Capitolo 13 ~ Il Damnat (prima parte)

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Mike era sdraiato sul letto, quello stesso letto che qualche ora prima aveva condiviso con Frey. Altro che spada, non aveva potuto fare nulla contro Mark, quel bastardo gli aveva tolto il suo scudo, la sua colonna. Una parte di sé voleva dare la colpa a Miriam, ma tutti loro c'erano cascati: nessuno aveva visto la verità dietro gli atti di Mark. Si toccò il petto dove lo aveva colpito ma la ferita era guarita pochi secondi dopo la fuga del ragazzo.

I maestri non sapevano spiegarselo, ma secondo Soraya semplicemente non era sua intenzione ucciderlo. Doveva riprendersi, essere forte ed iniziare ad allenarsi decentemente, ma a così poca distanza dalla morte di Frey, voleva solo abbandonarsi al dolore che gli straziava il cuore e tutti gli organi interni, almeno per qualche ora.

***

"Stein, hai mai pensato di convogliare questo tuo istinto suicida di fare l'eroe a ogni costo in qualcosa di più importante?"

"Polizia?"

"La polizia non ti farebbe sfogare abbastanza, che ne dici dell'esercito?"

No. Ricordo sbagliato.

Gli anni passarono lasciando quel giudice indietro mentre un altro prendeva forma davanti a lui.

«Io... quello che hai fatto è stato encomiabile ed eroico. Tuttavia hai disobbedito a ben due ordini diretti... »

Cavolo. Neanche questo.

«Mi chiamo Aliat e lui è Tarn. So chi sei e cosa hai fatto, ti va di unirti  a noi? Non ci sono superiori...»

Nemmeno.

«Non so neanche cosa sia un'ato! »

«Auto, non ato»

Alt. Questo no. Fa male e basta.

«Ci pagano! Che ti frega, Stein! Usare la magia, avanti! Vuoi rinunciarci per cosa? Una donna?»

«Mi avevi detto che erano criminali! Terroristi intoccabili!»

«Molti lo erano. E gli altri... nessuno è un santo»

Quasi.... lo sentiva.

«Basta Aliat. Il suo desiderio è...  comprensibile, ma ho bisogno che vi infiltriate, riesco a capire che qualcosa non va, qualcuno mi chiama, ma nel modo sbagliato. Dovete entrare e per farlo dovete obbedire. Ucciderne dieci per salvarne cento»

Eccolo. Mark. Quasi vent'anni prima, identico, ma più glaciale e freddo.

«Non ci sto»

Stein aprì gli occhi. Lui sapeva chi era Mark, o almeno lo aveva già visto. Cercò di alzarsi e capì di essere nella sua stanza. Tutto attorno a lui era familiare ma non aveva più la stessa importanza. Si spogliò per controllare che non avesse ferite o segni strani, si rivestì e si diresse verso lo studio di Soraya: sentiva la necessità impellente di parlarle. La sentì da fuori lo studio, stava discutendo con qualcuno animatamente riguardo alla possibilità di istituire un esercito, ma non capiva chi. Bussò nell'esatto momento in cui nella stanza calò il silenzio, chiedendosi se la riunione fosse a distanza. La voce di Soraya era stanca mentre lo invitava a entrare nello studio.

«Ciao, Stein. Come stai?» disse la maestra vedendolo entrare.

«Stanco di tutto. So chi è Mark comunque, si tratta di un ragazzo di vent'anni che non invecchia, ha cresciuto Aliat e Tarn»

«Sì be... se ha ragione il compagni di corso di Miriam, Mark è più vecchio di questo edificio, ha trovato un suo ritratto in alcuni vecchi manoscritti che tramandano racconti. Mark Veil è un nome ricorrente»

«Come l'ha presa Miriam? Lei sapeva qualcosa?»

Soraya lo guardò respirando profondamente per prendere tempo e cercare le parole giuste.

«No, non sapeva nulla ma... ho temuto facesse la fine di Frey. Per un attimo ho avuto paura di vederla crollare»

«Ma...?»

«Ma è andata in camera e ne è uscita un'ora dopo con gli appunti, chiedendo di poter viaggiare nel Damnat»

«Perché? Come faceva a sapere del Damnat? »

«Lo ha sentito a lezione. Le avevano spiegato che è il luogo della riflessione ed il fulcro della magia. Domani le forzeremo il risveglio comunque»

«Domani? Quanto tempo sono stato svenuto?»

