Capitolo 26 - Parte 2

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Ariadne

Passare del tempo con Lord Munroe fu inaspettatamente piacevole e, per qualche ora, distolse la mia mente dall'unico pensiero fisso che la occupava da giorni: Erion.

Dovevo smetterla di rimuginare su ciò che era accaduto, concentrarmi sul futuro e impegnarmi per essere la migliore dama di compagnia che Theodora potesse desiderare.

Il Re e Theodora erano partiti per trascorrere un paio di giorni da soli, nella tenuta di campagna. Una sorta di piccolo viaggio di nozze improvvisato, visto che non avevano potuto farne uno vero  proprio a causa della delicata situazione in cui verteva il regno. A dirla tutta, Thea nemmeno si era aspettata di potersi muovere dal palazzo, ma Lachlan aveva messo tutto da parte per poter trascorrere del tempo con la sua sposa, prima di rimettersi al lavoro.

Era un marito devoto e amava Theodora moltissimo. Non avrei potuto desiderare un'unione migliore per la mia amica.

Sorrisi, camminando lungo i corridoi che portavano alla sartoria; dovevo ritirare alcune camicie da notte e un nuovo mantello per la Regina e assicurarmi che fossero perfetti prima del suo ritorno.

Quando passai davanti alla doppia porta che dava sul salottino delle dame di compagnia, un movimento attirò la mia attenzione, spingendomi a voltare il capo verso l'interno della stanza.

Lady Maire, elegantissima nel suo abito color corallo, stava uscendo dal salottino e si bloccò appena in tempo prima di venirmi a sbattere addosso.

Non avevo più parlato con lei dopo quella notte alla tenuta di campagna, in realtà, speravo di non doverla vedere mai più e, per qualche tempo dopo quell'episodio, avevo creduto che sarebbe stato così. Theodora mi aveva detto che era tornata dalla sua famiglia per alcuni affari, ma sospettavo che si fosse allontanata dalla corte per ciò che aveva fatto.

La responsabile della mia aggressione, invece, era sparita dopo la morte del Re. Volatilizzata. Nessuno aveva notizie di Lady Janet e nemmeno le altre dame sapevano dire dove fosse finita. O forse, semplicemente non volevano.

Magari aveva fatto una brutta fine proprio per mano del Re, chissà. Non mi riusciva difficile immaginare che il sovrano se ne fosse voluto sbarazzare dopo averla usata per i suoi scopi. In tutta onestà, non provavo alcuna empatia nei suoi confronti.

«Buongiorno.»

Guardai Maire negli occhi e le feci un leggero cenno del capo, decisa a continuare il mio percorso senza intrattenermi con lei più del necessario.

Lei sembrò dello stesso avviso, perché non aggiunse altro mentre la superavo e proseguivo lungo il corridoio. Per alcuni secondi si udì solo il rumore dei miei tacchi sul marmo; avevo quasi raggiunto le scale, quando altri passi risuonarono sulle pareti, con un ritmo cadenzato.

«Ariadne, aspettate!»

Mi bloccai, senza voltarmi. Maire. Cosa diavolo voleva, ancora?

Mi raggiunse e, ignorando la mia postura rigida, mi affiancò, cercando il mio viso. «Possiamo parlare un istante?»

Le concessi un'occhiata penetrante. «Come l'ultima volta?»

Anche se non era stata mia intenzione, quella domanda uscì come un'accusa.

«Sono desolata per ciò che è accaduto.»

Mi voltai verso di lei con tutto il corpo. «Desolata? Davvero?»

Lei tentennò. «Sì, naturalmente.»

«Allora è tutto risolto.» Feci per proseguire, ma lei mi fermò di nuovo.

«Per favore, lasciatemi spiegare.»

«Perché? Cosa ve ne importa di cosa penso o cosa sento? Volete scaricarvi la coscienza? Be' mi rincresce, ma non sarò io ad aiutarvi nell'impresa.»

«Non volevo che vi fosse fatto del male!» esclamò, avvampando. Si guardò intorno, mortificata, poi mi prese per un gomito e mi trascinò in un corridoio laterale. «Credevo di aiutarvi.»

«Aiutarmi?» sbottai incredula. «E in che modo, di grazia, quello che mi ha fatto Lady Janet avrebbe potuto aiutarmi?»

«Lui avrebbe saputo che non eravate più intatta e vi avrebbe lasciata stare» sibilò concitata.

Ogni intenzione di ribattere si infranse contro le mie labbra serrate. Ero impietrita e confusa. Scioccata, più che altro.

Lui.

Parlava del Re? Come faceva a sapere del Re?

«Non ha funzionato» mi sentii dire. Non avevo idea del perché le stessi parlando, eppure le parole uscirono fuori spontaneamente, quasi come acque di un fiume che sgorgano placide fino alla foce. «Io ero intatta.»

Maire si portò una mano alla bocca, scioccata. «Credevo... io pensavo che voi e il Principe...»

Distolsi lo sguardo, cercando di non far fuoriuscire le emozioni che il solo pensiero di Erion mi suscitava.

«Non c'era nulla tra noi.»

La mia interlocutrice lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e si abbandonò a un sospiro che sapeva di sconfitta. «Non avrei mai voluto che foste costretta a vedere il labirinto. Di notte.»

Di nuovo, le sue parole mi lasciarono interdetta.

«V-voi... Lui ha...»

«Nessuno si è preoccupato di correre in mio soccorso, Ariadne. Speravo di poter cambiare le cose, almeno per voi.»

Senza sapere perché, mi sentii in dovere di rassicurarla. «Non mi ha avuta» dissi rapida, portandomi una mano al petto. Dovevo calibrare le parole con attenzione, perché nessuno doveva sapere nulla di ciò che era accaduto nel labirinto la sera in cui il Re era morto. «Ne ho parlato con Lady Theodora e lei mi è rimasta accanto tutto il tempo. Poi... c'è stato l'incidente nel labirinto.»

Maire mi scrutò con occhi indagatori. Era evidente che stesse elaborando le informazioni e decidendo se crederci o meno. «Che fortuita coincidenza» commentò, attenta. Sollevò la gonna dell'abito e fece un passo verso l'imbocco del corridoio. «Sono lieta che stiate bene.»

Non aggiunse altro, mi diede le spalle e si avviò verso il salottino. Rimasi a fissarla finché non sparì oltre la porta e impiegai qualche minuto per ricordarmi dove fossi diretta prima di quell'incontro.

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now