Capitolo 19 - Parte 1

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Ariadne

Ero davvero convinta che fossimo spacciate, che la nostra vita sarebbe finita lì, in mezzo a quelle siepi avvolte nel buio della notte.

L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che, nonostante i miei sforzi, avevo finito per trascinare comunque Theodora a fondo con me e per quello non mi sarei mai perdonata.

Con gli occhi chiusi e il corpo di Thea stretto al mio, ero in attesa del colpo letale che, però, sembrava non arrivare mai. Poi, una voce squarciò l'oscurità che si era impadronita di me.

«Non ammazzerete nessuno, padre

Spalancai gli occhi e, quando riconobbi la figura immobile all'imbocco del corridoio di siepi, fui invasa da un'ondata di sollievo così potente da farmi sbilanciare in avanti. Theodora, ancora aggrappata a me, gemette, lasciando libero sfogo alle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Lacrime silenziose che le rigarono le guance, sprofondando nella sua veste da notte.

Il Re si voltò di scatto con un'imprecazione, dandoci le spalle, come se non rappresentassimo la benché minima minaccia per lui.

Lachlan era in piedi, con la schiena dritta e le gambe leggermente divaricate. La sua spada era sollevata in aria e puntava verso suo padre, il suo sguardo furioso saettava tra lui e Theodora, accasciata a terra, con il labbro sanguinante.

«Come avete osato toccarla?» sibilò, facendo un passo avanti.

Il Re lanciò un'occhiata verso di noi e poi scoppiò a ridere. «Non l'avrei fatto se non si fosse messa in mezzo.»

Gli occhi chiari di Lachlan si posarono per un istante su di me e registrarono le mie condizioni pietose: capelli scompigliati, braccia e viso sporchi, il seno quasi del tutto scoperto a causa del corsetto che penzolava da un lato e della sottoveste strappata. Il suo viso si tramutò in pietra e quando tornò a concentrarsi sul padre, la sua voce somigliava al ringhio di un animale selvatico.

«Aveva ragione», disse avanzando ancora, «ha sempre avuto ragione lui.»

«Perché non abbassi quella spada, Lachlan? Sappiamo entrambi che non avresti mai il coraggio di usarla contro di me», sogghignò il Re, sicuro e tranquillo. Non provava nemmeno un pizzico di vergogna per il fatto di essere stato colto in flagrante.

«Forse lui no, ma io sì, padre

Il mio cuore si fermò di colpo quando udii quella voce. La sua voce.

Erion apparve alle spalle di suo fratello, il viso paonazzo. I suoi occhi erano ridotti a due fessure, mentre si avvicinava con passo lento, affiancando Lachlan, con espressione omicida.

«Oh, ma che magnifica sorpresa!» esclamò il Re, facendo un passo indietro. «Il figliol prodigo è tornato!»

«Intendi quello che hai cercato di uccidere?» ringhiò Erion, con uno scatto in avanti. Si bloccò, digrignando i denti e irrigidendosi, mentre si portava una mano sul fianco.

Non riuscivo a smettere di fissarlo, dilaniata dal desiderio di corrergli incontro che cozzava con la paura e il profondo senso di vergogna che mi si agitava dentro.

«A quanto pare non mi sono rivolto alla persona giusta», commentò il Re senza fare una piega. «Dovevo saperlo che Lord Posey non era all'altezza del compito.»

Lachlan sgranò gli occhi e fissò il fratello, impallidendo. «Cosa significa?»

Erion emise una risatina amara. «Non te l'ho detto? Tristen ha cercato di uccidermi per ordine suo.»

«Cosa?!»

Lachlan sembrava sconvolto, almeno quanto lo ero io. Non riuscivo a credere che quello che avevo considerato l'amico più gentile di Erion avesse tentato di assassinarlo. Per cosa poi?

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now