𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙓𝘾. ⚽💙

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"Lei vale
l'attesa,
vale tutto
il tempo,
lei è la ragione
per cui fai
ogni cosa,
anche quando
non lo sai."
















NICOLÒ ZANIOLO'S POV:

Ricordo come se fosse ieri quel pomeriggio di Luglio passato in compagnia della mia famiglia nella mia città, La Spezia. I miei genitori mi avevano portato in una di quelle solite fiere, che d'estate si facevano spesso.
Avevo circa otto anni, e tenevo per mano Benedetta, mia sorella, che allora ne aveva soltanto tre. Vicino ad ogni bancarella, vi era un signore che vendeva i palloncini. Mia sorella li aveva sempre adorati, quindi chiese a nostra madre di comprargliene uno.
Lei acconsentì, e portò la bambina a scegliere il suo palloncino.
Il colore preferito di Benedetta era sempre stato il giallo, quindi lei scelse il palloncino dello stesso colore del sole.
Si legó il palloncino al dito poi, distratta da qualche attrazione, il filo del palloncino si era slegato dal suo dito ed era volato via. Ricordo che Benedetta si mise a piangere, ed io cominciai a prenderla in giro. In quel momento eravamo così buffi che nostra madre decise di farci una foto, la stessa che tiene esposta nel salone di casa.
Mi capitava spesso di ripensare a quell'episodio, lo stesso per cui l'avevo presa in giro per anni. La distrazione di Benedetta verso quello che prima era stato il suo oggetto del desiderio, l'aveva pagata perdendolo per sempre.
Succede spesso così. Le persone si mostrano meno attente alle cose che già possiedono, e finiscono col rendersi conto del loro valore soltanto quando le perdono per sempre. Nella mia vita avevo perso così tante cose (e persone) che ormai avevo perso il conto. Perdere era la mia specialità. Avevo perso la fiducia di molti miei tifosi, dopo gli infortuni che mi avevano debilitato per ben due anni. Avevo perso Sara, la mia fidanzata storica, perché, così come Benedetta, mi ero distratto nel guardare altre ragazze che non sarebbero mai potute essere quello che per me era lei. Avevo perso anche me stesso, per un certo periodo della mia vita. E mi ero ripromesso che io, certi errori, non li avrei mai più commessi.
Ma su di me pesavano anni di assenza dallo sport, la paura di non essere abbastanza e di non raggiungere gli obiettivi desiderati, i continui pregiudizi di cui ero vittima ogni giorno. Sulla carta sarei potuto essere il ragazzo più felice al mondo, perché io, Nicolò Zaniolo, ero sempre stato considerato l'erede del numero dieci della Roma, Totti, ed ero anche considerato una delle promesse del calcio italiano. Eppure, io, tutte quelle aspettative, non avevo fatto altro che deluderle. Mi ritrovavo in campo, a lottare per la maglia della mia squadra e per avere il mio posto nel mondo del calcio, a distanza di due anni, con la rabbia nel cuore e la voglia di rivincita.
Non soltanto in ambito sportivo.
Ormai, ero visto come il calciatore che si era montato troppo presto la testa e che si divertiva a scoparsi una ragazza a settimana. Non era affatto così.
C'era stato un periodo della mia vita in cui, per rabbia, per paura, per confusione, mi ero comportato in tal modo. Ma era passato del tutto.
Ero concentrato soltanto a dimostrare chi fossi realmente, come calciatore e come uomo. Però, avrei voluto poter camminare, almeno una volta, senza sentire il giudizio di tutto il mondo sulle mie spalle. Nel corso della mia vita, avevo dato troppo a chi non si sarebbe meritato nulla e poco a chi si sarebbe meritato il meglio di me. Mi ritrovavo a ventidue anni, con tutta l'esistenza davanti, un mucchio di errori alle spalle e la voglia di dimostrare a tutti chi fossi realmente. Una volta che non sarei mai riuscito a sanare davvero. Volevo scrollarmi dalle spalle l'etichette di bad boy e sopravvalutato, che non mi si addicevano più. E intanto, continuavo ad essere semplicemente Nicolò, quel ragazzo che era partito qualche anno prima dalla sua città, La Spezia, lasciando la sua famiglia che tanto amava per inseguire il suo più grande sogno. Avevo ancora molto da dimostrare, e avrei sputato sangue per far capire a tutti di cosa ero capace.
E poi c'erano quelle sere di cui non parlavo a nessuno, quelle in cui crollavo, quelle in cui continuavo a non sentirmi abbastanza, quelle in cui i sensi di colpa non la finivano di distruggermi. Ed era proprio in una di quelle sere in cui cercavo di fuggire dai miei pensieri che, per puro caso, avevo incontrato Karen. Non per la prima volta, ma è come se lo fosse stata.
L'avevo vista lì, in quella Discoteca romana, persa. Completamente persa.
I suoi occhi gridavano aiuto ed io non seppi resistere a quella richiesta silenziosa della ragazza. Da quella sera, lei non era più svanita dalla mia testa.
Ero sempre stato un ragazzo che amava le donne, e per molte di loro avevo compiuto le più grandi cazzate della mia vita. Ma con Karen, era diverso.
Lei non mi conosceva veramente, ed io non conoscevo lei. Ma era come se noi, pur non conoscendoci, riuscissimo a capirci ugualmente. I suoi occhi verdi raccontavano una storia che io avrei potuto ascoltare per ore. Mi incuriosiva, Karen. Lei mi teneva testa, una delle poche che invece di cadere ai miei piedi continuava a farmi capire cosa non le piacesse di me. E, forse, era proprio di una ragazza come lei che avevo bisogno. La sua diffidenza nei miei confronti, però, non accennava a voler crollare. E come potevo darle torto?
Forse persino io se fossi stato in lei non mi sarei fidato di me. Però, anche se lei non lo sapeva, volevo diventare una persona migliore. Gli infortuni mi avevano fatto crescere, portandomi a capire cosa contasse davvero nella vita. Non ero più il ragazzino arrogante di un tempo, che pensava di avere tutto il mondo nelle sue mani. Stavo provando a cambiare, lo volevo davvero, più di ogni altra cosa al mondo. Nonostante Karen fosse così diffidente nei miei confronti, io non riuscivo a smettere di pensare a lei. Il motivo non mi era ancora ben chiaro, visto che nessuno come lei mi aveva fatto sentire così tanto uno schifo come quel pomeriggio in cui, nel bel mezzo di Piazza Navona, mi aveva detto in faccia tutto quello che pensava di me. L'avevo odiata per quel suo comportamento ma, in fondo, sapevo che aveva ragione. Karen era una ragazza complicata, orgogliosa, testarda, ma allo stesso tempo sensibile e dolce. Quei suoi lati, tendevano ad uscire meno spesso, nei momenti in cui si sentiva più a suo agio con chi aveva intorno. Parlavo di lei come se la conoscessi da una vita, tenevo a lei come se fosse mia sorella, eppure, non ci eravamo neanche scambiati i numeri di telefono. L'avevo conosciuta quando, all'allenamento con la Nazionale Italiana di Calcio, il suo fidanzato Federico mi aveva mostrato una sua foto. Lì per lì, avevo pensato a quanto fosse bella. Non avevo mai visto degli occhi espressivi come i suoi. Avevo raccontato di lei al mio migliore amico, qualche giorno più tardi, e lui mi aveva sfidato a inviarle un mazzo di rose.
La presi come un gioco, convinto che la ragazza non avrebbe mai scoperto la mia identità. Lo feci. E quella anche fu un'altra delle mie solite cazzate.
Ma, inconsapevolmente, mi avrebbe portato a conoscere veramente Karen.
Ed io, di lei, continuavo a non averne abbastanza. La mia vita era già abbastanza piena, e non avevo né voglia né tempo di pensare alle donne.
Ma con Karen...
Con Karen era diverso. Lo sentivo sulla mia stessa pelle. C'era chimica, una chimica che mai avevo provato con nessuno nel corso della mia breve vita.
Ventidue anni e una vita piuttosto incasinata. Ventidue anni e la voglia di riscatto. Ventidue anni e la voglia di cambiare. Ventidue anni e la voglia di amare davvero e di essere amato.
Semplicemente io, un eterno casino in cerca della pace. Anche se io, nel casino, ci stavo imparando a vivere benissimo. Avevo soltanto bisogno di qualcuno che riuscisse a capire quel mio caos interiore meglio di chiunque altro. I miei occhi nascondevano cicatrici che in realtà nessuno aveva mai avuto il coraggio di toccare, nemmeno io. E quel egocentrismo che mi caratterizzava da sempre, non era altro che una maschera che mi aiutava a proteggermi dal mondo circostante.
Proprio come nei libri, anche la nostra vita è fatta di capitoli, più o meno lunghi. C'è chi è presente in alcuni paragrafi, chi in interi capitoli, ma chi ti ama davvero rimane per tutta la storia.
Io ormai non credevo più nell'amore, non davvero. Ma quando vedevo gli occhi di quella ragazza, quella stessa ragazza testarda quasi quanto me che desiderava soltanto di essere felice fino in fondo, un po' ci credevo anch'io.
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𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now