Capitolo 19 - Parte 2

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Erion

Fu un istante.

La mia mente lavorava alla ricerca disperata di una soluzione che permettesse a me e Lachlan di allontanare le ragazze da nostro padre, in modo da poterlo fronteggiare senza paura di coinvolgerle. Tuttavia, non riuscivo a pensare a nulla che non fosse la paura selvaggia di ciò che il Re avrebbe potuto fare ad Aria se io non fossi riuscito a fermarlo, di ciò che le aveva già fatto prima che arrivassimo.

Avevo cercato di evitare di guardarla per rimanere lucido, ma era bastata una parola di troppo di mio padre, un odioso riferimento a Tristen, e i miei occhi si erano spostati su di lei.

In quel momento mi ero sentito precipitare in una specie di pozzo senza fondo. L'abito stracciato, il viso e le braccia graffiate dai rami delle siepi, lo sguardo sconvolto di chi ha perso un pezzo di se stesso.

Vederla ridotta in quel modo era stato come essere colpito altre cento volte allo stomaco da una coltellata e faceva molto più male.

Era colpa mia, solo mia.

Fino a che punto era arrivato mio padre? Fin dove si era spinto? Ero arrivato troppo tardi?

Quel pensiero non mi dava pace, assieme alla paura di non essere abbastanza in forze per ribaltare la situazione e uccidere il Re prima che ferisse Theodora e Ariadne.

Poi qualcosa si mosse dietro le spalle di mio padre.

Non capii di cosa si trattasse finché lui non barcollò in avanti gridando di dolore, mentre la sua spada cadeva a terra con un clangore assordante.

Lo vidi finire carponi sul suolo umido e, solo in quel momento, registrai la presenza dell'attizzatoio di ferro conficcato al centro della sua schiena.

Ariadne era in piedi dietro di lui e lo fissava con il viso deformato dalla rabbia e dal dolore. Una sorta di principessa guerriera animata da una furia selvaggia.

Theodora si alzò di scatto, allontanandosi dalla spada di mio padre. Lanciò un'occhiata incerta ad Aria, forse aspettandosi che questa la raggiungesse. Quando le fu chiaro che non l'avrebbe fatto, Thea aggirò la figura accasciata a terra e strisciò con passo malfermo lungo le siepi, per raggiungere Lachlan, che le stava andando incontro.

Lui l'avvolse tra le braccia e la strinse a sé, depositandole una serie di baci teneri su tutto il viso, accarezzandola con delicatezza, come se fosse fatta di vetro.

Registrai solo vagamente i loro movimenti, però, perché ero troppo occupato a fissare Aria, sopraffatto da una commistione di emozioni che andavano dal sollievo all'incredulità, dall'orgoglio alla rabbia, fino alla paura.

Il Re scoppiò a ridere, ma non c'era alcun divertimento nella sua voce. Strisciò in avanti, come il verme che era, e tentò di rimettersi in piedi. Non ne ebbe la possibilità.

Senza alcun preavviso, Aria gli saltò di nuovo addosso e strattonò l'attizzatoio, estraendolo con violenza dalla sua carne per poi puntarglielo alla gola quando lui cadde supino a terra.

No, Aria, no.

Conoscevo quello sguardo. Dovevo fermarla.

Lei mosse il braccio all'indietro, come per prendere lo slancio necessario a colpire, e fu in quel momento che capii che dovevo salvarla.

«Ariadne!» gridai, facendo un passo nella sua direzione.

Lei si bloccò, ma non mi guardò. Fissava la punta dell'attizzatoio e il collo del Re.

Feci un nuovo passo verso di lei, sollevando le mani. «Non farlo, Aria. Non farlo.»

«Merita di morire», disse lei, cupa, senza smettere di fissarlo con odio profondo.

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now