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Capitolo dieci

Capitolo dieci

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I due giorni, a ridosso della burrascosa visita al bisbetico pugile, fluirono sommariamente celermente tra le disparate lezioni, svolgimento di soporiferi esercitazioni, estesissime ciance con Charlotte e, endemico attimo, la stesura della oblunga lista di quesiti che avrei postulato al pugile. Domande essenziali per la stesura di un preciso, e meraviglioso, articolo.
Oltre alla lista, mi prefissai di provvedere anche ad assestare la mia stanzetta, cosicché da generare un ambiente, accogliente e confortante, in cui si sentisse a suo agio; in più prefissai di decidere gli indumenti che avrei indossato, per apparire ancor di più, professionale e curata. Per concretizzare tutto ciò dovetti impostare la sveglia due ore prima dell'incontro, affinché avessi  tempo a sufficienza, prima di ritirarmi tra le soffici coperte e schiacciare un piccino pisolino. Giusto per assicurarmi di ri-alimentarmi appropriatamente.
Fu il sonnellino più piacevole, di tutta la mia intera vita. Così avvenente da non aver avvertito il trillare insistente della sveglia. Mi accorsi di quanto fosse tarda ora, solamente quando mi tamponai con la manica della felpa un rivolo di saliva, fuoriuscito dalle mie labbra, mentre mi aggrovigliolai maggiormente nel tepore creatosi. Interdetta, e con ancora gli occhi appiccicaticci, acciuffai la sveglia elettronica accostandola all'estremità del mio naso per potermi accertare della sua autenticità. Il display lampeggiava ritmicamente le cinque meno dieci e questo implicava che mancassero solamente dieci minuti all'arrivo dello scorbutico.
Come se mi avesse morsicata un spietato ragno letale, balzai maldestramente giù dal letto incominciando a raggranellare qualunque cosa recuperassi nel corso del tragitto verso il bagno. Dal pavimento ne raccolsi di ogni: indumenti, incarti di cibarie varie, libri, calzini e perfino un cartone della pizza occultato da una felpa da chissà quanti giorni. Prima di entrare in bagno, per concedermi un'aggiustatura sbrigativa, gettai nella pattumiera i differenti involucri, dei miei inconfessati  pasti notturni, mentre gli indumenti li sbalestrai addentro il caotico guardaroba, senza  inquietarmi nel piegarli ordinatamente. Anche perché fossi smisuratamente in ritardo per potermi occupare di loro. Una volta sciacquatami sbrigativamente il viso e denti, saettai nuovamente in camera e anziché indossare l'elegante outfit che mi ero prefissata nel mio intelletto, infilai nient'altro che una paglierina felpa di Pikachu ed un morbido leggins sportivo.
A quel punto le sigle della sveglia si erano protratte alle cinque e dieci minuti, ossia aldilà dell'orario prescelto, le osservai di sfuggita prima di riversarmi nel corridoio, fortunatamente, deserto. Non vi era presenza né di studentesse tantomeno della Mitchell, l'acerba responsabile del dormitorio, e questo giocava a mio favore giacché non ci sarebbero stati impiccioni, o cosa peggiore, complicazioni con il regolamento della scuola visto che stessi introducendo un adulto nella mia camera. Una volta giunta nel cortile, a breve distanza dall'imponente cancello d'ingresso, mi maledissi di non essermi ispezionata prima di uscire. Avevo ancora indosso le mie soffici pantofole in peluche, dalla conformazione di un amorevole unicorno, e in aggiunta non portai con me, una sciarpa per tutelarmi dal freddo serale sempre più invernale. Sospirai affranta valicando la demarcazione, tra l'istituto e la città, auspicando che il pugile non si accorgesse delle pantofole.
Il marciapiede, costellato da molli foglie ocra, era desolato. Vi erano esclusivamente vetture posteggiate, nulla più. Di conseguenza questo dimostrava strettamente una cosa: l'asprigno pugile se n'era andato. Per dei insignificanti quindici minuti di ritardo.
"Sei in ritardo." la sua voce agghiacciante rimbombò a tergo delle mie spalle, terrorizzandomi "Mi ha spaventata!" strillai volgendomi verso di lui. Il pugile se ne stava lì, accostato ad un enorme bronzea vettura, corrucciato e con le mani inserite nelle tasche del suo blazer corvino...come il suo rimanente abbigliamento. Le uniche parvenze cristalline erano, indubbiamente, i suoi ricciuti capelli dal tono biondo scuro, pressoché tendente al castano chiaro; e la sua carnagione. Paurosamente candida da procurare gelosia alla luna stessa.
"Sei in ritardo." ripeté rigido, con quegli illuni occhi conficcati nella mia pelle. Sbuffai scocciata volteggiando gli occhi "Sono solamente quindici minuti, signor. Hagen. Non sia così fiscale." "Avevi un solo compito: rispettare l'accordo." "E infatti eccomi qui!" sorrisi ampiamente "In ritardo di diciassette minuti." "Quindici." rettificai "Diciassette minuti. Evidentemente alla tua età non sai ancora decifrare l'ora su un orologio."
Bisbetico, apatico e perfino indisponente.
"Ho sedici anni, non tre." bofonchiai a denti stretti. Dovetti trattenermi nel controbattere le sue, poco intelligenti, beffe per non mettere a rischio il nostro incontro. Specialmente il mio futuro, custodito nelle sue mani. Lo scrutai distanziarsi dalla macchina e appressarsi a me, si impose con le spalle drizzate, così da rimarcare la sua autorità. Ero così microscopica in confronto alla sua snella corporatura, erculea e alta.
"Già, una ragazzina." rintronò incominciando a intimidirmi. Per mitigare la circostanza gli domandai l'interrogativo più menomato che potessi sviluppare "È tua questa macchina?"  indicai con il dito traballino la vettura dove poco prima vi era accostato "Sì." replicò "È molto grande!" continuai nel provare a istituire una consueta conversazione "Sì, molto. Soprattutto il vano bagagli, è grande sufficientemente da collocarci un cadavere." risi. Risi nervosamente siccome non capissi quanto quell'attestazione fosse solo una spiritosaggine mal riuscita, o una macabra veridicità. Ma considerando la sua cupa espressività, volli non esserne al corrente pertanto mi distanziai di due passi addietro tossicchiando nervosamente "Allora, andiamo Kristoffer?" sorrisi raggiante ma lui,no "Io non rammento di averti concesso  il consenso per darmi del tu, ragazzina." la tonalità della sua voce era profonda e esageratamente distaccato "E io non le ho dato il consenso di rivolgersi a me utilizzando questi appellativi." controbattei "Non sono appellativi, è la realtà." specificò mirando gli occhi nei miei, inaspettatamente. La gola si inaridì.
Insensibili e tetri, come se non avesse neanche un minuzzolo di umanità.
"Io sono adulta e per nulla infantile. Adesso mi segua, signor Hagen." imitai il suo tono di voce inerte, il pugile non obiettò e per un istante considerai di averlo azzittito per la prima volta. Invece diresse lo sguardo verso in basso fino a fermarsi sulle mie pantofole, le mie maledette pantofole dalla conformazione di un unicorno, così come aveva calato lo sguardo lo ri-sollevò con una lentezza esasperante mentre io bollivo per l'imbarazzo "Matura e per nulla infantile, ho capito bene, ragazzina?"
Maleducato, immondo e spocchioso.
Gonfiai le guance ispirando aria ghiacciata "Seguimi." dichiarai dirigendomi verso il mio padiglione, senza esitare mi tallonò e rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto. Lo studiai, con la coda dell'occhio, intanto che osservasse disinteressato il college, fortunatamente spopolato poiché fosse un sabato sera. Contemplai la sua bellezza e constatai che: nonostante fosse un pugile proveniente da un ambiente riprovevole la sua persona effondeva eleganza, compostezza e addirittura delicatezza, presumibilmente per il suo lattescente viso serafico, accerchiato da cospicui riccioli.
Seppure immusonito era ammaliante.
Una volta giunti dinanzi la porta della mia stanza, prima di schiudere la porta e farlo accomodare, feci attenzione che non ci fossero taluni ficcanasi desiderosi di pettegolezzi "Benvenuto nella dimora di Holly!" proclamai con un brillante sorriso, non contraccambiato. Si fece strada nella mia stanzetta, smisuratamente angusta per la sua persona smodatamente elevata e nerboruta, scrutando tacitamente ogni singolo millesimo di metro. Tra cui, il soqquadro della stanza che avevo tentato di rassettare.
