Capitolo 5

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Questa settimana abbiamo un capitolo un po' più corposo, spero vi piaccia.
Buona lettura!
Melissa

Ariadne

La sera dopo ero nella mia stanza e mi stavo preparando per andare a letto, quando qualcuno bussò alla porta. Convinta che fosse Theodora e che avesse bisogno di qualcosa, aprii senza nemmeno chiedere chi fosse.
Non era Theodora. Era un tizio in livrea che aveva tanto l'aria di un valletto e che mi osservava con espressione arcigna.

«S-sì?»

«Il Principe richiede la sua presenza.»

Il Principe chi?

«Adesso?»

«Adesso. Mi segua, per favore.»

D'accordo, che diavolo dovevo fare? Nessuno mi aveva insegnato come ci si comporta in una situazione del genere, ma non ero sicura di poter chiudere la porta in faccia a quel tipo e andare a letto come se niente fosse.

«Stavo andando a dormire...» tentai.

«Il Principe richiede la sua presenza», ripeté lui, impaziente.

Presi un profondo respiro, cercando di mantenere la calma. Se il Principe mi voleva vedere a quell'ora, di sicuro non era per fare quattro chiacchiere. Non sapevo molto sulle usanze della corte, ma non ero così ingenua da non sapere cosa volesse dire quel tipo di invito. O magari era il Principe Lachlan che voleva parlarmi di Theodora? Forse voleva organizzarle una sorpresa e, per non farsi scoprire, mi aveva mandata a chiamare di sera.

Cercai di convincermi che quella seconda ipotesi fosse quella esatta mentre mi infilavo le scarpe e una vestaglia e seguivo il valletto nel corridoio buio, chiudendomi la porta della camera alle spalle.

Dopo aver percorso il lungo corridoio, attraversammo un salottino riccamente arredato, per raggiungere poi una scalinata che saliva al piano superiore.

Il percorso mi sembrò quasi infinito e quando, alla fine, il valletto si fermò davanti a una porta di legno a due battenti finemente lavorata, sentii un brivido corrermi giù per la schiena.

Lui bussò e una voce all'interno della stanza pronunciò un pigro «avanti» che mi fece drizzare i peli sulla nuca. Non era la voce di Lachlan.

Il servitore aprì la porta e mi invitò a entrare.

Lo guardai, nel panico, sperando che mi seguisse, che restasse con me, che non mi lasciasse sola nella tana del lupo. Lui, invece, mi sospinse con delicatezza e poi chiuse la porta con un tonfo che sancì la mia condanna definitiva.

Restai a fissare la porta, immobile, fingendo di non esistere, rifiutandomi di voltarmi per vedere cosa mi aspettasse alle mie spalle. Avrei voluto trovarmi in qualunque altro posto al mondo, ma non lì, non con lui.

«Avete freddo?»

La voce di Erion mi percosse come il colpo di un tamburo, facendomi sobbalzare.

«N-no.»

«State tremando.»

Continuavo a guardare con ostinazione la porta, sperando che si aprisse, che qualcuno venisse a salvarmi da quel viaggio senza ritorno.

Quando sentii qualcosa avvolgermi le spalle sussultai in modo così violento che incespicai all'indietro, ritrovandomi con la schiena contro qualcosa di caldo.

No, non era qualcosa.

«Calmatevi, siete tesa come una corda di violino.» Erion mi guardava dall'alto, il petto premuto contro le mie scapole, le mani che mi sorreggevano all'altezza delle braccia e un sorriso sbarazzino sul volto.

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now