Capitolo 2 ~ Per ora incredula, poi si vedrà

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NdA: Eoin si pronuncia "Owen"

***

«Ma che vuoi che ne sappia? Non ci capisco nulla... io posso tradurti quello che c'è scritto ma da qui a farlo partire ce ne vuole. Poi, partire... non so neanche cosa dovrebbe fare, per quel che mi riguarda potrebbe essere rotto».

Miriam sollevò la coperta e se la portò sulla testa, girandosi dall'altra parte contrariata: suo padre aveva di nuovo messo il volume della televisione troppo alto.

«Credo sia un semplice mezzo di trasporto, magari necessita solo di carburante»

Miriam aprì gli occhi, conosceva quella voce.

«Non ha le ruote. – disse una terza voce, forse di un bambino – Come fai a dire che sia un mezzo di trasporto?»

«Il manubrio. Magari resta sollevato o qualcosa del genere.»

Stein, l'uomo che l'aveva liberata nel sogno, una ragazza e un bambino.

Aprì gli occhi e vide un soffitto in legno scuro a lei sconosciuto. Si sedette sul letto per guardarsi attorno, non riconoscendo nessuno dei mobili presenti: era una stanza molto grande e vedeva una scala davanti a sé che portava giù, forse si trovava in una mansarda dato che il soffitto si abbassava verso il letto, su tutte le pareti mobili in legno e qualche libreria.

«D'accordo, va bene. Lo vado a prendere.»

Miriam si era persa parte del discorso. Sentì dei passi pesanti salire la scala, molto lenti e cadenzati e subito dopo una testa apparve della ringhiera.

«Buongiorno, dormito bene?»

Stein le sorrise in modo strano, non capiva se fosse un sorriso forzato o se ci fosse qualcos'altro sotto.

«Io credo... di non capirci nulla.» disse lei grattandosi la testa.

«Normale, nessuno mai capisce. Nessuno mai crede. Poi tutto cambia e le persone hanno paura oppure sono contente... Dipende da com'era la loro vita prima.»

L' uomo si recò verso una delle librerie, prendendo un libro di quelli davvero pesanti, il classico mattone insomma, molto simile a un'enciclopedia.

«Ma dove sono?»

«Vieni giù a mangiare, sono tre giorni che non tocchi quasi nulla. Non ricordi neanche che ti sei svegliata ogni tanto, vero?»

Tre giorni? Era rimasta svenuta tre giorni? In effetti ora che glielo faceva notare aveva fame, ma prima voleva lavarsi un po', sentiva la pelle grondante di sudore e voleva cambiarsi.

«Potrei prima darmi una rinfrescata?» chiese timidamente avvampando.

L'uomo fece un cenno con la testa che significava seguimi e scese le scale. La ragazza si alzò dal letto e vide dei sandali posti vicino al suo letto, chiedendosi se li avessero lasciati per lei. Li guardò per un po' prima di metterli: erano di stoffa ricamata e con la suola in legno non molto alta. Scese anche lei le scale in legno chiaro, che contrastavano con i mobili e le pareti scure.

«Buon divertimento, testa dura!»

Stein stava consegnando il libro a un ragazzino più piccolo di lei. Le ricordò un po' Harry Potter con quei capelli neri e gli occhiali tondi ma qualche particolare la disturbava, anche se non capiva cosa. La stanza era una specie di soggiorno, con un tavolo rettangolare su un lato e strapiena anche quella di mobili, librerie, vetrinette e comò.

«Le fai fare il giro del posto?» chiese il ragazzo come se fosse abituato ad estranei in casa, senza neanche alzare lo sguardo dal libro.

«Dopo, ora deve riprendersi. Da dove veniva faceva freddo, qua c'è il deserto.»

AtladWhere stories live. Discover now