«Due giorni... in uno stato di trance»

«Perfetto» sospirò l'uomo facendosi passare la mano sul viso.

***

«Allora Miriam, attenta. Non avrai il senso del tempo ed esplorare il Damnat coscientemente potrebbe essere rischioso. Se fra tre giorni non lo fai da sola, ti forziamo il risveglio o morirai disidratata. Qualsiasi pericolo percepiremo ti sveglieremo»

Le parole di Soraya la spaventavano ma lei era sicura di volere delle risposte che avrebbe trovato solo nel Damnat. Chiuse gli occhi...

Quando li riaprì si trovò come in un bosco fatato, pieno di luci e circondata da altre sei figure. Si mosse per osservarle meglio e notò come alcune fossero più delineate mentre altre sembravano sul punto di svanire, e in effetti una lo fece per poi riapparire subito dopo con i pochi lineamenti riconoscibili modificati. Infine, lo vide. La prima volta non aveva colto, ma in quel momento, in piedi e serio in volto, riuscì a riconoscere Mark che la osservava con occhi freddi. Non capiva cosa volesse dire quella specie di visione e sembrava che non ci fosse modo di capirla. Due lucine si soffermarono accanto a lui, volteggiando tranquille su e giù fin quando non si diressero verso una zona tra gli alberi. Miriam le seguì non sapendo molto bene cos'altro fare.

«Cosa significa questo?» chiese alle due luci silenti, ma loro continuarono imperterrite a volare verso un punto imprecisato all'interno della boscaglia.

«Ferme, per favore rispondete!» nessuna risposta arrivò e lei finì con il perderle di vista. Il bosco non appariva minaccioso e non aveva visto nulla che potesse sembrare pericoloso. Si inoltrò ancora più a fondo, sperando di trovare qualcosa, un indizio o un suggerimento, ma più il tempo passava e più sentiva che non stava andando da nessuna parte. Attorno a lei fatine e luci si rincorrevano senza mai raggiungersi, senza degnarla di attenzione, finché le due lucine tornarono da lei per poi subito indirizzarle la via.

Lei le seguì, sperando sempre di trovare sollievo a quel dolore che sentiva a ogni respiro. Il tradimento di Mark, se così si poteva chiamare, era stato profondo e le aveva fatto male, penetrando nella sua carne per poi stanziarsi da qualche parte nella sua anima. Il bosco si fece più rado trasformandosi in una radura. Il cielo era blu scuro, senza stelle ma illuminato da quelle specie di lucciole che danzavano spensierate. Disteso sull'erba vide, come se fosse un'apparizione onirica, un uomo dalle vesti strane, colorate e cucite insieme da fili altrettanto sgargianti. Si sollevò di scatto per guardare Miriam e subito le rivolse la parola.

«Non sono l'unico che si inoltra nel Damnat allora. Sei una studentessa di Atlad? Porti la tunica della loro accademia» La sua voce e i suoi modi erano così gentili da far sentire Miriam assolutamente fuori luogo. Avrebbe voluto rispondergli ma rimase immobile a bocca aperta a osservare le orecchie nere da lupo che sbucavano dalla sua chioma argentata. Portava i capelli corti con grossi ciuffi che gli ricadevano sul viso coprendogli in parte gli occhi rossi. Miriam non aveva idea di quanti anni potesse avere, non riusciva a quantificarli. Il ragazzo si toccò l'orecchio simulando la zampata di un cane che si sta grattando mentre sul suo viso si allargò un sorriso radioso e divertito.

«Ce ne sono pochi ad Atlad, vero? Non hai mai visto un demone?»

«Un demone?» chiese rimanendo a bocca aperta.

Lui si alzò e Miriam si sentì piccola guardando il suo interlocutore che si avvicinava lentamente. Era alto, stramaledettamente alto, forse due metri e cinquanta ma non era longilineo, come quasi tutti i ragazzi più alti del metro e novanta che aveva visto, sembrava una persona dalla dimensione sbagliata. Le tese la mano e lei notò che le unghie avevano una forma strana, più strette ma più allungate e aguzze. Decise di stringergliela comunque e lui stette attento a non ferirla.

AtladWhere stories live. Discover now