•Capitolo 13•

16.8K 928 579
                                    

Passarono due giorni, due giorni d'inferno.

Louis non mi guardava neanche ed è vero gliel'avevo chiesto io ma comunque mi faceva stare malissimo. Pensa se avessi aspettato di scopare prima di realizzare che stavi facendo la cosa sbagliata a stare con lui, ragionai tra me e me.

Arrivai a concludere che non ero attratto da nessun altro così profondamente come Louis. Lui è un ragazzo e questo era sbagliato, ma può una cosa come questa essere sbagliata? Sì, se non so cosa sia.

È vero che avevo finalmente accettato di non essergli indifferente, ma Louis poteva essere un'eccezione. Potevo essere etero in generale, o bisessuale. Bisessuale era un termine che mi faceva sentire un po' più a mio agio, era meno drastico rispetto all'ammettere di essere gay. Quando mi convincevo di essere bisessuale, incominciavo ad analizzare ogni interazione con persone di sesso femminile dalle quali pensavo di essere attratto, tipo Tracy. Erano sempre stati scambi di parole e di sguardi poco intensi e non esattamente travolgenti come quello che avevo avuto con Louis. E a quel punto la parola bisessuale perdeva significato e mi ritrovavo intrappolato nelle formalità della lingua e dell'autoaffermazione. Ma che me ne frega di cosa sono esattamente!

Quei due giorni furono orrendi, io e Louis non ci guardavamo in classe quando avevamo lo stesso corso, nè a mensa. In stanza ci incontravamo a stento e in tutta quella confusione avevo sempre di più il bisogno di sentire le sue labbra sulle mie, di provare quel turbinio di sensazioni un'altra volta ancora. Se solo non fosse stato uno stronzo patentato ad essere così attraente avrei potuto chiedergli attenzioni e dimenticare la nostra faida.

Ogni volta che lo guardavo lo beccavo a fissarmi e appena lo guardavo, rimproverandolo quasi con gli occhi, lui distoglieva lo sguardo.

Era una facenda troppo brutta. Troppo, troppo brutta. Mi sentivo attratto dalla stessa persona che mi aveva distrutto nel momento in cui ero più vulnerabile.

Quel giorno sarebbe stato il terzo senza di lui, senza un contatto con Louis. Potevo farcela, o almeno così credevo. La smania mi stava consumando come il fuoco consumava una candela.

Mi svegliai come tutte la mattine alle sette, mi preparai per le lezioni, portando le dita tra i capelli per cercare di sistemarli ma erano lo stesso un disastro. Quel gesto mi ricordò che Louis passava sempre le sue dita fra i miei capelli.

I miei occhi verdi erano molto più luminosi, in contrasto con il viso di un bianco cadaverico e provato e le labbra rosse.

Uscii dal bagno in cui mi stavi specchiando e trovai Louis già vestito e pronto per le lezioni. Aveva passato un po' di gel tra i capelli che li facevano sembrare ancora più scuri, indossava un semplice pantalone nero e una maglietta bianca con un paio di Vans ed era concentrato sul suo cellulare. Sei affascinante tanto quanto sei stronzo.

Mi maledii mentalmente per averlo osservato per così tanto tempo, ma non ero riuscito a trattenermi. Dannazione. E io sono quello che gli ha fatto la predica per essere un frocio disperato!

Afferrai la borsa nera e aprii la porta, pregando di schiaritmi la mente con una bella passeggiata.

"Buona giornata.", mi scappò di dire.

Mi morsi la lingua. Non avrei dovuto dirlo. Scappai di fretta e furia dalla stanza verso la classe senza nemmeno considerare di fare colazione per paura di trovarmelo lì e dover affrontare un suo possibile approccio.

***

Passarono le sei ore di lezione, uscii dall'ennesima aula e decisi di fare un salto in camera prima di pranzo per prendere un blocco di appunti da sfogliare, sicuro che Louis non avesse avuto la stessa idea.

