Capitolo 6

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Ariadne

«Ariadne!»

La voce imperiosa di Theodora mi fece voltare di scatto verso la porta della mia stanza.

Ci eravamo lasciate da appena dieci minuti, dopo la colazione, e mi aveva detto che sarebbe andata a passeggiare con Lachlan nei giardini. Cosa ci faceva lì?

«Che succede?»

Mi si piantò davanti con espressione furiosa, le mani sui fianchi immerse nella vaporosa gonna dell'abito grigio perla che indossava.

«Hai passato la notte con Erion?» domandò abbassando la voce.

Ah. Sì, naturalmente farlo sapere in giro era proprio il punto focale del nostro rendez-vous notturno. Non avevo però calcolato la reazione di Theodora, né quella del resto della corte.

Dio mio, ero rovinata! Avrebbero pensato tutti che non fossi più illibata e nessuno mi avrebbe mai sposata! Come avevo potuto non pensare a una cosa del genere? Ero così preoccupata per gli approcci del Re che il mio buonsenso era saltato giù dalla finestra.

«No, io...»

Mi bloccai. Non potevo dire a Theodora la verità. L'avrebbe detta a Lachlan e sarebbe venuto a saperlo anche il Re. A quel punto sarebbe stato tutto inutile. Dovevo portare avanti quella messinscena, ormai avevo fatto il primo passo, non potevo tirarmi indietro.

«Sì», ammisi abbassando lo sguardo.

«Non ci posso credere! Come hai potuto!?» sbraitò la mia amica, cominciando a gironzolare per la stanza, nervosa. «Ti rendi conto che il Principe Erion non ti darà mai nulla di più di ciò che ti ha già dato?»

Cercai di non avvampare di fronte all'immagine che mi si era formata in testa non appena Theodora aveva pronunciato quelle parole e sostenni il suo sguardo.

«Non mi aspetto nulla da lui.» Figuriamoci.

«Perché l'hai fatto? La tua è una posizione delicata qui a corte. Avevo in programma di combinare un incontro con un amico di Lachlan, un ragazzo di buona famiglia che avrebbe potuto...»

No, aspetta, cosa?

«Non vi ho chiesto di farmi conoscere qualcuno», le feci presente stizzita, «siamo a corte da pochi giorni e già pensavate di sistemarmi con un amico del vostro futuro marito?»

Non sapevo perché, ma la cosa mi mandava in bestia. Theodora aveva praticamente deciso ogni dettaglio della mia vita sin dal momento in cui mi aveva voluta accanto a sé quando eravamo piccole, non sopportavo l'idea che dovesse anche scegliere un uomo per me.

«Cosa c'è di male? Penso solo al tuo bene», dichiarò confusa.

Davvero non si rendeva conto di star limitando la mia libertà di scelta?

«Potresti guadagnare un titolo, entrare a far parte a tutti gli effetti di questo mondo e avere lo stesso diritto di chiunque altro qui a corte», continuò accorata.

Un sorriso amaro mi si dipinse sulle labbra.

«Se così come sono non è abbastanza per questa corte, perché mi avete portato qui?»

Lei sbiancò e fece un passo verso di me, guardandomi con gli occhi azzurri carichi di apprensione. «Non era questo che intendevo e tu lo sai, Aria.»

Indietreggiai. «No, non lo so. Sono stata trascinata qui per vostro desiderio, ma non intendo accettare che prendiate decisioni su ogni ambito della mia vita. Sono una vostra servitrice, non una marionetta da muovere a vostro piacimento.»

Ero furibonda e mi rendevo conto di stare esagerando con il mio atteggiamento irrispettoso. Theodora era mia amica ma era pur sempre la Lady che servivo e parlarle così non era appropriato. 

Per evitare di dire qualcosa di profondamente sbagliato e di passare il segno, decisi di mettere un po' di distanza tra noi, almeno finché non mi fossi calmata. Senza dire altro abbassai lo sguardo, la oltrepassai e uscii dalla mia stanza a passo di marcia, senza avere idea di dove fossi diretta.

