Capitolo 3

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Ariadne

Mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Costretta in un luogo che non mi apparteneva, con un sorriso finto sul viso, mi osservavo intorno agonizzante, anelando alla pace e alla sicurezza della mia stanza.

Volsi lo sguardo verso Theodora e la trovai a sorridere garbata ad alcuni Lord, mano nella mano con il principe Lachlan.

Ma cosa diamine ci facevo lì? Perché mi ero lasciata convincere?

Mi portai le mani alla vita e incrociai le dita sul ventre, simulando un sorriso ogni qualvolta qualcuno mi passava accanto. Il vestito mi sembrava una prigione che non lasciava scampo. Il corpetto stringeva sul petto, comprimendomi i polmoni e rendendomi difficile respirare, sentivo caldo, la sensazione del tessuto sulla pelle era sgradevole e fastidiosa. Forse ero in preda a un attacco d'ansia.

Mi spostai verso una delle portefinestre semiaperte che lasciavano entrare l'aria fresca della sera, per cercare un po' di sollievo da quel senso di oppressione.

«Vi sentite bene?»

Una voce calda e graffiata mi fece sussultare, sorprendendomi alle spalle.

Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con il ragazzo dagli occhi e dai capelli scuri che avevo visto quella mattina al nostro arrivo. Theodora mi aveva detto che era il fratello di Lachlan.

Cercai di assumere un'espressione cortese e annuii. «Sono solo un po' accaldata.»

Lui inclinò la testa di lato e appoggiò la mano destra a una delle colonne che delimitavano il perimetro della terrazza panoramica. «Troppe danze?»

Abbassai lo sguardo, sperando di scoraggiare qualunque proseguo di quella conversazione. «Non direi.»

Lui si avvicinò di un passo e si sporse verso di me. Le sue labbra erano a un centimetro dal mio orecchio quando disse: «Forse tutto questo è troppo per una domestica?»

Mi irrigidii e indietreggiai. Guardai quel ragazzo negli occhi, sperando che si affrettasse a chiedermi scusa per quella mancanza di rispetto, ma la sua espressione tradiva solo una massiccia dose di divertimento. Cosa dovevo aspettarmi? In fondo, ero una domestica, punto.

«Se siete venuto per umiliarmi, non occorre, riesco benissimo da sola. Vogliate scusarmi.»

Feci per voltarmi e allontanarmi da lui, ma qualcosa mi bloccò il gomito. Girai il capo e trovai di nuovo il suo viso a un soffio dal mio.

«Veramente sono venuto per invitarvi a ballare.»

«Come?»

«A ballare. Sapete quella cosa che si fa con la musica, in una sala da ballo...» mi prese in giro.

Mi spazientii. «So cosa significa ballare.»

«Meraviglioso! Andiamo, allora.»

«N-no, io...»

Non voglio ballare con te, razza di cafone!

Avrei voluto urlargli in faccia queste esatte parole, tuttavia dubitavo che la gente attorno a me avrebbe ritenuto appropriato un comportamento simile, specie visto che quel tizio era il figlio del Re. Mi stampai un sorriso cortese in faccia e liberai il braccio dalla sua presa.

«Non vorrei rubarvi tempo prezioso. Sono sicura che ci sono molte altre dame che vorrebbero godere del piacere della vostra compagnia.»

«Indubbiamente», replicò tranquillo.

Pensai che mi avrebbe lasciata in pace, invece lui sembrava non cogliere il mio sottile rifiuto. Mi prese per mano e mi trascinò sulla pista, in mezzo alle altre coppie che danzavano. Ne rimasi così sorpresa che inciampai sull'orlo dell'abito e mi sbilanciai in avanti, finendo per scontrarmi con il Principe.

La Fiamma di BellarisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora