XLIII

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Capitolo quarantatré

Capitolo quarantatré

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Kristoffer

Generalmente apprezzavo le traversate in volo, sicuramente non le amavo sconsideratamente dal momento che prediligessi, in maggior misura, spostarmi in auto così da assaporare delle guide adrenaliniche nelle estese autostrade americane e soprattutto per il fatto che le trasferte in auto potevo sostenerle in perfetta solitudine.
In ogni caso quando le ubicazioni, delle plurime competizioni, divergevano immoderatamente da Boston mi costringevano alle traversate in volo, indubitabilmente su business jet.
Non che io idolatrassi la sontuosità di cui disponevo giacché fossi al corrente del modo vergognoso con cui mi procurassi quel denaro e, soprattutto, perché rammentassi perfettamente i mesi consumati tra le strade gelide di Boston senza un tetto sopra la testa, quando ero solo un disperato adolescente. Di conseguenza cercavo sempre di rimanere modesto, sebbene, ogni tanto, mi piacesse concedermi delle soddisfazioni.
Precisamente non era possibile negare quanto fosse gradevole farsi vezzeggiare per tutta la continuità del volo da confortevoli, e più volte altresì massaggianti, poltrone e dall'intero equipaggio; combinato, la più ragguardevole delle volte, da garbate e incantevoli hostess.
In breve, nessuna cosa commensurabile agli aerei di linea, soprattutto per quanto riguardasse i fattori inerenti: all'ampiezza dei sedili, eccessivamente esigui per i passeggeri slanciati come me, la silenziosità e la piacente emarginazione. Quest'ultimi costituenti erano imprescindibili per me dal momento che, primariamente, abominassi le persone in linea massima ma per di più gli esemplari villani e ciarlieri. All'opposto i business jet  erano un vero e proprio empireo per me essendo popolati solo da: me, John, il dr.Green, figura indispensabile durante i miei incontri, il personale di bordo e infine l'inevitabile e piacevole Caitlin.
Le più delle volte non confabulavamo in maniera considerevole tra di noi considerato che in seguito ad esserci scambiati pareri sull'incontro avvenuto, futuri incontri, diagnosi sulla mia condizione fisica comunicata dal Dr.Green; gli argomenti ultimavano e tutti ci accomodavamo sulle nostre poltrone, ognuno affaccendati con la propria vita.
Circostanza che più prediligessi.
Posteriormente ad un pesante incontro desideravo esclusivamente piombare nel profondo rilassamento discostandomi dalle persone e altresì per tentare di facilitare il lavoro degli antidolorifici assunti per le travolgenti dolenze muscolari, perpetuamente astanti.
Eppure, certune volte, mi restava problematico rasserenarmi principalmente quando Caitlin si intrufolava nei miei spostamenti, chiaramente in assenza di un mio personale invito, siccome, a differenza mia, disprezzasse gli itinerari in aereo  specialmente quelli duraturi; essendo eccessivamente soporiferi, a detta sua. Pertanto occupava il tempo sbuffando incessantemente, come se,secondo la sua scaltra capacità intellettiva, l'aria divulgata dalla sua nefasta bocca incrementasse magicamente la potenza dell'aereo e in un nano secondo ci trovassimo scagliati a Boston; altrimenti tentava di instaurare dialoghi con me, lagnandosi di tutto e giudicando  insensibilmente l'esteriorità delle sventurate assistenti di volo; o ancora, faccenda più tediosa di tutte, consumava le ore a controbattere gli insignificanti messaggi ricevuti dalle sue insignificanti amiche con delle insignificanti note vocali.
Proprio come successe quel giorno, per più di mezz'ora mi aveva fracassato i timpani con i suoi discorsi insensati dialogando a gran voce come se si trovasse da sola nel suo appartamento. Perciò ,pervenuto alla mia soggettiva soglia della tolleranza, provvisto di tutta la pacatezza, di cui fossi fornito, mi impadronii graziosamente del suo Iphone per poi scagliarlo contro la parete dell'abitacolo, rimpicciolendolo in piccole quantità. Non mi afflissi né dei suoi piagnucolii, né del telefono sbriciolato, dato che se ne sarebbe fatto  comperare un altro, indubitabilmente, immediatamente dopo l'atterraggio dal suo prediletto paparino; mi preoccupai solo di ri-accomodarmi sulla poltrona, sperando di riconquistare il mio stato di relax. Finalmente potevo riposare senza più disturbi, se non una lieve risata allietata di Jonh e le costanti occhiatacce di Caitlin, se non altro non faceva rumore.
