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Il salone principale metteva particolarmente in soggezione quella sera. Le lunghe tavolate erano spoglie, senza tovaglia, senza cibo, senza ospiti. Erano state accese solo le torce nella zona del trono, tutto il resto era al buio.

Essendo in piedi in cima alla scalinata, Re Quentin, Taehyung e Adrian avevano la luce alle spalle mentre gli undici uomini che li guardavano dal basso l’avevano in volto. Erano disposti in una linea bella ampia, ordinata, e Re Gerard gli sfilava davanti.

Gli uomini si facevano avanti uno alla volta, si inchinavano profondamente. Il sovrano si faceva passare da un inserviente una mantella rossa e da un altro una spada; se la mantella era corta, ma con lo stemma di Ophidia ricamato in oro sul retro, la spada era incredibile. Dalla fodera di pelle nera spuntava solo l’elsa, ma era abbastanza per vedere lo stesso serpente della corona di Taehyung arrotolarcisi.

Ricevuti i doni di Re Gerard, gli uomini tornavano in fila. Si mettevano tutti nella stessa posa da soldato, con le gambe leggermente divaricate, entrambe le mani che impugnavano l’elsa all’altezza dello stomaco e la lama rivolta verso il basso.

Il silenzio era a dir poco solenne quando una delle porte laterali si aprì. Jungkook se la richiuse dietro il più discretamente possibile e quella cigolò tutta lo stesso.

Il ragazzo andò a mettersi in fila insieme agli altri e ne imitò la posa, ma gli mancava la spada. Ormai Re Gerard aveva finito il giro ed era risalito in cima alla gradinata.

“Il modo in cui vi siete battuti oggi è stato ammirevole.” iniziò Re Quentin. “Al torneo hanno gareggiato uomini più forti, più brutali di voi, ma noi cercavamo spirito, tattica, inventiva. I Dodici non sono una macchina da guerra, ma un asso nella manica. Voi siete i Dodici.”

Nessun soldato stava guardando il suo Re dritto in faccia, ma quando prese parola il generale Adrian alzarono tutti gli occhi a lui.

“Il comando della vostra squadra lo ha il principe Taehyung, ma fino a quando non sarà sufficientemente preparato dovrete rivolgervi a me. L’addestramento comincia domani e sarà un programma separato da quello dei soldati semplici.”

“Potete andare,” li congedò Re Quentin. “Godetevi il meritato riposo. Nell’ala est del castello c’è un dormitorio che vi aspetta.”

Le spalle dei Dodici si sgonfiarono in automatico. Sciolsero le fila e si guardarono un po’ l’un l’altro, i primi sorrisetti di orgoglio che spuntavano sulle loro facce. Si stavano evidentemente trattenendo dall’esultare davanti ai due sovrani, ma niente avrebbe impedito loro di fare baracca una volta soli. Si stavano tutti avviando verso l’uscita del salone principale quando Re Quentin parlò di nuovo.

“Tu resti, cacciatore.”

Le gambe di Jungkook si piantarono al pavimento.

Il ragazzo si voltò, sereno come una tartaruga che deve attraversare l’autostrada. Tornò davanti la scalinata e si mise in posizione, la testa ben bassa in segno di rispetto. Taehyung lo vedeva dal modo in cui aveva le guance piene che si stava trattenendo dall’esclamare un non sono un cacciatore.

“Abbiamo avuto molti dubbi riguardo a te. Le tue capacità sono innegabili, ma non possiamo ignorare il tuo attentato alla vita del principe. Normalmente saresti stato punito, ma-”

“Ma una tale freddezza è una qualità che non va sprecata in gattabuia.” saltò su Re Gerard. Tornò subito a zittirsi, ma non perse il luccichio malandrino che aveva negli occhi. Doveva essere stato lui a voler Jungkook nei Dodici.

Re Quentin riprese il discorso con un sospiro, arreso.

“Quello che hai fatto oggi verrà dimenticato e potrai fare parte dei Dodici, ma a patto che tu faccia ammenda al tuo errore. Allenerai il principe nel tuo tempo libero e farai di lui un avversario temibile.”

Taehyung scattò con un: “Cosa?”, Jungkook sollevò il capo.

“Allenare il principe? Maestà, sarebbe un onore, ma non credo sia-”

“O quello o la prigione. A te la scelta.” 

Jungkook rimase qualche secondo a bocca aperta. Lanciò un’occhiata velocissima a Taehyung e poi abbassò gli occhi.

“Va bene. Va bene, accetto. Grazie, Maestà.”

Re Gerard si compiacque della sottomissione del ragazzo. Fece segno agli inservienti di uscire dall’ombra e questi gli consegnarono spada e mantella.

“Bene,” fece Re Quentin. “Vogliamo andare?”

Il generale Adrian e Re Gerard si accodarono subito a lui e gli inservienti presero una torcia per fargli strada. Stavano per attraversare un’uscita riservata a loro quando il Re fermò il gruppetto.

“Voi non venite, figlio?”

Ancora in cima alle scale, Taehyung si riscosse dai suoi pensieri. “N- no. No. Voglio fare una passeggiata al chiaro di luna.”

“Come preferite. Vi aspettiamo domani per la colazione.”

“Sì. Buonanotte.”

La porta si chiuse alle spalle del trio.

Per un attimo il suono rimbombò tra le pareti del salone, poi Taehyung prese a scendere la scalinata veloce. Anche Jungkook stava andando a staccare una torcia dalla parete, ma lui doveva assolutamente parlarci prima di lasciarlo andare via. Rivolgersi alla sua schiena rese le cose più facili.

"Non era un bacio, lo giuro."

"E allora cos'era, un attacco a morsi?"

"Devi credermi, volevo solo fare scandalo. Conosci la mia situazione, farei qualsiasi cosa pur di andarmene e- e quella cosa che ho fatto con te mi avrebbe garantito l’esilio. Sarei potuto tornare a casa, capisci?”

Jungkook tirò giù la torcia. Continuò a dare le spalle al principe, ma la sua voce era già abbastanza aggressiva.

Voi tornavate a casa. A me avrebbero messo il cappio al collo.”

"Avrei detto che non c’entravi niente, che la mia era una molestia nei tuoi confronti. E poi alla fine nessuno ci ha visti, il problema non si pone neanche."

"Potrei uscire di qui e spiattellare al Re tutto quello che so in questo preciso istante.”

Panico.

Taehyung afferrò il polso libero dell’altro con entrambe le mani, supplichevole. “No, no, ti prego.”

“Non toccarmi!”

Jungkook si liberò dalla presa con uno scossone. Si girò con una sola piroetta e alzò la torcia infuocata davanti a sé, come se il principe fosse un animale selvatico da spaventare. Le sue sopracciglia impennate si alleggerirono appena quando incontrò lo sguardo trasparente dell’altro, tanto tormentato da assomigliargli. Portava ancora in testa una corona e Jungkook dovette allontanare la fiamma dal suo viso.

“Non toccatemi.” si corresse.  

Il ritorno alle formalità parve calmare i bollenti spiriti. Jungkook non aveva più niente da dire, Taehyung non aveva più una data da aspettare per ottenere la sua libertà.

In un qualche modo, in un qualche ordine, i due si separarono. Tanto da quel giorno avrebbero avuto tutto il tempo di odiarsi.

THE SLEEPLESS KING (Libro 1) (BTS FanFiction - Taekook)Where stories live. Discover now