Capitolo 15 - Parte 2

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Mi trovarono due guardie poco dopo.

Raccontai loro di essere inciampata e di essermi fatta male a una caviglia, per giustificare il mio aspetto dimesso e il vestito ammucchiato sulle gambe.

Non fecero domande, mi presero in braccio e mi condussero all'interno del casale, dove una preoccupatissima Theodora mi venne incontro tempestandomi di interrogativi.

Ne ascoltai circa la metà, perché gran parte del mio cervello era impegnato a rivivere l'esperienza in giardino un milione di volte di seguito.

Non potevo credere che il Re fosse arrivato a tanto, era quello il suo scopo quando ci aveva concesso quella gita assieme alle altre dame? E Maire? Come aveva potuto tendermi una trappola simile?

«Aria, parlami, che diavolo è accaduto?»

Mi strinsi le braccia al petto e scossi leggermente la testa, rannicchiandomi sul letto.

Theodora mi aveva fatta portare in camera mia immediatamente e aveva fatto chiamare un medico. Non volevo vedere nessuno, però, non avrei permesso ad altri estranei, e potenziali collaboratori del Re, di mettermi le mani addosso.

«Non voglio vedere un dottore, Thea. Sto bene.»

«Non stai bene. Tremi dalla testa ai piedi.»

«Sono solo stanca e infreddolita. Mi serve un bagno caldo e riposo.»

Theodora si alzò subito dal letto e fece per prendermi la mano, io, però mi ritrassi.

«Posso fare da sola», mi affrettai a dire, allontanando la sua mano tesa. «Andate pure, Theodora, davvero.»

Lei mi squadrò con le sopracciglia aggrottate e l'espressione dubbiosa. Naturalmente aveva capito che qualcosa mi turbava, speravo solo che mi desse tregua e non insistesse a domandare, o peggio a stare lì a fissarmi.

La mia mente fu attraversata dall'immagine di diverse paia di occhi che mi osservavano nell'oscurità e la sensazione delle mani fredde e implacabili di Lady Janet mi strisciò lungo la pelle, facendomi singhiozzare.

«Aria?»

«Andate», la pregai.

Thea si morse un labbro, lasciandosi un segno rosso sulla pelle. Non obiettò, però, sollevò il vestito e camminò verso la porta, poi, con un ultimo sguardo nella mia direzione, uscì.

Mi alzai di scatto dal letto e cominciai a slacciare i nastri del corpetto con frenesia. Le mie dita graffiavano la stoffa nel tentativo di strapparla via dal mio corpo.

Avrei bruciato quell'abito, non volevo mai più vederlo.

Finalmente me ne liberai, gettandolo a terra come se fosse avvelenato, e con altrettanta rabbia e frustrazione tolsi anche la sottogonna e la sottoveste. Se avessi potuto mi sarei tolta di dosso anche la pelle stessa, per eliminare ogni residuo del passaggio di Lady Janet e dei suoi scagnozzi.

Barcollai verso il bagno e mi adagiai all'interno dell'elegante tinozza in rame che Theodora aveva fatto riempire di acqua calda non appena le guardie mi avevano riportata alla tenuta.

Per i primi minuti sfregai energicamente ogni lembo di pelle che riuscivo a raggiungere, sperando di lavare via il ricordo e il tocco estraneo che mi si era impresso addosso. Alla fine, la pelle era talmente arrossata che, se avessi insistito ancora, avrei finito con lo scorticarmi.

Come l'avrei spiegato a Theodora, poi?

Mi strinsi le braccia attorno alle gambe e appoggiai la testa sulle ginocchia. I capelli si immergevano nell'acqua, formando un'inquietante corolla rosso sangue attorno al mio corpo pallido. Le cosce tremavano e, in mezzo a esse, provavo un bruciore insistente e fastidioso, che non mi permetteva di dimenticare nemmeno per un secondo ciò che mi avevano fatto quella sera.

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now