Capitolo 6 ~ Nuova vita e nuovi amici (seconda parte)

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I giorni successivi Miriam li passò a studiare le rovine, studiare sui libri, studiare dagli appunti di Stein, Eoin e Frey, studiare come si viveva...  e lei sperò con tutta se stessa che prima o poi sarebbe finita. Come aveva detto Stein, dopo i primi momenti di euforia, la ragazza si calmò. Frey era anche sicura di averla sentita piangere qualche sera ma mai davanti a loro, così sia Frey sia Eoin l'avevano lasciata stare: avevano smesso con le domande e le avevano lasciato parecchio spazio per stare da sola. Ogni tanto la si vedeva giocherellare con i suoi fulmini quando annoiata o forse per non pensare alla sua situazione finché un giorno Stein non decise che fosse ora di iniziare l'addestramento.

Stein l'aveva portata poco lontana dalle rovine e le aveva messo in braccio un fucile. Non conosceva le armi ma sicuramente quelle non provenivano dalla Terra.

«Ne abbiamo trovate un sacco in varie stanze delle rovine ma molte non funzionavano più. Alcune sono state sistemate da Eoin ma molte sono andate.» le spiegò l'uomo mentre la ragazza provava a sollevare diverse armi presenti in una stanza che era stata sistemata dallo stesso Stein, adibita solo a contenere armi e attrezzatura da battaglia. L'unica che sembrava riuscisse ad alzare senza problemi era una pistola molto piccola e leggera.

«Quella non uccide, stordisce. E fa male, molto male...  alcune persone con problemi di cuore o respiratori potrebbero avere un collasso però.»

Stein le insegnò a puntare e a sparare tenendo conto del leggerissimo rinculo. Come ogni cosa pratica però, l'unico modo era esercitarsi all'infinito fin quando non avrebbe imparato a centrare il bersaglio, il che avvenne abbastanza in fretta. Stein si accorse che la ragazza era molto istintiva e molto presto le aumentò le difficoltà nell'addestramento basandolo sulle sue reazioni immediate. Si accorse anche che imparava meglio se le cose le faceva invece che leggerle, di conseguenza le insegnò alcune tattiche base direttamente sul campo sfruttando anche Eoin e Frey, anche se il primo era molto imbranato e spesso falliva da solo prima che Miriam facesse alcunché.

Nei giorni in cui si alzavano le tempeste di sabbia, si rifugiavano tutti nelle rovine. Miriam diventava sempre più veloce a decifrare le scritture, Frey e Eoin annotavano tutto, cercando di ricostruire la grammatica, i suoni e un dizionario della lingua. Principalmente le rovine descrivevano diverse battaglie combattute dai demoni e dagli elfi e di alcune leggende su come è nato il mondo, sul perché delle cose. Ogni tanto la ragazza accendeva qualche oggetto con i suoi fulmini o li ricaricava ma doveva sempre capire dove fosse la batteria o il sistema di alimentazione. Eoin modificava quelli che avrebbe usato Miriam per farli funzionare più agilmente con l'elettricità, invece che con i cristalli: la ragazza aveva difficoltà a convogliare la magia pura a differenza di Eoin.

«Non usano i cristalli...  Ma un'altra forma di energia, usano una specie di plasma che scorre in cavi. Chissà cos'è... »

Spesso Eoin parlava da solo, perdendosi nei suoi pensieri e facendo lunghi monologhi spesso ignorati dai più. Quando ciò accadeva, Miriam girava da sola nelle rovine e spesso tornava nella prima stanza dov'era stata, a cercare di far funzionare quella specie di computer. Il sistema operativo non assomigliava a nulla che avesse già visto di conseguenza non sapeva dove mettere mano. Provò a tradurre qualcosa ma era più difficile farlo attraverso uno schermo. Quelle parole erano semplici comandi e  si rendeva conto che, essendo il suo potere basato sui sentimenti di colui che ha scritto le parole, un comando freddo e semplice da dare a una macchina era ciò che meno in assoluto potesse nascondere un'emozione. Così prese una delle copie che i due piccoli archeologi avevano fatto sulla grammatica di quella lingua e provò a capirci qualcosa. Aveva già acceso il PC, ora doveva capire a cosa servisse effettivamente. Inizialmente le era parso che quella lingua assomigliasse all'egiziano antico, invece aveva semplicemente due alfabeti, uno formato da ideogrammi e l'altro da caratteri simili a quelli dell'alfabeto arabo, che venivano usati mischiati tra loro, indifferentemente. Giusto per complicarmi la vita, pensò. La prima cosa che notò dopo aver capito come accedere a quello che pensava fosse l'equivalente del desktop, fu l'icona con su scritto: "catalogo generale". Le si aprí una finestra con diversi moduli da riempire ma stavolta capì facilmente cosa ci fosse scritto: "titolo", "autore", "corso" e altri campi simili. Miriam guardò la stanza dietro di sé per qualche minuto, poi si alzò, dirigendosi verso la porta ed entrando con un'idea precisa in mente. Si avvicinò alle pareti cercando qualcosa di strano ma non lo trovò. Erano dipinte come le altre ma, a differenza della prima volta, stavolta riuscì a leggere gli ideogrammi presenti. Uno in particolare la incuriosì. Era rovinata, come molte altre in quella stanza, e capì solo:

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