In talune occasioni era smisuratamente detestabile invero mi interrogai svariate volte su quale fosse l'incentivo che mi incoraggiasse a mantenere dinamica la nostra amicizia dopo tutti quegli anni, nei quali il suo carattere nemmeno si perfezionò all'opposto regredì divenendo, in aggiunta, bambinesca, crudele e fastidiosamente appioppata a me. Sapevo non si trattasse della sfera sessuale, Caitlin era smoderatamente seducente tanto è vero che fosse improbabile annoiarsi con lei. Aveva un'ottima conoscenza di questo mondo e non le dispiaceva affatto collaudare inedite esperienze, eppure, allo stesso tempo, fu proprio quest'angolazione di Caitlin a proibirmi di nutrire nei suoi confronti sentimenti rivelanti, che invece lei provasse già da molto tempo addietro. Se avessi mai voluto una donna al fianco, quella donna, non sarebbe mai stata Caitlin. Nonostante il bene che provassi per lei.
Mi dispiaceva giacché intesi, già da tempo, che l'origine di quella sua peculiare personalità fosse dovuto sostanzialmente dalla sua fanciullezza mal vissuta.
Non avrei mai augurato a nessuno di venire al mondo, ritrovarsi come padre Mr.Clark e in più essere cresciuto da quest'ultimo, in quei fugaci momenti in cui fosse presente.
Caitlin crebbe senza valori, in un mondo disonesto forgiato dal padre, sommersa da tonnellate di verdoni di cui il padre la ricopriva per attestarle il suo potente amore paterno, come se una bambina fosse bisognosa di soldi anziché di una famiglia amorevole. Per siffatto Caitlin si agganciò, così morbosamente, a me sin da subito. Dacché io la ritenni sempre una persona, le donai attenzioni e le volli bene. Quello che nessuno, fino a prima, le aveva mai rivolto.
Ciò nonostante non nutrii mai nulla per lei, sarebbe rimasta solo un'affezionata amica. Svariate volte diveniva un'amica davvero indisponente, è vero, ma nulla di così critico siccome ebbi il piacere di incontrare un'altra splendida creaturina capace di batterla.
Eccome se era abile di batterla, quella deliziosa creaturina fiabesca dai lunghi capelli rossicci, dal faccino serafico spiccato da cospicue lentiggini e una cremisi bocca pienotta, perpetuamente straripante di indolenze capaci di farmi adirare, come mai nessuno ne fu così capace. Tuttavia, parallelamente, quella bocca fanfarona oltre che farmi inviperire fu efficiente anche nel farmi delirare dal godimento.
Persi la ragione per quella splendida ragazzina indisciplinata.
Proprio quel suo connubio, tra una smisurata dolcezza e una maledetta indisponenza, mi rendevano costantemente più irragionevole, sempre più vacillante. Siffatto mi faceva maggiormente delirare giacché avesse solamente sedici anni e aveva ben appreso come rendermi succubo di lei; e la seccatura era proprio quella: io stesso le concedevo di far di me un suo succubo e non mi irritava.
Anzi la sua strafottenza la rendeva, in aggiunta, più allettante per le mie impulsività carnali.
Proprio come due sere cessate, quando posteriormente ad un incontro, me la ritrovai lì, dannatamente seducente, al The Punch sebbene  le avessi ulteriormente rammentato di non reiterarsi lì,talché non fosse il retto luogo per lei e, al di sopra di tutto, non desiderassi che taluni sudici la oltraggiassero, un'altra volta, e non ci fossi ancora io a preservarla e tenerla al sicuro da tutto.
Non sapevo cosa ci facesse lì e il motivo per cui, inspiegabilmente, non mi avesse ricercato come di consuetudine. Tant'è vero che mi seccò abbondantemente ma non quanto adocchiarla oscillare flessuosamente quello stuzzicante corpo armonioso cinto da un aderente vestito nero integralmente dischiuso sulla schiena, anch'essa spruzzata dalle sue peculiari lentiggini che incominciai ad esserne affezionato. Di questo ne ebbi la sicurezza siccome ebbi avuto l'occasione di contemplarla quando, ammalata e sfornita di vigore, mi concedette di assisterla mentre si facesse il bagno.
Mi scaldò il cuore quella speciale circostanza, giacché mi ricordò cosa volesse significare avere premura per una persona.
Il fattore che più mi indisponesse fu intravedere quanti sguardi voraci avesse su di lei, tutti appartenenti a vecchi sudici abbienti che si allietavano al The Punch in compagnia di giovani ragazze, per fuggire, per un po', dalla tediosità della loro stomachevole vita.
Non mi era mai interessato di loro, di come occupassero il tempo lì dentro e neanche di quelle ragazze. Solamente durante i primari mesi trascorsi al The Punch, perciò parecchi anni addietro, avvertii nei loro confronti compassione, perché pensassi fossero costrette a ridursi a degli effettivi giocattoli del piacere, per trarne del guadagno per vivere. Viceversa col trascorrere poi delle annate capii che la più ragguardevole porzione di loro, sopraggiungesse al The Punch volontariamente unicamente per raggranellare più compensi per potersi permettere, quasi certamente, insulse cianfrusaglie dispendiose. Ciò nonostante non ero nessuno per poter esprimere giudizi dal momento che facessi lo stesso identico lavoro, estromettendo gli atti carnali, ovviamente.
Siffatto, di fatto, mi inasprì.
Non gradivo venisse guardata come fosse una di quelle ragazze e che potessero, anche per un istante, ponderare di potere lambire quella soffice pelle abbronzata, aromatizzante dalla sua distintiva fragranza di fragola zuccherina, che fino ad allora fu vezzeggiata unicamente dalle mie mani. In più la collera accrebbe repentinamente non appena intuii le condizioni cui si trovasse.
Era ubriaca. Esageratamente ubriaca e sprovveduta, tale da mettere a repentaglio la sua incolumità rendendosi ancora più esposta alle fauci di quei luridi.
Posteriormente i suoi verdeggianti occhi si collocarono su di me, mi fissò eppure, inaspettatamente non arrossì o non spostò lo sguardo, imbarazzata, tantomeno trottò ilare nella mia direzione. All'opposto si indirizzò verso il bancone ondeggiando quei stuzzicanti fianchi, risaltati in maggior misura dal provocante vestito, fingendo, chiaramente, di non avermi intravisto. Non compresi, al primo momento, la ragione per cui si comportasse in quel modo invece non appena la raggiunsi compresi quanto fosse infuriata con me.
O meglio, intenderlo non fu facile dacché la sua ciancia fu completamente sconclusionata e incomprensibile, per colpa dell'eccessivo alcool consumato, le uniche espressioni comprensibili furono affronti alle mia persona; e non furono affatto esigui. La mocciosa, si dimostrò parecchio prolifica con quella graziosa boccuccia. Questo mi indispettì bensì non potei smentire quanto quella sfrontatezza mi infervorò e quanto fosse infervorata  lei stessa, in quel momento. Lo concepii da come mi sfiorasse incessantemente, bisognosa di sentire quei fremiti che entrambi percepivano quando le nostre pelli si toccassero, da come quei occhi verdeggianti inchiodati nei miei, erano ottenebrati dall'eccitabilità; e lo concepii soprattutto perché la piccola Holly fosse un fiume straripante e si fece filar via dalla bocca parecchi plausi su di me, sulla mia struttura fisica e, al di sopra di tutto, sulla mia dotazione.
Quella ragazzina mi face smaniare.
