•Capitolo 37•

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Avevo già pensato a tutto, io ed Harry saremmo andati a Londra a fare i turisti. Ok, è vero: ogni inglese va almeno una volta nella vita a Londra, quasi fosse un pellegrinaggio, ma anche se non era la sua prima volta ero convinto che un viaggetto in città sarebbe stata la cosa migliore perché era lontana dai nostri conoscenti e piena di opzioni per intrattenerci.

Harry uscì dal bagno con un accappatoio che gli andava decisamente strettino e non lasciava a desiderare. Boccheggiai per quella visione e mi voltai per non avere reazioni troppo... istintive.

Lo sentii aprire l'armadio e prendere qualcosa che gli sarebbe stata sicuramente d'incanto per poi sentire il rumore di stoffa e delle sue dita che armeggiavano con gli indumenti, le sue sottili lunghe dita... Okay, dovevo smetterla.

Mi voltai e rimasi piacevolmente sorpreso nel vederlo con una camicia bianca, un pantalone nero e un paio di Converse. Mi chiesi ancora una volta in meno di ventiquattro ore una cosa che stupidamente dissi ad alta voce, "Cosa ci trovi in me?"

Lui corrugò la fronte, come se fosse profondamente offeso, e si imbronciò sospirando. "Lou... me lo stai chiedendo sul serio? Ti sei mai guardato allo specchio?" chiese, io sorrisi.

"Sì, proprio prima..." mormorai divertito vagamente dalla sua reazione. Incrociai le braccia e guardai quella meraviglia che si sbracciava per spiegarmi.

"Non ti sei mai guardato allora, ti sei visto. Non ho intenzione di intraprendere questa conversazione con te, tanto non ti convincerei, giusto?" sbuffò teatralmente, io mi avvicinai e gli avvolsi i fianchi con le braccia.

"Ok, so di non essere brutto..." iniziai un po' imbarazzato, i suoi occhi così verdi e innocenti a guardarmi curioso, "Ma tu non hai nemmeno un difetto, io sì."

"Ma--" "Sh, partiamo il prima possibile." lo interruppi, divertito ma irremovibile. Lui era un angelo, io un demone con tutte le cose che mi portavo dentro come fardello.

O forse, ero soltanto un angelo accerchiato da tanti demoni.

Harry's P.O.V.

Ripensai al discorso strano di quella mattina per tutta la durata del viaggio con la canzone "Let it go" dei Passenger in replay che ci accompagnò da Doncaster fino a Londra, dove Louis spense il motore dell'auto e mi fece scendere.

"Un giorno ti dovrò pagare tutta quella benzina." osservai, avevamo pur guidato per un'ora! Lui rise e mi guardò come se fossi il più grande ricoverato di una clinica psichiatrica.

"Puoi sempre ripagarmi in natura." mi fece l'occhiolino e io risi a mia volta sentendo le mie guance accaldarsi. Mi prese un polso e mi tirò avvicinandomi a lui e infilando la sua lingua tra le mie labbra senza indugio. Mi feci coinvolgere in quel bacio passionale e non mi stava battendo il cuore al ritmo di samba solo perché mi stava baciando in una strada pubblica.

No.

Per niente...

"Facciamo colazione." ordinò, mi prese per mano e mi strattonò in un negozio Starbucks dove presero le nostre ordinazioni (un cappuccino per lui, un frappuccino per me) e Louis aggiunse all'ordine non so quante ciambelle con la scusa che nè io nè lui avevamo cenato il giorno prima.

***

Diede un morso all'ultima ciambella alla marmellata con la glassa rosa e poi la avvicinò alle mie labbra invitandomi a darle un morso a mia volta e lo feci, leccandomi le labbra perché mi era finita un pò di glassa sul labbro superiore.

"Succhia." sussurrò, avvicinando la ciambella alle mie labbra divertito. Lo guardai come per vedere se stesse scherzando ma decisi comunque di assecondarlo e portai la ciambella fra le mie labbra, circodandola con la lingua. Poi incominciai ad accoglierla in bocca, inglobandone più che potevo.

† Since we were 18 † -Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora