Capitolo 10 - Parte 2

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Ariadne

Decidere di andare nelle stanze del Principe, quella sera, fu un vero e proprio atto di coraggio.

Mi sembrava di camminare su una passerella diretta al patibolo e il bello era che mi ci ero messa da sola in quella situazione.

Avrei sondato il terreno e, se fosse risultato troppo difficile per me stare a contatto con il Principe, avrei trovato un'alternativa. Magari potevo fingere una malattia contagiosa e chiedere di essere mandata in convento.

Quando arrivai a destinazione, le guardie – sempre le stesse – mi rivolsero un lieve inchino e mi fecero passare.

Entrai in quella stanza con il cuore nella gola e il sangue che mi colorava le guance, chiedendomi in che posizione o con quale mise avrei trovato il Principe, quella volta.

Il Principe, però, non c'era.

Lasciai vagare lo sguardo, dando un'occhiata persino sulla terrazza che affacciava sul cortile interno. Di Erion non c'era traccia.

Mi afflosciai sul letto, passando le mani sulla mia vestaglia di seta. Un tessuto raffinato, che non mi sarei mai potuta permettere prima. A corte, però, sembrava che ogni dama avesse degli standard di eleganza da rispettare e non badavano a spese quando si trattava di vestiti e gioielli.

Quello che avevo scelto quella sera era il più bel completo da notte che avessi e quanto mi sentivo stupida per averlo indossato? Cosa volevo dimostrare, visto che ero stata io a tirarmi indietro?

Mi tolsi la vestaglia e mi infilai sotto le lenzuola, sperando di trovare tra le coperte il calore del Principe. La biancheria da letto profumava di buono e pulito, ma era fredda e sterile senza di lui.

Mi addormentai con le braccia strette al petto e un profondo vuoto nel cuore.

Sognai il Re.

Lui mi rincorreva e io scappavo lungo i corridoi del palazzo, alla ricerca di aiuto.

Le stanze erano deserte, i salotti vuoti. Non c'era anima viva.

Mi diressi verso la stanza di Erion e cominciai a bussare, forte, sempre più forte, il Re mi aveva quasi raggiunta.

Erion si affacciò alla soglia e mi guardò con espressione impenetrabile.

«Aiutatemi, vi prego, sta per arrivare!» gridai disperata, voltando la testa in modo febbrile, per controllare il Re.

«Avreste dovuto fidarvi di me», disse lui, prima di chiudermi la porta in faccia.

Il Sovrano mi fu addosso in pochi secondi e mi ritrovai a terra, a scalciare e urlare, mentre lui prendeva da me tutto ciò che avevo.

*

Erion non si era visto per tutta la notte e nemmeno al mattino, quando mi alzai di buon'ora per tornare nelle mie stanze.

L'incubo sul Re mi aveva scossa e il mio viso recava i segni evidenti di una notte agitata.

La situazione si ripeté per diverse sere e ogni mattina mi sentivo sempre più fredda e vuota. Non era la stanza del Principe a farmi sentire al sicuro, era lui. Sebbene il Re non potesse raggiungermi lì, la mia mente e il mio cuore tremavano ugualmente e la solitudine alla quale mi aveva costretta Erion non aiutava. In fondo era colpa mia.

«Mi spieghi cosa sta succedendo tra voi?»

Avevo gli occhi azzurri di Theodora puntati addosso da diverso tempo e me l'ero cavata abbastanza bene a tergiversare. Avrei dovuto sapere, però, che lei non avrebbe mollato facilmente.

«Niente, assolutamente niente.»

Più vero di così.

«Allora perché non dormi nella tua stanza? Dove passi tutte le notti?»

«Passeggio per il castello», buttai lì, poco convinta.

«Passeggi per il castello... mi prendi per una stupida?»

La guardai sorpresa. «Certo che no!»

«Mi sembrava di aver capito, visto il tuo pianto disperato dell'altro giorno, che aveste litigato.»

Scossi la testa. «Non abbiamo litigato.»

«Quindi passi la notte da lui?»

«Sì.»

Sentivo lo sguardo della mia amica sul viso, sebbene stessi fissando un punto davanti a me sulla terrazza. Theodora mi afferrò per un braccio e mi costrinse a voltarmi e a guardarla.

«Ti fa del male?!»

Sussultai quando mi pose quella domanda. Erion non mi avrebbe mai ferita, non in modo fisico, almeno.

«No! Certo che no!»

«Allora perché sei così triste, nonostante passi le tue serate con lui?»

«Le passo nella sua stanza, ma non con lui», ammisi.

Lei aggrottò le sopracciglia. «Cosa significa?»

«Dormo da sola. Sono giorni che il Principe non torna.»

«E dove va?»

«Non ne ho idea, se n'è già andato quando arrivo. Ogni volta spero che torni, però non lo fa mai...»

Le parole mi scapparono di bocca prima che potessi fermarle, perché quella situazione mi feriva profondamente e non riuscivo a tenermi tutto dentro.

Theodora mi abbracciò stretta e mi diede un bacio sui capelli. «Perché continui ad andare?»

Ero pronta per quell'ammissione?

Che lo fossi o meno, lo sguardo della mia amica, unito alla stretta che sentivo al petto, mi costrinse a dire la verità.

«Perché spero di stare con lui...»

Me ne resi conto in quel momento. Non era solo per il Re, era per il Principe che continuavo ad andare nella sua stanza, tutte le sere. Perché, sebbene avessi ostentato indifferenza, Erion era entrato molto più a fondo di quanto volessi ammettere.

«Perché non parlate? Prova a spiegargli come ti senti.»

Feci spallucce. «A cosa servirebbe? Lo avete detto anche voi, non c'è nessun possibile futuro per noi.»

«Temo di aver peggiorato le cose con le mie raccomandazioni. Mi dispiace, Ariadne.»

«No, avete ragione voi.»

Theodora restò in silenzio per un po', continuando, però, ad accarezzarmi il dorso della mano che teneva stretta tra le sue.

«Che ne pensi se organizzassi un incontro con qualche amico di Lachlan? Sir Thomas è un cavaliere molto attraente, potrei farvi conoscere, magari.»

Non risposi. L'idea di intrattenere una conversazione con un uomo non mi stuzzicava, non quando avevo la faccia di Erion stampata in mente.

«Vedremo. Per ora vorrei solo cercare di ritrovare un po' di equilibrio.»

«Certo, tesoro. Certo.»

La Fiamma di BellarisWhere stories live. Discover now