•Capitolo 1•

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Era un giorno come tanti, la sveglia suonò alle sette in punto del mattino, pronta ad urlare quel trillo malvagio che mi invitava ad alzarmi dal letto. Mi guardai nello specchio ancora confuso dal sogno che avevo fatto: correvo libero in prati verdi come i miei occhi verdi in quel momento spenti, alla ricerca di acque azzurre e limpide per dissetarmi. Che sete, osservai, schioccando le labbra secche.

Mi lavai il viso sotto il getto gelido del lavandino, pregando di sentirmi più rigenerato e lavai i denti velocemente per poi prendere dei vestiti comodi e indossarli. Presi la mia borsa nera malandata con i libri dentro e corsi giù per le scale fino al piano di sotto, deciso ad uscire quanto prima possibile.

"Tesoro non fai colazione?", mi chiese mia madre, intercettandomi mentre stavo per aprire la porta d'ingresso.

"No." , le risposi secco e me ne andai.

Mia madre era ancora abituata a trattarmi come un bambino di tre anni. Era insopportabile, soprattutto quando cercavo di fare di tutto per ottenere una vita più indipendente. Era quel motivo che avevo fatto domanda per avere una stanza al college, per abbandonare definitivamente il nido.

Era proprio al college che mi stavo dirigendo, con la calma che mi garantiva il leggero anticipo con il quale partivo ogni mattina. Prediligevo la tranquillità, godere del viaggio verso la meta senza fretta, senza correre. Adoravo avere del tempo solo per me, per pensare ed organizzare i miei pensieri prima di parlare con chiunque, nonostante la vista non fosse esattamente da romanzo bucolico. Guardavo le strade spoglie e grigie di Doncaster e immediatamente provavo quasi ribrezzo.

Mai come in quei momenti sognavo una vita lontano da quel posto, magari in America. Chiudevo gli occhi per qualche secondo e immaginavo che il vento freddo che mi accarezzava le guance fosse lo stesso vento che soffiava a New York e che presto sarei volato via col vento fino a lì.

Entrai nell'edificio dove si tenevano le lezioni, passeggiando fino alla mia aula, non c'era quasi nessuno se non Tracy. Ovviamente ci speravo, sapevo che con tutta probabilità fosse arrivata anche lei perchè condividevamo lo stesso piacere di arrivare in anticipo. Non posso negare che la mia smania di fare presto fosse dovuta anche un po' a lei.

"Ciao Harry.", il suo saluto al mattino era meglio del caffè. Impostava il giusto ritmo al mio battito cardiaco.

Tracy mi piaceva fin dalle superiori e per fortuna al college ci eravamo ritrovati a seguire insieme alcuni corsi. Quelle erano le ore migliori della giornata, senza dubbio.

"Hey.", replicai esultando internamente per aver ricevuto attenzione da lei. Mi sorrise e io la osservai sorridere meravigliato, la folta cortina delle ciglia bionde le accarezzava lo spazio tra gli occhi e le sopracciglia.

"Come ti va?", chiesi con voce tremolante dall'emozione.

"Oh, bene grazie. A te come va?"

"Uhm, bene."

"Mi fa molto piacere." sorrise.

Dai fai qualcosa, coglione, invitala ad uscire!

"Buongiorno ragazzi, oggi test." esclamò entrando la professoressa. Fanculo! A diciotto anni non si possono avere così tanti stress. Non solo test, anche a sorpresa! Quella non era il tipo di sorpresa entusiasmante da compleanno, piuttosto era la stessa incredulità nauseante che ti investe quando pesti il regalino di un cane per strada.

Mi sedetti nell'ultimo banco dal lato opposto a Tracy, sia perchè volevo evitare fare brutte figure con lei sia perchè mi sentivo insicuro sul mio aspetto quando ero concentrato a scrivere. Avevo paura di sembrare brutto ai suoi occhi.

† Since we were 18 † -Larry StylinsonWhere stories live. Discover now