Capitolo 8

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Ariadne

Quella sera, Theodora non mi raggiunse per la cena come al solito.

Pensai che si fosse intrattenuta con il Principe Lachlan, perciò consumai il mio pasto in solitudine, chiusa nella mia stanza. Il silenzio che mi circondava, però, non faceva che stimolare la mia mente a ripercorrere gli eventi della giornata, in particolare la sgradevole sensazione della mano del Re sulla mia pelle e poi quella inaspettata, ma non del tutto negativa, delle labbra del Principe Erion sulle mie.

Verso le otto, una cameriera venne in camera a prendere i resti della cena e io la osservai, ricordando come fino a poco tempo prima fossi occupata in mansioni simili. Magari sembrava ridicolo, ma mi mancavano quei momenti. Nonostante la fatica del lavoro, prima di arrivare a corte era tutto più semplice. Theodora e io eravamo sempre state inseparabili, ma, dal nostro arrivo a Bellaris, le cose erano cambiate. Lei stava quasi sempre in compagnia di Lachlan, giustamente, e io non me la sentivo di stare continuamente tra i piedi. Per come l'avevo trattata quella mattina poi, era probabile che Theodora non volesse più nemmeno parlare con me.

Sospirai sconsolata mentre scioglievo l'acconciatura e liberavo i capelli dalla morsa letale di forcine e nastri. Indossai un abito più comodo e mi recai verso la stanza di Theodora.

Era in ordine, perfettamente rassettata, la brocca della toletta era stata già riempita di acqua cristallina e le salviette pulite erano ripiegate nello scomparto inferiore. Non c'era nulla che potessi fare per ingannare il tempo in attesa che rientrasse, a parte accendere il fuoco per riscaldare un po' la stanza altrimenti fredda.

Mi inginocchiai accanto al focolare e cominciai a disporre la legna, ciocchi più grandi con bastoncini più fini per far prendere vigore alla fiamma. Quando il fuoco iniziò a scoppiettare, mi tirai su dal pavimento e, proprio in quel momento, la porta della stanza si aprì.

Theodora, però, non era sola. Lei e il principe entrarono avvinghiati l'uno all'altra, le bocche premute con forza e le mani di lui che scioglievano i capelli che avevo acconciato io stessa quella mattina. Una vampata di calore mi salì alle guance e mi portai le mani al viso, in imbarazzo. I due si accorsero di me e si separarono di scatto, senza tuttavia interrompere il contatto fisico attraverso le loro mani intrecciate.

«Aria!» esclamò Theodora, con gli occhi che scintillavano. «Cosa ci fai qui?»

«V-vi aspettavo. Per prepararvi per la notte...»

«Non ce n'è bisogno, puoi andare.»

Mi liquidò con così tanta fretta che mi sentii come se mi avesse appena detto che mi detestava. «Scusate.» Abbassai la testa, mortificata, e mi avviai alla porta. Sentivo già gli occhi pizzicare.

«Ariadne, aspetta.»

Theodora mi raggiunse fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Mi studiò per qualche istante, in silenzio, e poi domandò: «Va tutto bene?»

Annuii, evitando di guardarla negli occhi.

«Non va tutto bene. Mi vuoi dire cosa succede?»

«Pensavo che mi odiaste», ammisi sfregandomi le mani sulla gonna, «dopo stamattina...»

Theodora fece un passo verso di me e mi allacciò le braccia attorno al collo, stringendomi a sé.

«Che sciocca. Non potrei mai odiarti, Aria. Sei mia sorella.»

«Lo sapete che non sono davvero vostra sorella...»

Mi strinse ancora più forte e la presa sul mio cuore si allentò. «Lo sei in tutti i sensi che contano.»

La Fiamma di BellarisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora