The Only thing that Remains

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Capitolo II:

The only thing that remains – L'unica cosa che rimane

Silenzio. Tutto intorno a lui era buio e silenzioso. Percepiva l'oscurità come qualcosa di materiale, di palpabile, se la sentiva addosso come quando si indossano dei vestiti bagnati e tutti i movimenti risultano improvvisamente rallentati. Iniziò a guardarsi intorno ma non riuscì a vedere altro che tenebre, il suo respiro affaticato.

Si mosse prima lentamente, poi con maggiore velocità, tentando di farsi strada in quel mare oscuro in cerca di un barlume di luce.

Ma non c'era nulla intorno a lui.

Avvertiva solo quella strana sensazione di affaticamento come se qualcuno lo stesse comprendo con strati e strati di coperte.

All'improvviso una voce cominciò ad insinuarsi nella sua testa, come un monito sussurrato all'orecchio, una voce che continuava a ripetere la stessa parola:

Traditore.

In quell' istante avvertì una presenza incombere su di lui, riusciva a sentire i suoi passi che lo seguivano e a tratti persino il fiato caldo che gli sfiorava il collo e gli faceva rizzare i peli della nuca.

D' istinto iniziò a correre senza una meta né una direzione ma, per quanto si sforzasse, sembrava non essere mai abbastanza. Quella cosa continuava ad avvicinarsi inseguendolo, braccandolo, mentre lui cercava invano una qualsiasi via di d'uscita. All'improvviso andò a sbattere contro qualcosa che frenò di colpo la sua fuga e, quando alzò gli occhi riuscì a vedere, nonostante l'oscurità, l'ombra di un enorme albero che torreggiava su di lui.

Provò ad indietreggiare mentre una morsa di paura gli avviluppava lo stomaco, ma dopo solo qualche passo anche la sua schiena incontrò un ostacolo. Non ebbe bisogno di girarsi per capire cosa fosse.

Quattro enormi figure composte della stessa oscurità di quella stanza lo avevano accerchiato e, prima che riuscisse a reagire per impedirlo, si protesero per attraversargli il petto con tentacoli d'ombra.

L'unica cosa che gli rimase da fare fu gridare.

~

Tylohen, Settore I, Palazzo Triangolare, ore 18:45

Daniel si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore. Si guardò istintivamente il petto passandosi una mano nel punto in cui quelle quattro figure lo avevano trafitto, ma con suo sollievo non vide nulla di insolito se non la camicia spiegazzata che indossava. Allora fece scorrere lo sguardo intorno a lui, confuso. Non ricordava di essersi addormentato. Socchiuse leggermente gli occhi per mettere a fuoco.

La stanza era immersa nella penombra; dalle finestre, chiuse con pesanti tendaggi, non filtrava neppure un fascio di luce, l'unica fonte di illuminazione era una lampada sistemata sul comodino affianco al letto. Daniel sospirò e fece per alzarsi, ma piccole fitte di dolore gli attraversarono le braccia. Si era addormentato sulla poltrona in una posizione così scomoda che gli si erano indolenziti gli arti.

Non sapeva dire quanto tempo avesse dormito. Ultimamente era sempre stanco, riposava poco e male e questo non aiutava certo con tutti gli impegni e le commissioni che lo attendevano al Palazzo Triangolare.

Si sistemò sulla sedia, l'indolenzimento stava gradualmente passando e, sebbene avesse riposato poco, sentiva di aver recuperato un po' di forze. Si voltò lentamente con un sospiro. Sul grande letto a baldacchino che occupava gran parte della stanza il Governatore Baker stava leggendo tranquillamente un libro della sua rarissima libreria personale.

Rizomata - RisonanzaWhere stories live. Discover now