•Capitolo 11•

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Appena Louis uscì dalla camera lo seguii di soppiatto, non facendomi notare.

Louis camminava rilassato e non potei fare a meno di pensare che il suo modo di camminare, sì persino quello, era unico. Era meraviglioso sempre.

Mi ritrovai a pensare che alla fine avrei voluto tanto essere come lui, bello, attraente, rilassato, sicuro di sè. Io non ero poi così bello, non mi sentivo affascinante quanto lo era lui ed ero molto nervoso quando ero con altre persone, soprattutto quando ero con Louis.

Svoltò l'angolo ed entrò nella stessa sala enorme con tantissime sedie nere pieghevoli, di quelle in tessuto sintetico con l'imbottitura nel poggia schiena nella quale avevo ascoltato il Preside qualche giorno prima. Erano sempre così gli auditorium nelle scuole...

Mi sedetti sulla sedia più lontana al palchetto allestito per fare i discorsi, dove probabilmente avrebbe parlato Lou, osservandolo dall'ultima fila: stava salutando dei suoi amici, abbracciandoli. Erano quegli abbracci senza significato, quegli abbracci che consistono in pacche sulla schiena, sostanzialmente, e nient'altro. Abbracci etero, come quelli che si danno Josh e Niall.

Non erano come i nostri abbracci: i nostri erano speciali. Sono gay, vorresti dire. I nostri abbracci erano un rifugio segreto da tutte quella paranoie mentali, il posto dove trovavano un senso. Non erano come gli abbracci tra me e Niall, erano disgustosi.

Osservavo il suo viso da lontano, i suoi zigomi eleganti che facevano la loro figura anche da quella distanza. Il suo naso si arricciava ogni volta che un sorriso nasceva sulle sue labbra. Dio, quanto è bello.

Sentii picchiettare sulla mia spalla sinistra e mi voltai. Tracy. La consapevolezza di aver fatto fin troppe figuracce con lei mi investì in pieno. Cosa pensava adesso di me?

"Hey!", la salutai sorridendo. Era sempre stupenda, ma il cuore sorprendentemente non batteva forte come un tempo alla sua vista. Forse è che sei gay e l'hai finalmente realizzato, disse la mia vocina interiore.

"Hey.", ricambiò il saluto, mi sorrise come sempre e prese posto accanto a me. Si voltava ogni due secondi verso di me e io verso di lei e sorrisi involontari si formavano sui nostri visi, poi le presi la mano e lei la strinse contenta. Posso ancora avere una relazione etero, se con Louis è solo un esperimento. Posso sperare in una vita etero e normale e posso provare ad averla con lei. Forse.

Louis era scomparso nel frattempo che mi ero intrattenuto con Tracy, stavo incominciando a preoccuparmi. Proprio mentre la preoccupazione iniziava a rendermi impaziente salì sul palchetto spuntando da un siparietto improvvisato e si appropriò del microfono, schiarendosi la voce per parlate. In quel preciso istante quasi mi rimangiai il pensiero sulla vita normale e etero.

"Buonasera a tutti quelli che sono qui. Come tutti sicuramente sapranno quest'anno abbiamo migliorato le uniformi e lo schema di gioco...", mentre continuavo a seguire il suo discorso mi chiedevo che cosa ci potesse essere di così sconvolgente in quell'incontro, non c'era niente che non fosse noioso!

Parlò delle innovazioni che avevano pensato di portare alla squadra, dei tornei di annuali e di cose del genere. Scoprii inoltre che lui era il capitano. Andiamo, è proprio il cliché del capitano omosessuale della squadra troppo preoccupato a rimpolpare la mascolinità tossica nella società da poter accorgersi di essere gay. Quasi provai pena per lui.

"Ok, e ora l'intervista per il giornalino studentesco, come l'anno scorso!", disse poi e il suo sorrisino malizioso fece capolino su quelle dolci labbra sottili. Ora incomincia a farsi interessante.

"Bene...", iniziò una ragazza in prima fila, magrolina e con un paio di occhiali tondi troppo grandi per il suo viso. Guardava un taccuino con atteggiamento nervoso e capii all'istante che lei sarebbe stata l'intervistatrice. Sfogliava le pagine come una forsennata e alternava lo sguardo tra Louis e i suoi appunti. Ti capisco, mi fa lo stesso effetto.

† Since we were 18 † -Larry StylinsonWhere stories live. Discover now