Avevo la testa annebbiata da una miscela conformata da idrofobia, visto che mi disobbedì e si trovasse in quelle condizioni, e ardore siccome fosse così affascinante, indossasse quel provocante vestito e fosse così spocchiosa con quella bocca che avrei, con gioia, pervaso con il mio turgido membro. Il quale divenne, ancor di più, rigonfio quando le confessai che l'avrei piegata sulle mie gambe,per poter schiaffeggiare quelle tondeggianti natiche, e rammentarle quanto fosse determinante portarmi rispetto. La sua espressività favorevole, ed ebbra, mi fece ammattire così tanto, che per qualche istante ebbi timore di non sapermi controllare e farlo lì, nel bel mezzo del locale. Ma Caitlin ci interruppe, forse fortunatamente, e da lì in poi Holly si dileguò, dopo aver oltraggiato anche Caitlin, e non comunicammo più per il resto del tempo. Io, follemente ubriaco di lei, mi accertai che non si mettesse nei guai finché non se ne andò assieme ai suoi amici, avvinghiata ad un ragazzo che, in modo troppo eccessivo, l'aveva abbracciata per la residua serata.
Ammetto di avere considerato, più volte, l'ipotesi staccargliele quelle braccia. Particolarmente quando le accerchiò i fianchi per poterci danzare insieme, aveva tastato la mia pelle prediletta e illibata. Esclusivamente io avevo il permesso di farlo, io potevo gustarmi la mia piccola Holly compiutamente.
Avrei venduto la mia stessa vitalità al diavolo pur di rimpicciolirla tra le mie braccia, lasciare che il suo corpo si modellasse al mio, rendendo ogni sua microscopica porzione di corpo, mio. Essenzialmente mio.
Sentii il mio corpo bollire concependo solamente con la fantasia di farla mia, mentre indossasse quel maledetto vestito, di spingermi nelle sue calde, inumidite e strette carni. Sentii le mani punzecchiare mentre mi immaginai di schiaffeggiarle i cedevoli glutei che sobbalzano contro il mio bacino con regolarità delle mie veementi spinte.
Cristo.
Mi sollevai dalla poltrona con uno scatto per recarmi nello spazioso bagno dell'aereo. Mi sentii asfissiare, proprio come il mio, rigonfio e sofferente, membro all'intero dei jeans.
Come ci riuscisse, quella piccola squisita ragazza a farmi delirare con solo l'immaginativa, non lo sapevo. Sapevo solo che la volessi lì, incantevole com'era, inginocchio per me e che si lasciasse scopare quella straordinaria bocca. Proprio come quella chimerica sera nel mio attico,
"Tutto bene, K?" cinguettò Caitlin oltre la porta "Entra." ringhiai trainandola all'interno facendola ridacchiare "Qualcuno ha fretta." "Sta' zitta, inginocchiati." lei gemette allorquando le abbrancai la nuca spingendola a terra "Ti sono mancata, vero, K?" si leccò le labbra per poi meccanicamente prendermi in bocca. Grugnii gettando la testa all'indietro mentre la mia mente accorse lontano agganciandosi all'unico persona che realmente volessi lì.
I suoi occhi verdi erano inchiodati nei miei, le goti coperte dalle sue magnifiche lentiggini erano arrossate e rigonfie del mio ferreo membro, il quale defluiva perfettamente tra le sue paffute labbra. Come se fosse stata plasmata perfettamente per me.
Come se fossimo stati plasmati per essere perfetti l'uno per l'altra.
"H-Holly." ansimai per poi finalmente liberarmi.
"HOLLY?!" strillò "HOLLY, KRISTOFFER!?" sbuffai "Potresti non urlare, non ho problemi di udito." mi sistemai "TI SUCCHIO IL FOTTUTO CAZZO E TU PENSI A QUELLA RAGAZZINA!?" mi spinse "SEI UN FOTTUTO STRONZO." "Caitlin, mi dispiace." le dissi in un sospiro mentre lei furente uscì dal bagno per risedersi al suo posto.
Sospirai sfinito bagnandomi il viso con dell'acqua gelida, quella giornata non stava poi proseguendo granché bene. Mi rigettai sulla poltrona avvertendo gli occhi di tutti addosso, tranne ovviamente quelli di Caitlin. Il dr.Green si era offuscato a tergo di un suo libro, quasi certamente imbarazzato, mentre Jonh rideva silenziosamente a crepapelle

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⏰ Last updated: Mar 29 ⏰

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