"Scusa per il disordine, ma sono un ragazza molto affaccendata e non trovo mai il tempo per mettere in ordine." mentii spudoratamente calciando via con il piede un indumento dal pavimento. Sorvegliò l'atto con un cipiglio di fastidio sul volto "Molto affaccendata? Da quando disegnare e apprendere l'alfabeto, è così arduo?" di nuovo mi derise equiparandomi ad una bambina, gonfiai le guance "Ho sedici anni." bofonchiai infiammata "Perdonami, ho omesso per caso la lettura serale delle fiabe?"
Arrogante.
Avrei potuto ribattere, altrimenti colpirlo con la mia spazzola in legno, compromettendo, però, l'intervista. Di conseguenza replicai solamente con "Almeno le mie operosità sono conforme alla legge." e con un sorrisino soddisfatto posizionai la sedia difronte al mio letto, dove mi assestai equipaggiata di carta e penna "Vuole qualcosa da bere, signor.Hagen?" pronunciai distintamente la locuzioni nel frattempo che si spogliò della giacca; la collocò in maniera maniacale sul bracciolo e raffinatamente si accomodò sulla sedia. Ammaliata dalle sue flemmatiche e leggiadre movenze, inconsuete per un pugile spezza-ossa, non mi accorsi dei suoi occhi stizziti mirati su di me "È una cafoneria fissare le persone." "Dovresti esserci abituato, durante i tuoi incontri tutti ti fissano." "Mi stai dando del tu." sottolineò con freddezza "Anche tu, mi dai del tu." "Probabilmente a causa dei tuoi numerosissimi impegni non hai assimilato che il 'lei' è una forma di cortesia e che va utilizzata come forma di rispetto con le persone più adulte, con cui instauri una conversazione. A meno che, essa, non ti dia il consenso di non farlo." mi illustrò con superbia "E tu mi dai il consenso di farlo?" sbuffai volteggiando gli occhi, tediata da tutte quelle convenzionalità "Chiedimelo educatamente e senza smorfie, parecchio bambinesche e villane." sbuffai ancora "Posso darle del tu, signor.Hagen?" tirai un sorriso amichevole "No." smisi di sorridere, imbronciandomi "Lei è veramente un ottuso caf-" "Non un'altra parola, altrimenti me ne vado." rimpicciolii le mani in due pugni.
Lo detestai così tanto, da maledirmi nel avergli proposto la dannata intervista.
"Possiamo procedere con l'intervista?" grugnii spazientita "Procedi pure." proferì svogliato separando gli occhi dai miei per poter ri-cominciare a ispezionare la stanza "È maleducazione osservare le cose altrui, signor. Hegen. L'educazione prima di tutto." scimmiottai i suoi celebri aforismi e per la prima volta, il pugile, sorrise lievemente. Sorrise allietato e questo mi gonfiò il cuore di soddisfazione e anche tenerezza. Perché sì, quell'impercettibile sorrisino fu la cosa più tenera che avessi visto nell'ultimo mese.
Nonostante fosse così pungente, non smisi un attimo di confermare quanto la sua bellezza fosse eccelsa.
Ne approfittai bisbigliando con voce piccola "Posso darti del tu, per favore?" stette a lui sospirare affranto, tuttavia acconsentì con un sommesso cenno del capo. Sorrisi ancora di più giuliva "Possiamo iniziare con le domande." non articolò parole pur tuttavia intuii che fosse pronto "Io ho pensato di avviare il mio articolo con un striminzito esordio sull'argomento trattato, ovvero tu. E poi di seguitare con la biografia, poi ancor-" "Non voglio intromissioni nella mia vita privata." sancì aspramente, raggelandomi "Ma-" "Ho detto che non voglio intromissioni nella mia vita privata." ripeté inchiodandomi con uno sguardo bieco. Come potevo stilare un articolo sprovvisto di una biografia "Non posso chiederti neanche argomenti scialbi? Devi anche capire che è un lavoro prestigioso, questo articolo." azzardai un compromesso sfarfallando le ciglie "Cristo, che ragazzina cocciuta e logorante. Solamente tre domande, né una in più." ridacchiai compiaciuta acciuffando la penna "Quanti anni hai e a quale età hai iniziato col pugilato." "Ho ventisei anni e ho iniziato all'incirca a diciassette anni." "Diciassette anni? Alla mia età?" sbarrai occhi e bocca impressionata da tale divulgazione "Già, tu scrivi storielle e io massacravo persone." nuovamente quella spigolosa ironia, o meglio, auspicai che fosse solamente ironia. Risi nervosamente abbozzando sul foglio dei piccoli fiorellini per alleggerire l'angoscia "In questo modo annoti i tuoi appunti?" arrossii "B-eh, mi ri-cordo le co-se, ho una memoria di ferro!" "Sì, ho potuto appurarlo poco fa. Quando ti sei presentata in ritardo." ribadì puntiglioso "Ho già chiesto scusa!" "No, non hai chiesto scusa, Holly."
