Don't Chase the Dead

38 5 16
                                    

Capitolo XXIII:

Don't Chase the Dead – Non inseguire i morti


Tylhoen, celle di isolamento del complesso Bonharm

«Cosa ci fai qui, Haether?»

«Sono venuta a controllare i tuoi progressi, Lucas.»

«Il processo non è ancora terminato.»

«Il comandante Sthal ritiene che le cose stiano andando un po' troppo a rilento. Se non otterrai presto risultati soddisfacenti credo che saremo costretti a tornare ai cari vecchi metodi.»

«Ci sono vicino, ho bisogno solo di qualche altro giorno.»

«Bene, anche perché non ti verrà concesso di più.»

Mreal udì quella conversazione come se fosse distante anni luce, quando in realtà stava avendo luogo appena fuori l'uscio della sua cella di isolamento. Ormai si trovava in un costante stato di dissociazione e disorientamento come se la sua mente avesse cominciato a non distinguere più quello che era reale da quello che avveniva nella sua testa. In realtà, non era neanche più in grado di stabilire da quanto fosse lì; potevano essere ore, giorni o mesi per quanto ne sapeva. Tutto si fondeva in un unico loop senza fine di agonia e frustrazione che rendeva ogni attimo uguale a quello precedente.

Risucchiata da quella spirale di ricordi da incubo aveva cercato più volte di utilizzare l'espediente di richiamare alla mente alcune sue memorie felici, e spesso funzionava, ma quasi sempre arrivava il momento in cui in quei frammenti appariva Nissa e come un grilletto sensibile il suo solo pensiero scatenava la ricaduta. Con un'altra fitta di dolore si rese conto che le era quasi impossibile pensare ai momenti felici della sua vita senza pensare anche a lei. Aveva lavorato tanto in quegli anni per elaborare il lutto, per convincersi che la morte di lei non gravava sulle sue spalle, come più volte le aveva urlato in faccia senza pietà Markian, ma ora nel rivedere quella scena all'infinito risultava oltremodo evidente che era così. Nissa non sarebbe mai morta se non fosse stato per la sua testardaggine, se lei avesse insistito nel negare il suo aiuto. Così come Nina non sarebbe morta nell'assalto se lei non l'avesse convinta nonostante le sue rimostranze. E Nathan...se solo avesse potuto sapere a quale destino orribile era andato in contro. Lei era il fulcro intorno al quale ruotavano tutte quelle morti, quelle tragedie lei e negarlo non avrebbe...

«Mreal.»

Sentir pronunciare il suo nome la fece trasalire e guadagnò in un attimo lucidità. Il sergente era inginocchiato davanti a lei e la stava fissando con i suoi occhi castani. Le venne da pensare che tutte le volte che lo guardava doveva frenare l'impulso di allungare la mano per spolverare via il leggero strato bianco che sembrava ricoprirgli le ciglia dell'occhio destro.

«Dobbiamo riprendere» mormorò con un tono pacato che contrastava in maniera evidente con il significato che veicolava. Il cuore di Mreal cominciò a battere mentre il panico generato da quella prospettiva si impossessava di lei.

«A meno che tu non abbia deciso di parlare» aggiunse e lei provò questa volta un'ondata di rabbia.

«Fai quello che devi» sputò con più coraggio di quando pensava di essere capace.

Lui sospirò sonoramente. «Non mi costringere a farlo di nuovo, ti prego.» Nonostante avesse percepito una reale nota di esasperazione nella voce la risposta fuoriuscì dura.

«Non dire stronzate, non fingere che ti importi qualcosa di quello che mi succede.»

«Eppure mi sembra di aver impedito che Sthal ti facesse a pezzi.»

Rizomata - RisonanzaWhere stories live. Discover now