E invece Louis era lì. Sembrò come se avesse visto un fantasma appena mi vide e io ricordai la maldestra interruzione del nostro silenzio di quella mattina e il fatto che gli avessi rivolto la parola. Mi maledissi di nuovo mentre prendevo i libri dalla borsa e incominciai a far finta di studiare per ribadire di non essere disposto a parlare. Come ho potuto salutarlo? Stupida educazione e stupide frasi di circostanza. Gli ho dato corda.

"V-vieni a pranzo?", gli tremava la voce. Non ero così tanto sopreso del suo tentativo di intavolare una conversazione con una domanda di cortesia. Alla fine era quello che avevo fatto anche io sovrappensiero.

Un sorriso involontario si formò sul mio viso ma subito lo repressi. Cosa sono, un adolescente goioso solo perché mia cotta mi ha rivolto la parola?

Mi schiarii la voce e farfugliai una specie di "sì".

"Oh.", riuscii a dire e poi sospirò.

Sentii i suoi passi avvicinarsi alla scrivania a cui ero seduto dandogli le spalle. Il silenzio era pesante come una mandria di elefanti.

"Haz?", mi chiamò, la sua voce era dolce e mi fece impazzire. Si schiarì la voce, forse accorgendosi del tono troppo mieloso. Erano giorni che speravo in qualcosa del genere

"Che c'è?", mi voltai finalmente a guardarlo. Era visibilmente a disagio ma si ostinava a tenere la schiena dritta, come se volesse dare l'impressione di avere il controllo della situazione.

"Dovremmo smetterla con tutto ciò.", disse in un altro sospiro tratteggiato dall'ansia.

"Perché dovremmo?", alzai un sopracciglio, lui si irritò notevolmente ma sospirò.

"Harry, dai, lo sai che mi dispiace.", abbassò lo sguardo. Il suo petto si gonfiava e sgonfiava ad un ritmo disumano.

"Mh.", cercai di farla sembrare una risposta.

"Uhm, quindi...?", era imbarazzato ma anche in quel momento sembrava stupendo, i lineamenti scolpiti e il labbro inferiore in ostaggio tra i suoi denti. Mi faceva impazzire.

"Perché dovrei perdonarti?" , domandai infine. Cerchiamo di dare un senso a questa conversazione.

"Perchè ho bisogno di te." Mi si inumidirono gli occhi. Certo, puro desiderio sessuale e bisogni fisici.

"No, non come pensi tu. Mi manchi sinceramente. Mi manchi tu non... il tuo corpo.", mi aveva ancora una volta letto nel pensiero.

Sollevai la testa nel tentativo di fermare le lacrime, ma fallii. Così mi voltai perché gliela stavo dando vinta ed era l'ultima cosa che volevo e tutto ciò che mi ero ripromesso di evitare. Non ero mai stato preso in giro, ma sentire l'intera scuola ridere di te perché una persona che ritenevi amica ti chiama "coglione" non è affatto bello.

Sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla e sussultai, sorpreso dalla delicatezza del suo tocco.

"Non so cosa sei per me, Haz. Ma non stare lontano da te, non riesco a non pensarti. L'ho capito solo in questi due giorni." mi voltai leggermente, solo per riuscire a guardare nei suoi occhi.

Le sue parole mi provocarono un fremito d'entusiasmo, perchè era esattamente quello che provavo io, solo che non pensavo che lui potesse sentirsi allo stesso modo.

Io manco a lui? Wow. Gli sorrisi timidamente e asciugai le poche lacrime rimaste, lusingato da quelle parole. Forse sono davvero un sottomesso inutile a farmi abbindolare in questo modo, ma nei suoi occhi non c'è ombra di falsità.

"Scusami. Perdonami.", sussurrò. E quella supplica fu il colpo di grazia.

"Va bene.", lui sorrise emozionato prima di abbarsarsi fino ad arrivare alla mia altezza e baciarmi.

Aiutandomi con le mani spinsi il suo viso più forte contro il mio, per baciarlo con più urgenza e senza molti convenevoli la sua lingua scivolò nella mia bocca per incontrare la mia. Aspetto solo questo da quando ti ho allontanato

È sbagliato, era dannatamente sbagliato. Ma per lui avrei pagato il prezzo di sentirmi sbagliato.

† Since we were 18 † -Larry StylinsonWhere stories live. Discover now