Holly, Holly, Holly.
Il mio nome enunciato dalle sue labbra e con quella tonalità di voce profonda e forestiera, era strano. Più bello, così bello che avrei voluto lo ripetesse più volte.
"Tu non sei americano." "E tu, nemmeno." sorrisi, si era accorto del mio accento britannico "Sono inglese, Norfolk. È una contea dell'Inghilterra orientale." "Non ho visitato molto l'Inghilterra." "Dovresti, è bellissima!- asserii con fierezza- Mentre tu, di dove sei? Spagna?" "Norvegia." "Norvegia?!" ribadii meravigliata "Ci vive veramente qualcuno?" si crucciò "Cosa vorresti dire?" si sporse nella mia direzione con il busto reggendosi con i gomiti sulle sue ginocchia "Beh, fa molto freddo. Pensavo ci vivessero solo i pescatori di salmoni." scrollai le spalle accomodandomi meglio.
Non riuscivo a crederci, stavamo conversando senza la compartecipazione della sua sfrontatezza o acidezza. E mi piacque molto, in special modo questo lato di lui giacché documentasse di possedere un briciolo di umanità.
"Che gradevole ragazzina!" canzonò provocandomi un'altra risatina "Di dove sei?" "Bryggen." non fui mai ferrata con la geografia di conseguenza non sapevo minimamente dove si trovasse la sua città natale, a stento sapevo dove fosse situata la Norvegia stessa "Mai sentita, non è la capitale, vero?" mormorai imbarazzata mentre appuntavo la sua città sul foglio "La capitale è Oslo, non dovresti saperlo alla tua età?"
Il suo volto  rischiarato dalla luce calda della mia stanza e dal suo sorriso, era affascinante.
Mascolino ma allo stesso soave.
"Ti piace il tuo lavoro?" "Mi stai chiedendo se mi piace massacrare la gente?" domandò interessato "Volevo chiederti quanto fosse pericoloso, ma tu sei così...enorme. Non credo che qualcuno riesca ad annientarti." "Sì, lo so. Sono formidabile ed è difficile per me, fallire  in qualche incontro. Tuttavia è capitato." si drizzò in piedi esibendo le slanciate gambe "Te ne vai?" mugolai tristemente "Sì, questa sera ho un incontro e non posso permettermi di arrivare in ritardo." mi delucidò nel frattempo si rivestisse, per poi avviarsi alla porta "Potremmo ricontrarci un'altra volta? Solamente una!" lo scongiurai balzando giù dal letto. Sospirò e per alcuni attimi stette in silenzio, successivamente mi guardò "È inutile dirti di no, vero? Perché so che mi tormenterai finché non ti dica di sì. Quindi, sì, ci rivedremo. Ma devi giurare una cosa: non metterai più piede al The Punch." la sua voce si fece autorevole e io annuii senza troppe considerazioni.
"Ma quando?" "Mi farò vivo io." aprì la porta ed uscì, eppure prima di chiudersela dietro si voltò per guardarmi "E per rispondere alla tua domanda: no, non mi piace malmenare i miei avversara. Eppure con te, credo che farò un'eccezione. Buona serata, fyrstikk."
Sparì nell'androne desertico e mi lasciò, lì, intontita. Siccome non avessi nuovamente capito se si trattasse di un irrisione o meno.
Nondimeno mi ritrovai a sorridere, auspicando che tornasse il prima possibile da me.

Ses Snart!
05/08

The Boxerحيث تعيش القصص. اكتشف الآن