è il suo obbiettivo. Non posso lasciarlo vincere, non questa volta.

Henry posa lo sguardo su di me, osservandomi leggermente preoccupato. Si alza e viene a sedersi alla mia destra, dopo avermi chiesto il permesso.

«Perché stai qui da sola?» mi chiede gentilmente.

«Volevo solo...pensare un po'» gli rispondo buttando la testa all'indietro per osservare il cielo.

Rimaniamo in silenzio per qualche istante, nel quale posso percepire lo sguardo di Pan bruciarmi sulla pelle, cosa che fa sorgere un leggero sorriso di soddisfazione sul mio volto.

«Voglio portarti in un posto» dico alzandomi e porgendogli una mano per aiutarlo.
Si sgrulla la terra e le foglie dai vestiti per poi guardarmi curioso.

«È un posto molto speciale per me» annuisce, sorridendomi.

Prima di lasciare definitivamente il bosco volgo un'ultima volta lo sguardo verso Pan che ci osserva intensamente, rivolgendomi uno sguardo di fuoco.
Dovrei cogliere il suo avvertimento, più una minaccia direi, e lasciar perdere. So che qualsiasi cosa faccia non la lascerà impunita, so che rischio più di qualche ferita.
Ma c'è qualcosa dentro di me che mi spinge ad andare avanti, ad affrontarlo.
E la cosa che mi preoccupa di più è che in questo momento dentro di me non percepisco neanche l'ombra della paura.



Conduco Henry sulla spiaggia e ci sediamo su uno scoglio.
Osservo le stelle nel cielo che stasera sembrano essere più luminose del solito.

«Ti manca la tua famiglia?» mi chiede.
Rimango in silenzio per un attimo, non sapendo bene cosa rispondere.

Mi mancano? Certo che sì.
Tornerei da loro? Assolutamente no.

Sono uscita da quella casa con l'intenzione di non metterci più piede e il mio pensiero non è cambiato. Bill mi manca, moltissimo, ma non posso dire lo stesso di mia madre. Di lei mi manca l'altro volto, quello dolce e gentile che mi mostrava quando ero piccola. Mi manca la donna che mi rimboccava le coperte prima di andare a dormire, che mi cucinava il mio dolce preferito quando ero triste, che mi aiutava a calmarmi quando ero arrabbiata e accoglieva papà con il sorriso quando tornava a casa.
Lo straccio che è rimasto di lei, non mi manca per niente.

Run, Wendy || COMPLETAWhere stories live. Discover now