Erion

«E così ti sei fatto la dama-domestica...» buttò lì Byron mentre prendevamo posizione sul campo di addestramento.

Era una bella giornata, l'ideale per allenarsi un po' con il combattimento nel cortile posteriore del castello. Lo facevamo sempre, sin da quando eravamo bambini. Io, Tristen, Byron e Lachlan, anche se, negli ultimi tempi, mio fratello maggiore era troppo impegnato con le questioni politiche per unirsi a noi. Con l'arrivo della sua promessa, poi, immaginavo che non l'avrei mai più visto in azione se non su un campo di battaglia.

Sollevai la mia spada con movimenti misurati e la portai in posizione verticale davanti al viso, studiandone la lama affilata.

«Le notizie viaggiano in fretta, eh?» replicai con un sorrisetto.

«Non hai perso tempo! Tuo fratello non ci aveva detto di lasciarla in pace?» Tristen, appollaiato sulla recinzione che delimitava il campo di addestramento, mi scrutava torvo.

«Che c'è? Sei nervoso perché sono arrivato prima di te?»

Lui alzò gli occhi al cielo e saltò giù dalla staccionata in legno, dirigendosi verso uno degli ingressi posteriori del castello.

«Dove te ne vai?» gli domandò Byron, abbassando la guardia.

«In armeria...»

Tristen sparì dalla nostra vista e una risata mi sfuggì dalle labbra.

Byron m guardò, accigliato. «Non mi sembra una di quelle che civettano con gli uomini, che le hai detto per convincerla? Le hai promesso amore e ricchezze?»

«Mi è bastato togliermi i vestiti», lo provocai, mettendomi in posizione.

Lui mi imitò, preparandosi al duello. «Be', com'è stato? È focosa come i suoi capelli?»

Senza rispondere mi lanciai all'attacco, menando un fendente che lui parò, con una certa difficoltà, facendo leva sul ginocchio. Mi spinse indietro e di nuovo cominciammo a osservarci. Nessuno dei due parlò più durante il combattimento, l'unico rumore era quello delle lame che cozzavano l'una contro l'altra mentre i nostri corpi si muovevano in una danza letale fatta di affondi e parate.

«Di solito non ti fai pregare per raccontare i dettagli di una notte di fuoco», mi fece notare, evitando un mio colpo con una magistrale piroetta.

Se avessi qualcosa da raccontare, magari...

«Stavolta no, Byron. Mio fratello mi ammazzerebbe.»

Lui scoppiò a ridere e contrattaccò, facendomi indietreggiare di diversi passi.

«Giusto.»

Un paio d'ore più tardi, trovai Lachlan lungo il corridoio che portava alla sala del trono. Non appena mi vide, mi corse incontro con urgenza.

«Cosa ti avevo detto, Er?» disse senza preamboli. Mi osservava con disappunto, come fossi un bambino che ha disobbedito alle regole imposte dai genitori. Detestavo quello sguardo. 

Lachlan era l'erede perfetto, il Principe per eccellenza, quello che si comportava esattamente come ci si aspettava da lui; io ero il figlio problematico che creava solo scandalo. Avevamo quei ruoli sin da bambini e ormai ci avevo fatto l'abitudine, ma quell'espressione esasperata proprio non mi andava giù.

«Cosa vuoi, Lachlan? O dovrei dire, Altezza?»

«Ti avevo chiesto di lasciar perdere Ariadne. Se le fai del male, io...»

«Non l'ho mica stuprata! Certe cose si fanno in due, perciò, invece di continuare a infastidire me, perché non andate da lei a chiederle come mai non è stata così lungimirante da tenersi alla larga dal lupo cattivo?»

La mia sfuriata, peraltro del tutto immotivata, visto che tra Ariadne e me non c'era stato niente di niente, lasciò Lachlan così sbalordito che le parole gli morirono sulle labbra. 

Ne approfittai per oltrepassarlo e dirigermi verso la mia stanza.

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now